Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11820 del 18/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 18/06/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 18/06/2020), n.11820

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25191-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PIANETA COSPEA SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEI MARTIRI DI BELFIORE 2,

presso lo studio dell’avvocato STEFANORI ANGELO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato

CASTALDO GUGLIELMO giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 189/2012 della COMM. TRIB. REG. di PERUGIA,

depositata il 26/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/01/2020 dal Consigliere Dott. STALLA GIACOMO MARIA;

udito il P.M. in persona. del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE GIOVANNI che ha concluso per raccoglimento del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato VALENZANO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato STEFANORI che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE.

p. 1. L’agenzia del territorio propone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 189/02/12 del 26 settembre 2012, con la quale la commissione tributaria regionale dell’Umbria, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento emesso nei confronti della Pianeta Cospea srl (incorporante la Iperviterbo srl) in recupero di maggiori imposte dirette 2006 (per Euro 130.626,00) e sanzioni; ciò a seguito di rettifica del riporto della perdita relativa all’anno di imposta 2002 conseguente all’applicazione, da parte della società, dell’agevolazione di cui alla L. n. 383 del 2001, art. 4 (c.d. “Tremonti bis”, comportante la detassazione del 50% della differenza tra gli investimenti netti in beni strumentali effettuati nell’anno in questione e la media degli investimenti netti effettuati nel quinquennio precedente, con facoltà di escludere dal calcolo della media il periodo in cui l’investimento è stato maggiore).

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che: – la rettifica in questione era preclusa all’amministrazione finanziaria, dal momento che l’annualità 2002 era stata fatta oggetto di definizione automatica (condono tombale) L. n. 289 del 2002, ex art. 9; – non rilevava, in senso contrario, che si trattasse di perdite portate in detrazione nel 2006, dal momento che esse risalivano all’anno 2002, ormai definito e stabilizzato; – tale conclusione si imponeva in considerazione del fatto che l’agevolazione in questione dava origine ad una componente negativa di reddito, come tale non più verificabile.

Resiste con controricorso la società contribuente.

p. 2.1 Con l’unico motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9 e L. n. 383 del 20014. Per non avere la Commissione Tributaria Regionale considerato che: – la pretesa fiscale in questione concerneva una annualità (2006) estranea al condono; l’avvenuto condono per l’anno 2002 non precludeva la rettifica per le annualità successive allorquando si trattava di verificare non i ‘debitì del contribuente, ma i ‘creditì da lui esposti, per compensazione, nei confronti dell’amministrazione finanziaria e, dunque, anche le deduzioni di perdita ex art. 84 Tuir; – L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 7, escludeva in via generale le perdite dal calcolo della determinazione dell’importo da pagare per accedere al condono (con possibilità di essere riportate nelle dichiarazioni successive previo pagamento di un modesto importo di ‘affrancamentò), fatta però eccezione per le perdite derivanti proprio dalle agevolazioni L. n. 383 del 2001, ex art. 4, nel qual caso il quantum dovuto per la definizione automatica faceva riferimento al reddito netto e non a quello lordo (situ ione asseritamente significativa del permanere di potestà di controllo); – queste ultime perdite potevano essere riportate negli esercizi successivi senza pagare alcun affrancamento, sicchè la loro ritenuta esenzione da rettifica contrastava con il principio della ‘onerosità dei vantaggì assicurati al contribuente che volesse accedere al condono; – in base alla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 9, la definizione automatica era applicabile con riferimento alle sole annualità condonate, non anche alle successive. p. 2.2 II motivo è infondato.

In base alla L. n. 383 del 2001, art. 4: “1. E’ escluso dall’imposizione del reddito di impresa e di lavoro autonomo il 50 per cento del volume degli investimenti in beni strumentali realizzati nel periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge successivamente al 30 giugno e nell’intero periodo di imposta successivo, in eccedenza rispetto alla media degli investimenti realizzati nei cinque periodi di imposta precedenti, con facoltà di escludere dal calcolo della media il periodo in cui l’investimento è stato maggiore.”

A sua volta, la L. n. 289 del 2002, art. 9, istitutiva del cd. ‘condono tombalè, prescrive (comma 9) che: “La definizione automatica, limitatamente a ciascuna annualità, rende definitiva la liquidazione delle imposte risultanti dalla dichiarazione con riferimento alla spettanza di deduzioni e agevolazioni indicate dal contribuente o all’applicabilità di esclusioni (…)”; e (comma 10) che: “Il perfezionamento della procedura prevista dal presente articolo comporta: a) la preclusione, nei confronti del dichiarante e dei soggetti coobbligati, di ogni accertamento tributario; (…)”.

Il comma 7 della medesima disposizione stabiliva che: “Ai fini della definizione automatica è esclusa la rilevanza a qualsiasi effetto delle eventuali perdite risultanti dalle dichiarazioni originarie (…)”, ma tale disposizione è stata poi modificata dal D.L. n. 282 del 2002, art. 5-bis, comma 1, convertito in L. n. 27 del 2003, a decorrere dal 23 febbraio 2003, per cui “Ai fini della definizione automatica è esclusa la rilevanza a qualsiasi effetto delle eventuali perdite risultanti dalle dichiarazioni originarie, fatta eccezione di quelle determinate dall’applicazione delle disposizioni di cui alla L. 18 ottobre 2001, n. 383, art. 4 (…)”.

Risulta dunque dalla disciplina tratteggiata che, ai fini della determinazione della somma dovuta per il cd. condono tombale, la regola generale è quella dell’irrilevanza delle perdite, ad eccezione di quelle di cui proprio alla L. n. 383 del 2001, art. 4, le quali, invece, assumono rilevanza nel senso che, per stabilire il quantum dovuto per la definizione automatica, rendono necessario riferirsi non al reddito lordo, ma a quello netto.

Orbene, questa corte di legittimità ha già avuto modo di occuparsi di una fattispecie del tutto sovrapponibile alla presente (rettifica, per la quota riportata nell’anno 2003, delle agevolazioni “Tremonti bis” richieste nell’anno di imposta 2002), giungendo ad affermare il principio per cui: “In tema di “condono tombale”, il perfezionamento della procedura di definizione automatica di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, preclude ogni accertamento tributario che riguardi l’agevolazione disciplinata dalla L. n. 383 del 2001, art. 4 (“Tremonti bis”), perchè quest’ultima, consentendo di escludere dall’imposizione alcune voci di reddito, incide sulla determinazione della base imponibile, alla stregua delle deduzioni, e rientra nell’ambito di applicazione del menzionato condono, che, come pure si evince dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 9, ha l’effetto di rendere definitivo l’imponibile, sulla cui base viene poi calcolata l’imposta lorda” (Cass. n. 32257/18).

Questa pronuncia ha osservato che: – punto di partenza deve essere individuato in quanto stabilito da Cass. SSUU n. 16692/17, secondo cui: “In tema di cd. “condono tomba/e”, l’Erario può accertare i crediti da agevolazione esposti dal contribuente nella dichiarazione, in quanto il condono – avendo come scopo il recupero di risorse finanziarie e la riduzione del contenzioso e non già l’accertamento dell’imponibile elide in tutto o in parte, per sua natura, il debito fiscale, ma non opera sui crediti che il contribuente possa vantare nei confronti del fisco, che restano soggetti all’eventuale contestazione da parte dell’Ufficio”; – questa soluzione muove, a sua volta, dalla considerazione che la funzione del condono in questione “è solo di consentire un guadagno per l’Erario e non di perseguire finalità transattive o di compensazione dei crediti e dei debiti” (L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 9); – ciò che è reso definitivo dall’adesione al condono è l’imponibile sul quale viene calcolata l’imposta lorda dovuta, con la conseguenza che tale adesione precluderà appunto l’ulteriore accertamento di quelle agevolazioni (comportanti deduzione) che incidono sulla determinazione dell’imponibile, non anche di quelle altre agevolazioni che incidono invece sull’imposta (ad esempio, crediti di imposta compensabili); – le agevolazioni qui in esame (Tremonti bis) rientrano nella prima categoria, dal momento che esse consistono nella esclusione dalla base imponibile del reddito d’impresa di alcune voci negative (50% del volume degli investimenti, secondo il criterio legale); – il fatto che, come rilevato dall’agenzia delle entrate, il riporto a nuovo delle perdite non comporti il versamento di somme aggiuntive a titolo di ‘affrancamentò non è di per sè sintomo di esclusione delle agevolazioni dal condono, ma è “solo espressione del particolare favore, denunciato con una disposizione derogatoria ad hoc, del legislatore verso le agevolazioni de quibus, l’effetto potenzialmente negativo delle quali è stato integralmente sterilizzato”; – la conclusione non muta per il fatto che la definizione automatica operi “limitatamente a ciascuna annualità” ex art. 9, comma 9, cit., siò hè (come pure osservato dall’agenzia delle entrate) il beneficio non sarebbe appl abile sul riporto delle perdite sulle annualità successive, come nel caso in esame; dal momento che, una volta fissata la base imponibile ai fini del condono, non possono più essere messi in discussione nè i suoi presupposti nè i suoi effetti diretti, consistenti anche nella possibilità di ripartire il vantaggio sulle annualità successive (come consentito dalla 1.289/02).

Successivamente alla pronuncia qui richiamata è poi intervenuta – in fattispecie IVA – Cass. n. 716/19, la quale ha anch’essa ribadito come il condono tombale ex L. n. 289 del 2002 sia suscettibile di incidere “solo sull’imponibile” in base al quale è quantificata l’imposta lorda oggetto di definizione automatica; e dunque – traendone coerenti conseguenze, sebbene in diverso ambito applicativo – anche sulle agevolazioni in questione, così da precluderne il recupero.

Ne segue il rigetto del ricorso, con compensazione delle spese stante l’emergere soltanto in corso di causa del su richiamato indirizzo interpretativo.

Posto che la soccombente è amministrazione dello Stato ammessa alla prenotazione a debito, non sussistono i presupposti per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012 (Cass. ord. 1778/16 ed altre).

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso;

compensa le spese

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 8 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2020

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