Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11829 del 12/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 12/05/2017, (ud. 24/01/2017, dep.12/05/2017),  n. 11829

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9438-2013 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA VIA VITTORIA

COLONNA 18, presso lo studio dell’avvocato ELIO BENIGNI, che lo

rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATEm in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 513/2012 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

SALERNO, depositata il 04/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/01/2017 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO;

udito per il controricorrente l’Avvocato FERRANDO che si riporta agli

atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.M. impugnò l’avviso di diniego della definizione dei carichi di ruolo previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 12 innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Avellino che, con sentenza n. 396/1/10, depositata il 4.11.2010, accolse il ricorso del contribuente sostenendo che la validità della definizione ex lege n. 289 del 2002 non veniva inficiata dal fatto che era stato omesso o ritardato il pagamento delle rate successive alla prima, tempestivamente pagata. Avverso tale sentenza propose appello l’Agenzia delle Entrate, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, sez. dist. di Salerno che, con sentenza n. 513/04/12, depositata il 4.10.2012, accoglieva l’impugnazione sostenendo che l’efficacia della sanatoria era condizionata all’integrale pagamento dell’importo dovuto.

Propone ricorso per la cassazione della sentenza C.M., svolgendo due motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha disposto, come da decreto del Primo Presidente del 14.9.2016, che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Con il primo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata denunciando in rubrica: “Violazione della L. n. 289 del 2002, art. 12 e dell’art. 14 disp. gen. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3)”. Il ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento di diniego per violazione della L. n. 289 del 2002, art. 12 in quanto la norma non prevede espressamente la sanzione della decadenza dal condono nell’ipotesi di mancato versamento della seconda rata.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata denunciando in rubrica: “Violazione della L. n. 289 del 2012, art. 16, comma 9, (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3)”. Il ricorrente deduce che la norma richiamata prevede l’ipotesi dell’errore scusabile ricorrente nella specie, a causa delle intervenute proroghe sulla scadenza del termine.

3. I motivi di ricorso, per connessione logica, possono essere trattati congiuntamente.

Le censure sono infondate.

In tema di condono fiscale, la L. n. 289 del 2002, art. 12 nella parte in cui consente di definire una cartella esattoriale con il pagamento del 25% dell’intero importo iscritto a ruolo, comporta una rinuncia definitiva dell’Amministrazione alla riscossione di un credito già definitivamente accertato. La norma nel disciplinare una speciale procedura per la definizione dei carichi inclusi nei ruoli emessi da uffici statali e affidati ai concessionari del servizio nazionale della riscossione fino al 31 dicembre 2000, mediante il pagamento del 25% dell’importo iscritto a ruolo, oltre alle spese eventualmente del concessionario, non prevede alcuna attestazione di regolarità del condono e del pagamento integrale dell’importo dovuto, gravando integralmente sul contribuente l’onere di provare la corrispondenza tra quanto versato ed il ruolo oggetto della controversia. Ne consegue che tale forma di sanatoria costituisce una forma di condono “clemenziale e non premiale”, come invece deve ritenersi per le fattispecie regolate dalla L. n. 289 del 2002, artt. 7, 8, 9, 15 e 16 le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da affermarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario, con la conseguenza che, nell’ipotesi di cui al citato art. 12 non si determina alcuna incertezza in ordine alla determinazione del “quantum”, esattamente indicato nell’importo normativamente indicato da versarsi da parte del contribuente per definire favorevolmente la lite fiscale.

L’efficacia della sanatoria è, quindi, condizionata all’integrale pagamento dell’importo dovuto, mentre l’omesso o anche soltanto ritardato versamento delle rate successive alla prima regolarmente pagata, escludono il verificarsi della definizione della lite pendente (Cass. 20746 del 2010; Cass. n. 104 del 2014).

Nella specie, il contribuente riferisce in ricorso di aver aderito al condono in data 16.4.2004 versando contestualmente l’ottanta per cento della somma richiesta, mentre l’importo residuo è stato pagato in data 19.7.2006, anche oltre i termini della proroga fissata con D.M. 8 aprile 2004.

Il ritardato pagamento ha determinato la decadenza del contribuente dal condono, con la conseguenza che non è rilevante lo stato soggettivo di questi, posto che la sua eventuale buona fede non appare in ogni caso idonea ad impedire l’effetto decadenziale e la definitiva inefficacia della sanatoria (Cass. n. 24316 del 2010; Cass., n. 21416 del 2016; Cass., n. 11669 del 2016).

Sulla base dei rilievi espressi, il ricorso va rigettato. Spese di lite alla soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore dell’Agenzia delle Entrate, liquidate in Euro 2800,00 per compenso, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma, dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2017

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