Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11826 del 12/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 12/05/2017, (ud. 22/12/2016, dep.12/05/2017),  n. 11826

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17025/2010 proposto da:

C.L., elettivamente domiciliata in ROMA VIA BERGAMO 3,

presso lo studio dell’avvocato AMALIA FALCONE, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ELENA GATTA giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 86/2009 della COMM. TRIB. REG. del LAZIO,

depositata il 30/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/12/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito per il controricorrente l’Avvocato GALLUZZO che si riporta agli

atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

C.L. proponeva distinti ricorsi dinanzi alla C.T.P. di Roma avverso gli avvisi di accertamento relativi a IRPEF, IRAP ed IVA per l’anno di imposta 1998, chiedendone l’annullamento per difetto di motivazione e per violazione delle disposizioni normative in materia di prove.

Avverso le pronunce di rigetto dei ricorsi, la contribuente interponeva gravame dinanzi alla C.T.R. del Lazio, la quale, previa riunione degli appelli, con sentenza depositata il 30 aprile 2009, confermava le decisioni impugnate.

Nei confronti della suddetta sentenza, la contribuente propone ricorso per cassazione, sulla base di un unico articolato motivo.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il Collegio ha autorizzato la redazione della sentenza in forma semplificata, giusta decreto del Primo Presidente del 14 settembre 2016.

2. La ricorrente, senza enunciare alcun specifico motivo ex art. 360 c.p.c., ha svolto considerazioni critiche in ordine alla sentenza impugnata, omettendo di formulare alcun quesito di diritto o momento di sintesi in relazione a vizi motivazionali.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto non è prospettato alcuno dei motivi previsti dall’art. 360 c.p.c. e non risulta, altresì, formulato nè un quesito di diritto, nè un momento di sintesi, in forza della duplice previsione di cui all’art. 366 bis c.p.c., applicabile nella specie ratione temporis per essere stata la sentenza impugnata depositata il 30 aprile 2009.

Invero, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, nel periodo di vigenza dell’art. 366 bis c.p.c., il motivo di ricorso per cassazione deve in ogni caso concludersi con la formulazione di un quesito di diritto idoneo, cioè tale da integrare il punto di congiunzione tra l’enunciazione del principio giuridico generale richiamato e la soluzione del caso specifico (in termini, Cass. civ., sez. trib., 08-05-2013, n. 10758). Inoltre, “in tema di ricorso per cassazione, con cui si deduca il vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto, ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto alla illustrazione del motivo, così da consentire al giudice di valutare immediatamente la ammissibilità del ricorso stesso; tale sintesi non si identifica con il requisito di specificità del motivo ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, ma assume l’autonoma funzione volta alla immediata rilevabilità del nesso eziologico tra la lacuna o incongruenza logica denunciata ed il fatto ritenuto determinante, ove correttamente valutato, ai fini della decisione favorevole al ricorrente” (ex plurimis, Cass. civ., sez. trib., 08-03-2013, n. 5858).

3. Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’Agenzia delle Entrate, liquidate in Euro 5.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 22 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2017

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