Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11825 del 18/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 18/06/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 18/06/2020), n.11825

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 28456/2015 R.G. proposto da:

R.C., rappresentato e difeso dagli avv. Imbardelli Fabrizio

e Giovannelli Giovanni ed elettivamente domiciliato presso lo studio

del primo in Roma, Via di Porta Pinciana n. 4;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

(C.F.: 80224030587), presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi

12, è domiciliata;

– resistente –

avverso la sentenza n. 276/24/14 della Commissione tributaria

centrale di Firenze, depositata il 16/02/2015;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza dell’08/01/2020 dal

Consigliere Pepe Stefano;

udite le conclusioni rassegnate dal Procuratore Generale della

Repubblica Dott. Giacalone Giovanni, che ha concluso per il rigetto

del ricorso;

udite le conclusioni rassegnate dall’Avv. Imbardelli Fabrizio per il

ricorrente e dall’Avv. Valenzano Emanuele per la resistente.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con avviso n. (OMISSIS) l’Agenzia dell’entrate rettificava da Euro 18.000,00 a Euro 30.000,00 il valore di un terreno acquistato, per la sola nuda proprietà, da R.C. con atto del 20/03/20107, con recupero della maggiore imposta di registro oltre sanzioni e interessi.

2. A seguito di impugnazione da parte del contribuente la CTR con sentenza n. 276/14/14, depositata il 16/02/2015 accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia dell’entrate e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava la validità della notifica dell’avviso, l’inammissibilità della censura afferente al presunto difetto di motivazione dello stesso, l’infondatezza del vizio di delega in capo al funzionario sottoscrittore dell’avviso e della carenza di istruttoria posta a fondamento di quest’ultimo

3. Avverso tale sentenza il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

4. L’Agenzia dell’entrate si è costituita.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 avendo la CTR erroneamente ritenuto valida la notifica dell’avviso di liquidazione in quanto avrebbe raggiunto lo scopo a cui è preordinata senza tener conto dell’omessa notifica, unitamente al suindicato avviso della delega del funzionario dirigente alla sua sottoscrizione.

In particolare, il contribuente rileva che nel caso di specie l’Amministrazione non aveva notificato unitamente all’avviso di rettifica il documento contenente la delega di sottoscrizione dello stesso conferito dal direttore investito del relativo potere a persona diversa, con la conseguenza che l’avviso doveva essere dichiarato nullo, non potendosi essa sanare, per come ritenuto dalla CTR, mediante la produzione in giudizio della suddetta delega.

2. Con il secondo, il terzo e il quarto motivo il contribuente censura la sentenza emessa dalla CTR per omessa pronuncia circa la denunciata violazione della L. n. 212 del 2000, artt. 6 e 7, risultando l’avviso di rettifica privo di motivazione, ed essendo stato emesso a seguito di una insufficiente e, comunque, errata istruttoria posta a fondamento della rettifica del valore del terreno.

3. Il primo motivo non è fondato.

Il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 stabilisce che “gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”. La norma non contiene alcuna specificazione in ordine alle modalità di rilascio della delega, alla sua funzione e ai requisiti di validità, dovendosi per altro rilevare che al successivo comma 3 è prevista la nullità dell’avviso nel solo caso in cui non rechi, tra l’altro, “la sottoscrizione”. Questa Corte con riferimento al D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, art. 42, commi 1 e 3, ha affermato che gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono nulli tutte le volte che gli avvisi nei quali si concretizzano non risultino sottoscritti dal capo dell’ufficio emittente o da un impiegato della carriera direttiva (addetto a detto ufficio) validamente delegato dal reggente di questo. Ne consegue che la sottoscrizione dell’avviso di accertamento – atto della p.a. a rilevanza esterna – da parte di funzionario diverso (il capo dell’ufficio emittente) da quello istituzionalmente competente a sottoscriverlo ovvero da parte di un soggetto da detto funzionario non validamente ed efficacemente delegato non soddisfa il requisito di sottoscrizione previsto, a pena di nullità, dall’art. 42, commi primo e terzo, dinanzi citato (Cass. n. 14195 del 2000). La sottoscrizione dell’avviso di accertamento da parte di funzionario diverso da quello istituzionalmente competente a sottoscriverlo, ovvero da parte di un soggetto da detto funzionario non validamente ed efficacemente delegato, quindi, non soddisfa il requisito di sottoscrizione previsto, a pena di nullità, dal citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 1 e 3.

Secondo altro orientamento pienamente condiviso dal Collegio si è, poi, affermato che nei casi in cui l’avviso di accertamento non è sottoscritto dal titolare dell’Ufficio e il contribuente contesta la legittimazione in capo al funzionario delegato a sottoscriverlo, l’avviso è valido ove l’Amministrazione produca, anche in giudizio, l’ordine di servizio recante l’indicazione del nominativo del delegato e dei limiti oggettivi della delega (ex plurimis Cass. n. 5200 del 2018), così come avvenuto nel caso di specie.

Fatte tali premesse va osservato che la questione sottoposta all’esame del Collegio è limitata alla necessità o meno della notifica, unitamente all’avviso, del documento contenente la delega del potere di sottoscrizione del primo, non avendo il ricorrente contestato la legittimazione in capo al funzionario a sottoscrivere l’avviso.

Alla luce di quanto sopra, può concludersi che la nullità degli atti di rettifica dovuta alla loro sottoscrizione discende, unicamente, nel caso in cui essa è assente o apposta da funzionario non legittimato per legge e, quindi, in ragione di apposita delega da parte del titolare del relativo potere; ipotesi rispetto alla quale risulta del tutto estranea quella indicata dal contribuente.

In conclusione, non può ritenersi affetto da nullità l’avviso di rettifica sottoscritto da un delegato da parte del titolare del relativo potere di emissione in assenza della notifica, unitamente a tale avviso, dell’atto di delega.

4. I restanti motivi, da trattarsi congiuntamente stante la loro stretta connessione, sono inammissibili.

Quanto alla censura relativa al presunto vizio di motivazione dell’avviso di rettifica si osserva che il ricorrente nel ricorso non ha riportato, neanche sinteticamente, la motivazione dell’avviso, violando in tal modo i requisiti di contenuto-forma previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6. Il ricorrente deve, infatti, specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza.

Quanto alla censura relativa alla presunta carente o errata valutazione del valore del terreno posta a fondamento dell’avviso impugnato essa, per come proposta, è finalizzata a rimettere al Collegio una nuova e diversa valutazione sul punto compiuta dalla CTR circa la correttezza del metodo comparativo seguito dall’Agenzia dell’entrate, con la conseguenza che, anch’essa deve essere dichiarata inammissibile.

5. Il ricorso va pertanto rigettato.

6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte soccombente al pagamento a favore dell’Agenzia dell’Entrate al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.500,00 per compensi oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 8 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2020

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