Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11822 del 27/05/2011

Cassazione civile sez. II, 27/05/2011, (ud. 24/03/2011, dep. 27/05/2011), n.11822

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. Bursese Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso principale (iscritto al r.g.n. 25126/05) proposto da:

T.A. (c.f. (OMISSIS)) C.L. (cf.

(OMISSIS)) TO.An. (c.f. (OMISSIS))

T.M.T. (c.f. (OMISSIS)) T.G.

(c.f. (OMISSIS)) parti tutte rappresentate e difese

dall’avv. Calabretta Matteo del Foro di Catania; elettivamente

domiciliate presso la signora Carmela Calabretta ved. Licciardello,

in Roma, via Giulio Tarra n. 20, giusta procura in calce al ricorso

per cassazione;

– ricorrenti –

contro

S.C. (c.f. (OMISSIS)) M.G.

(c.f. (OMISSIS)) I.G. (c.f.

(OMISSIS)) B.G. (c.f. (OMISSIS)) I.

F. (c.f. (OMISSIS)) D.M.S. (c.f.

(OMISSIS)) F.N. (c.f.

(OMISSIS)) parti tutte rappresentate e difese dall’avv. Scandurra

Mario

ed elettivamente domiciliate presso lo studio dell’avv. Calzona

Leonardo in Roma, via Della Batteria Nomentana n. 26, che pure li

difende giusta procura a margine del controricorso contenente ricorso

incidentale;

– controricorrenti –

e sul ricorso incidentale (iscritto al n.r.g. 27269/05) proposto da:

S.C. (c.f. (OMISSIS)) M.G.

(c.f. (OMISSIS)) I.G. (c.f.

(OMISSIS)) B.G. (c.f. (OMISSIS)) I.

F. (c.f. (OMISSIS)) D.M.S. (c.f.

(OMISSIS)) F.N. (c.f.

(OMISSIS)) parti tutte rappresentate e difese dall’avv. Scandurra

Mario

e dall’avv. Leonardo Calzona ed elettivamente domiciliate presso lo

studio del secondo in Roma, via Della Batteria Nomentana n. 26,

giusta procura a margine del controricorso, contenente ricorso

incidentale;

– ricorrenti incidentali –

contro

T.A. (c.f. (OMISSIS)) C.L. (cf.

(OMISSIS)) TO.An. (c.f. (OMISSIS))

T.M.T. (c.f. (OMISSIS)) T.G.

(c.f. (OMISSIS)) parti tutte rappresentate e difese

dall’avv. Calabretta Matteo del Foro di Catania; elettivamente

domiciliate presso la signora Carmela Calabretta ved. Licciardello,

in Roma, via Giulio Tarra n. 20, giusta procura in calce al ricorso

per cassazione;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Catania n. 450/05,

pubblicata il 30/4/05;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del

24/03/2011 dal Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

Udito l’avv. Matteo Calabretta, per le parti ricorrenti incidentali,

che ha insistito per l’accoglimento del proprio ricorso incidentale

ed il rigetto di quello principale;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il

rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato nel febbraio 1986 S.C.;

M.G.; G. e I.F.; D.M. S.; B.G. e F.N., convennero innanzi al Tribunale di Catania L. ed T.A., costruttori e venditori agli attori di appartamenti e garages siti in un fabbricato in (OMISSIS), per sentirli condannare all’esecuzione delle riparazioni necessarie o al pagamento dell’onere economico corrispondente, per eliminare i vizi – fessurazioni varie ed infiltrazioni d’acqua nei locali interrati- che si erano manifestati inizialmente nel primo semestre 1983 e che sarebbero rientrate nella garanzia di cui all’art. 1669 cod. civ. I convenuti, oltre ad eccepire la decadenza e la prescrizione dell’azione, negarono che i difetti riscontrati fossero attribuibili alla cattiva esecuzione dell’opera quanto piuttosto all’attivazione di una delle tante linee di faglia che avevano attraversato nel 1983 i territori attorno alle pendici dell’Etna.

Il Tribunale, dopo aver fatto eseguire una complessa consulenza tecnica, condannò i convenuti ad eseguire le opere indicate negli elaborati dei periti.

Proposero appello A.; An.; M.T.; T. G. nonchè C.L.; gli originari attori si costituirono, proponendo gravame incidentale per ottenere la condanna al risarcimento dei danni. La Corte distrettuale di Catania, dopo aver fatto eseguire una consulenza collegiale in merito all’eziologia degli ammaloramenti, nel frattempo aggravatisi – di tal che il sindaco di (OMISSIS) aveva disposto l’evacuazione dell’intero fabbricato e la sua messa in sicurezza- pronunziando sentenza non definitiva n. 450/2005, respinse l’appello principale e quello incidentale, – quest’ultimo limitatamente alla richiesta di liquidazione dei danni morali – ma riformò parzialmente la sentenza del Tribunale disponendo che gli appellanti – visto lo stato dei luoghi che aveva reso non più adeguata la condanna ad un facere meramente emendativo – rifacessero l’intero fabbricato, compresi i corpi comuni che di esso facevano parte, con caratteristiche di tipologia costruttiva e rifiniture pari a quelle esistenti. La Corte catanese dispose altresì la prosecuzione della causa per l’istruttoria sul risarcimento dei danni patrimoniali.

Il giudice dell’appello pervenne a tale statuizione ponendo a base del proprio ragionamento le seguenti proposizioni:

1 – doveva dirsi tempestiva la denunzia dei vizi in quanto, pur se gli abitanti della palazzina, sin dal 1983 avevano avvisato i T. del manifestarsi delle cavillature alle strutture, solo nel corso del giudizio (soprattutto di secondo grado, per effetto della CTU collegiale, con la partecipazione di un geologo) avevano avuto contezza della gravità del dissesto statico dell’edificio;

2 – l’ammaloramento delle strutture era derivato da errori progettuali e costruttivi e dall’inosservanza delle norme tecniche all’epoca vigenti e non già da fenomeni latu sensu tellurici.

Contro tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione i citati T. – C., sulla base di un unico motivo; si sono costituiti i controricorrenti indicati in epigrafe, proponendo ricorso incidentale; a loro volta i primi hanno depositato memorie ed hanno spiegato controricorso a detto ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi vanno riuniti à sensi dell’art. 335 c.p.c..

1 – I ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 1669 cod. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e comunque, in subordine, il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il giudice del gravame nel respingere la riproposta eccezione di decadenza e di prescrizione dell’azione ex art. 1669 cod. civ., assumendo che dalla stessa narrativa di fatto contenuta nell’atto di citazione sarebbe emerso che sin da due anni prima dell’iniziativa giudiziaria si sarebbero manifestati gravissimi vizi costruttivi che avrebbero determinato già allora, la probabile rovina dell’edificio e, sotto diverso profilo, che non sarebbe stata comunque fornita alcuna prova – che incombeva sugli allora attori- del momento in cui gli stessi difetti fossero divenuti evidenti; criticano di conseguenza i ricorrenti le argomentazioni della Corte catanese – e gli accertamenti tecnici sui quali esse si sarebbero basate- poste a base della decisione di ritenere tempestivo l’esercizio dell’azione.

2 – Il motivo è infondato.

2/a – Quanto al denunziato vizio di violazione di legge, questa Corte non vede motivo di derogare dall’ormai consolidato indirizzo interpretativo secondo il quale il vizio in esame ” consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata alla Corte di cassazione dall’art. 65 ord. giud.); viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultante di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura èpossibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Lo scrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultante di causa (Cass. 15499/04, 16312/05, 10127/06e4178/07) (così Cass. 7394/2010).

2/b – Nel concreto i ricorrenti non denunziano che il giudice dell’appello abbia mal interpretato la portata precettiva – in ordine alla decorrenza dei termini per la decadenza e la prescrizione dell’azione- della norma da applicare al caso concreto – che anzi stigmatizzano la contraddizione logica tra il corretto richiamo ai principi regolatori in materia di responsabilità per rovina di edifici ex art. 1669 cod. civ. e la soluzione adottata nel caso concreto: cfr. fol. 39 del ricorso)- ma si dolgono che li abbia mal applicati alla fattispecie, che, a loro giudizio, avrebbe dovuto essere apprezzata diversamente: più specificamente sul punto i ricorrenti lamentano che la Corte distrettuale, nell’identificare il dies a quo del termine annuale della denunzia dei vizi, sarebbe incorsa in un’erronea interprelazione del disposto dell’art. 1669 cod. civ., laddove aveva ritenuto necessario che fosse acquisita una sufficiente certezza delle cause tecniche specifiche del difetto di costruzione o dei gravi difetti lamentati, mentre sarebbe jus receptum che il termine in questione decorre sono allorquando l’acquirente abbia un apprezzabile grado di conoscenza dell’obiettiva gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera.

2/c – Quanto a questo secondo profilo va detto che la Corte distrettuale ha statuito, con motivazione congrua e non contraddittoria tra le varie proposizioni in cui si è articolato il proprio argomentare, che per la natura stessa delle lesioni strutturali e la controversa eziologia delle medesime – che formò oggetto di acceso dibattito tecnico durante i due gradi del giudizio di merito – gli attuali contro ricorrenti non potevano pervenire, prima dell’accertamento tecnico compiuto nel giudizio, ad un sufficiente grado di certezza in merito alla effettiva entità dei danni e della loro eziologia: del resto la stessa linea difensiva sin dall’origine – vale a dire ben prima dell’inizio del giudizio – adottata dai T. era proprio nel senso di suggerire una serie causale – derivante dai movimenti di faglia che si erano manifestati nel 1983 alle pendici dell’Etna – teoricamente compatibile – rispettate che fossero state le regole tecniche nella costruzione, circostanza questa analiticamente esaminata e positivamente esclusa dalla Corte d’Appello – con un esonero da responsabilità ex art. 1669 cod. civ..

3 – Ne deriva, da un lato, la corretta applicazione da parte della Corte catanese del principio secondo il quale la conoscenza della quale si controverte “deve ritenersi, di regola, acquisita, in assenza di anteriori ed esaustivi elementi, solo all’atto dell’acquisizione di relazioni peritali effettuate; l’accertamento relativo, involgendo un appressamento di fatto, è riservato al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed esente da vizi logici o da errori di diritto?” ( cosi Cass. 2460/2008); dall’altro, più in generale, l’invocabilità dell’ulteriore principio, anch’esso consolidato nell’interpretazione di questa Corte, secondo il quale: “Il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione…, si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione. Tali vizi non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte…, mentre alla Corte di Cassazione non è conferito il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è riservato l’apprezzamento dei fatti. (così Cass. 10.657/2010, cui adde: Cass. 18.119/2008; Cass. 7972/2007; Cass. 15.489/2007).

4 – Va infine sottolineato che il mezzo in esame, nella parte in cui intende ricavare, dalla lettura dell’originario atto di citazione e della comparsa di costituzione in appello avversaria, degli elementi di valutazione circa la conoscenza dei gravi difetti dell’opera, difetterebbe anche di autosufficienza dal momento che i ricorrenti avrebbero dovuto riportare per intero il contenuto dei detti atti difensivi al fine di mettere in grado la Corte di effettuare una compiuta delibazione in merito.

5 – Lamentano i ricorrenti incidentali , con il primo motivo, che la Corte territoriale avrebbe fatto erronea applicazione dell’art. 189 c.p.c., per aver ritenuto tardiva – rispetto alle conclusioni contenute nella citazione innanzi al Tribunale – la domanda di risarcimento dei danni morali, mentre la stessa era stata precisata sia nell’immediatezza del deposito della CTU innanzi al giudice onorario aggregato del Tribunale di Catania e comunque riproposta in sede di precisazione delle conclusioni; deducono altresì, in via di subordine, la violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 2, atteso che il giudice dell’appello non avrebbe valutato la domanda risarcitoria come riferentesi ai danni manifestati, quanto meno, dopo la pronunzia di 1 grado, atteso che solo a seguito della CTU sarebbe risultata evidente la condotta penalmente rilevante dei ricorrenti nel violare molteplici regole tecniche costruttive.

5/a – Il ricorso non è fondato in quanto dalla lettura delle conclusioni riportate nella sentenza impugnata, in cui analiticamente gli attuali ricorrenti incidentali descrissero le loro richieste (“condannare gli appellanti in via principale a rifondere ai concludenti il danno scaturente dalla sito (leggasi, verosimilmente, dalla collocazione in sito: n.d.e.) di altri immobili, o dal mancato guadagno, dalla data di ordinanza sindacale di sgombero, all’effettivo soddisfo, nella misura indicata dai prezzi di affitto dei contratti locativi depositati; condannare gli appellanti alla riflessione (rectius: rifusione: n.d.e.) delle spese di consulenza tecnica… “) risulta che fossero state formulate domande relative al risarcimento del danno morale (nè per il passato nè per quello che, si sarebbe concretizzato tra la pronunzia di primo grado e la proposizione dell’appello).

6 – Il rigetto di entrambi i ricorsi consente di compensare le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE Riunisce i ricorsi e li rigetta, compensando le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2A Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 24 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2011

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