Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11822 del 09/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 09/06/2016, (ud. 28/04/2016, dep. 09/06/2016), n.11822

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25161-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

TRUMP TRADE SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore e

legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ORTIGARA 3, presso lo studio dell’avvocato MICHELE AURELI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANNA RITA DANZA, giusta delega

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 22/1/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BOLOGNA del 15/11/2012, depositata il 18/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2016 dal Consigliere Dott. Relatore ROBERTO GIOVANNI CONTI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate ricorre contro la società Trump Trade srl, in liquidazione, società esercente l’attività di compravendita di immobili, per la cassazione della sentenza con cui la CTR dell’Emilia Romagna, riformando la sentenza di primo grado, ha annullato un avviso di accertamento IVA-IRPEG-IRAP con cui l’Ufficio rettificava il prezzo di vendita di alcune unità immobiliari vendute dalla contribuente nell’anno 2004, accertando importi superiori rispetto a quelli fatturati e recuperava a tassazione il maggior volume di affari ed il maggior reddito conseguentemente rideterminati.

La CTR ha ritenuto illegittimo l’avviso in quanto emanato a seguito di una verifica fiscale non conclusasi con la redazione di un processo verbale di constatazione.

La causa è stata rinviata a nuovo ruolo in attesa della decisione delle Sezioni Unite sulla questione prospettata da Cass. n. 527/2015 in controversia analoga e, all’udienza pubblica del 28.4.2016, è stata posta in decisione, dopo il deposito di memoria da parte della controricorrente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico mezzo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 in cui il giudice di merito sarebbe incorso ritenendo operante il termine dilatorio di 60 giorni anche nel caso, quale quello in esame, in cui l’avviso di accertamento consegua non ad accessi, ispezioni o verifiche presso i locali aziendali o professionali del contribuente, ma all’esercizio dell’attività istruttoria svolta dall’Ufficio, nella propria sede, sulla base delle notizie fornitegli dallo stesso contribuente o acquisite presso altre pubbliche amministrazioni o presso terzi.

La società contribuente si è costituita con controricorso, contestando le argomentazioni della difesa erariale.

Il ricorso è manifestamente fondato.

Ed invero, le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 24823, depositata il 9 dicembre 2015, esaminando la questione, rimessa da questa sottosezione con ordinanza interlocutoria n. 527/2015, hanno chiarito che le garanzie fissate nella L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente; ciò, peraltro, indipendentemente dal fatto che l’operazione abbia o non comportato constatazione di violazioni.

Nella medesima occasione le Sezioni Unite hanno chiarito che “Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purchè, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto.” Orbene, la decisione impugnata si pone in contrasto con gli enunciati principi di diritto.

La stessa, infatti, ha per l’un verso disposto l’annullamento integrale dell’atto impositivo dedotto in controversia per difetto di contraddittorio endoprocedimentale ancorchè, quanto all’accertamento a fini IRPEG e IRAP non sussistesse in capo all’Amministrazione fiscale, vertendosi pacificamente in tema d’indagine “a tavolino” compiute al di fuori della sede della contribuente ma sulla base del questionario alla stessa richiesta dall’Ufficio v. pag. 9 1^ cpv.

controricorso, pag. 14 righi 8 ss. controricorso -, alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale e, quanto all’accertamento a fini IVA, pure oggetto di contestazione abbia omesso di acclarare l’assolvimento, da parte della società contribuente, dell’onere di specifica enunciazione delle ragioni che avrebbe potuto far valere in sede di procedimento amministrativo.

La CTR avrebbe infatti dovuto verificare che il contribuente aveva assolto l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere se il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, ed ancora che “…l’opposizione di dette ragioni si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede e al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto” – cfr. Cass. S.U. n. 24823/2015 -.

Sulla base delle superiori considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi esposti dalla controricorrente va accolto il ricorso e la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR dell’Emilia Romagna anche per la liquirla7ione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR dell’Emilia Romagna anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta civile, il 28 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2016

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