Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11817 del 09/06/2016

Cassazione civile sez. III, 09/06/2016, (ud. 19/04/2016, dep. 09/06/2016), n.11817

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 11274 del ruolo generale dell’anno

2012, proposto da:

V.L., (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e

difeso, giusta procura in calce al ricorso, dagli avvocati Virginia

Reni (C.F.: RNE VGN 63H66 A271R) e Roberta De Martino (C.F.: DMR RRT

75L61 A271R);

– ricorrente –

nei confronti di:

FALLIMENTO PRIMIZIE PER MAMMA E BAMBINO S.p.A., (C.F.: non

dichiarato), in persona del Curatore pro tempore T.

G. rappresentato e difeso, giusta procura in calce alla copia

notificata del ricorso, dall’avvocato Ugo Uppi (C.F.: PPU GUO 47T15

L049V);

– controricorrente – ricorrente in via incidentale –

per la cassazione della sentenza pronunziata dalla Corte di Appello

di Ancona n. 880/2011, depositata in data 5 novembre 2011;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data

19 aprile 2016 dal consigliere Augusto Tatangelo;

uditi:

l’avvocato Vito Castronuovo, per delega dell’avvocato Virginia

Reni, per il ricorrente;

l’avvocato Ugo Uppi, per la curatela controricorrente;

il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale

dott. SOLDI Anna Maria, che ha concluso per la dichiarazione di

inammissibilità del ricorso principale e assorbimento

dell’incidentale condizionato.

Fatto

FATTI E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel corso di un procedimento di esecuzione forzata per l’espropriazione della quota ideale pari al 50% della proprietà su un cespite immobiliare, promosso nei confronti di P.P. dalla curatela del Fallimento della “Primizie per Mamma e per Bambino” S.p.A. venne promosso giudizio incidentale di scioglimento della comunione sull’immobile pignorato nei confronti dell’altro comproprietario V.L..

La domanda di scioglimento della comunione fu accolta con sentenza non definitiva (in data 21/29 giugno 2010) dal Tribunale di Ancona, che dispose il prosieguo del giudizio per la vendita dell’intero cespite.

Tale sentenza, impugnata dal V., è stata confermata dalla Corte di Appello di Ancona.

Ricorre il V., sulla base di sette motivi.

Resiste con controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato, la curatela del Fallimento della “Primizie per Mamma e per Bambino” S.p.A..

Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente occorre rilevare la irregolarità delle difese scritte della curatela controricorrente (nonchè ricorrente in via incidentale condizionata), il cui difensore si dichiara munito di procura rilasciata in calce alla copia notificata del ricorso avversario.

Ed infatti “nel giudizio di legittimità, la procura rilasciata dal controricorrente in calce o a margine della copia notificata del ricorso, anzichè in calce al controricorso medesimo, non è idonea per la valida proposizione di quest’ultimo, nè per la formulazione di memorie, in quanto non dimostra l’avvenuto conferimento del mandato anteriormente o contemporaneamente alla notificazione dell’atto di resistenza, ma è idonea ai soli fini della costituzione in giudizio del controricorrente e della partecipazione del difensore alla discussione orale, non potendo a tali fini configurarsi incertezza circa l’anteriorità del conferimento del mandato stesso (Sez. U, Sentenza n. 13431 del 13/06/2014, Rv. 631298).

Ne consegue l’inammissibilità del controricorso e del ricorso incidentale condizionato, ferma restando la legittimità della partecipazione del difensore della parte intimata alla discussione orale.

2. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “violazione e falsa applicazione di norme di legge, con specifico riferimento alla notifica a mezzo posta ex art. 149 c.p.c., comma 3 e il perfezionamento per compiuta giacenza, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e art. 149 c.p.c., comma 3 e L. n. 890 del 1982, art. 8, commi 3 e 4”.

Con il terzo motivo del ricorso si denunzia “violazione e falsa applicazione di norma di legge con specifico riferimento al diritto di difesa e di contraddittorio, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e art. 24 Cost., comma 2”.

Con il quarto motivo si denunzia “violazione e falsa applicazione di norma di legge con specifico riferimento al diritto di difesa e di contraddittorio, art. 360 c.p.c. comma 1, n. 3 e art. 111 Cost., comma 2.”.

Con il quinto motivo si denunzia “violazione e falsa applicazione di norme di legge con specifico riferimento al contenuto dell’atto di pignoramento, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e artt. 492 e 495 c.p.c.”.

Con il sesto motivo si denunzia “violazione e falsa applicazione di norme di legge, con specifico riferimento al computo dei termini art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, art. 155 c.p.c.”.

Con il settimo motivo si denunzia “violazione e falsa applicazione di norme di legge, con specifico riferimento al computo dei termini ed alla loro eventuale proroga in caso di scadenza in giorno festivo art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e art. 155 c.p.c., comma 3”.

I motivi indicati sono connessi e possono quindi essere esaminati congiuntamente, in quanto riguardano tutti la questione della validità dell’atto di pignoramento che ha dato luogo al procedimento esecutivo nell’ambito del quale è stato instaurato il giudizio di divisione oggetto della presente controversia.

Essi sono manifestamente inammissibili, per evidente difetto di specificità.

La corte di merito ha rigettato il gravame del V. avverso la sentenza del Tribunale di Ancona che aveva accolto la domanda di scioglimento della comunione su cespite pignorato esclusivamente in danno dell’altro comproprietario ( P.P.), osservando che l’unica censura mossa dall’appellante riguardava la violazione delle disposizioni disciplinanti la notifica dell’atto di pignoramento, e correttamente rilevando che ogni questione afferente la regolarità del processo di esecuzione andava eventualmente fatta valere in sede di opposizione agli atti esecutivi e non nell’autonomo giudizio di divisione introdotto nel corso della procedura di espropriazione immobiliare.

Con i motivi di ricorso in esame, parte ricorrente si limita a ribadire le proprie argomentazioni in ordine ai vizi dell’atto di pignoramento (senza in verità neanche indicare con precisione, per gran parte di esse, se e in quale atto processuale erano state precedentemente avanzate), e in particolare in ordine alla irregolarità della notificazione dello stesso a lui effettuata (evidentemente ai sensi dell’art. 599 c.p.c., non risultando egli soggetto passivo dell’espropriazione), ma non muove alcuna specifica censura avverso la richiamata effettiva ratio decidendi della pronunzia impugnata.

3. Con il secondo motivo del ricorso si denunzia “violazione e falsa applicazione di norme di legge, con specifico riferimento all’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Anche questo motivo è inammissibile.

Nè la rubrica nè il contenuto espositivo di esso consentono di comprendere se il ricorrente intenda denunziare una vera e propria omissione di pronunzia in ordine ad una sua specifica domanda ovvero un vizio di motivazione in relazione alla decisione concretamente emessa dal giudice di merito.

Non si riesce neanche a comprendere con certezza a quale domanda si faccia riferimento, che non sia quella di dichiarazione dell’invalidità dell’atto di pignoramento, in relazione alla quale peraltro – come già sottolineato – vi è precisa e motivata decisione nella pronunzia impugnata, che non trova nel ricorso specifica censura.

4. E’ appena il caso di aggiungere che non rileva la mancata instaurazione del contraddittorio, nel presente grado di legittimità, nei confronti di P.P., che risulterebbe comproprietaria dell’immobile oggetto del giudizio di divisione e debitrice esecutata, e come tale litisconsorte necessario.

E’ infatti principio acquisito nella giurisprudenza di questa Corte, quello per cui il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti (cfr. Cass. Sez. Un., ord. 22 marzo 2010 n. 6826; fra le tante altre: Cass. 18 gennaio 2012 n. 690; 25 gennaio 2012 n. 1032; ord. 8 novembre 2012 n. 19317).

Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (Cass. 17 giugno 2013 n. 15106).

5. Vanno dichiarati inammissibili sia il ricorso principale che il controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo (tenendo conto esclusivamente, per i motivi illustrati, dell’attività difensiva regolarmente svolta dal difensore della parte resistente).

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibili il ricorso principale e il ricorso incidentale;

– condanna il ricorrente a pagare le spese del presente giudizio in favore della curatela resistente, liquidandole in complessivi Euro 2.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2016

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