Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11816 del 12/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 12/05/2017, (ud. 13/12/2016, dep.12/05/2017),  n. 11816

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. ANDRONIO Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28697/2010 proposto da:

D.M.I., elettivamente domiciliata in ROMA VIA ENNIO QUIRINO

VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato ANGELO PETRONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato LUCIO MODESTO MARIA ROSSI con

studio in CASERTA CORSO TRIESTE 63 (avviso postale ex art. 135)

giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI CASERTA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 143/2009 della COMM. TRIB. REG. della

CAMPANIA, depositata l’08/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/12/2016 dal Consigliere Dott. ALESSANDRO ANDRONIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rinvio a nuovo ruolo per

rinnovo notifica in subordine rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – Con sentenza del 10 luglio – 8 ottobre 2009, la Commissione tributaria regionale di Napoli ha rigettato l’appello proposto dalla contribuente avverso la sentenza Commissione tributaria provinciale di Caserta, con la quale era stato rigettato il ricorso della stessa contribuente avverso un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate relativo a omessi versamenti di ritenuta alla fonte per reddito da lavoro dipendente per l’anno di imposta 2002. La Commissione regionale, conformemente a quanto affermato nella sentenza di primo grado, ha ritenuto insussistente la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, lamentata dall’appellante, sul rilievo che la contestazione indicata nell’atto impugnato deve essere ritenuta esaustiva, perchè rimanda ad atti dell’accertamento, conosciuti dalla parte contribuente.

2. – Avverso la sentenza d’appello la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi di doglianza, chiedendone l’annullamento.

L’Agenzia delle Entrate non si è costituita in giudizio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. – Il ricorso è infondato.

3.1. – Con un primo motivo di doglianza, si lamenta l’erronea applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 2 e 3, sul rilievo che l’avviso di accertamento sarebbe privo dell’indicazione delle aliquote applicate, determinando così la non comprensibilità dei calcoli effettuati dall’Ufficio.

Il motivo è infondato.

Deve premettersi che, in tema d’imposte sui redditi, l’avviso di accertamento che non contenga l’indicazione dell’esatta aliquota applicata viola il principio di precisione e chiarezza delle “indicazioni” che è alla base del precetto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, incorrendo, pertanto, nella sanzione di nullità. Ma è onere del contribuente indicare le ragioni per le quali, sulla base dei dati riportati nell’atto, non gli è stato possibile pervenire all’immediata ed agevole individuazione dell’aliquota, non essendo la nullità di cui sopra rilevabile d’ufficio (ex multis, Sez. 6-5, n. 11682 del 07/06/2016, Rv. 640042-01; Sez. 5, n. 17362 del 24/07/2009, Rv. 609426-01).

Tale principio trova applicazione anche nel caso di specie, in cui l’aliquota si determina sulla base del semplice raffronto tra il reddito puntualmente indicato e la ritenuta che avrebbe dovuto essere operata, secondo quanto emerge dall’avviso di accertamento impugnato. Nè la contribuente ha dedotto specifici elementi dai quali possa desumersi una difficoltà nell’effettuare tale calcolo; calcolo il cui risultato non è stato, peraltro, mai contestato in sede di accertamento.

3.2. – La ricorrente lamenta, in secondo luogo, la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, sostenendo che l’avviso di accertamento sarebbe motivato con riferimento ad un pregresso verbale di accertamento del 21 novembre 2002 a carico del contribuente originario, del quale la ricorrente è erede. Tale verbale non sarebbe stato direttamente conosciuto dall’odierna ricorrente, ma solo dal de cuius, con la conseguenza che la stessa ricorrente non sarebbe stata in grado di difendersi.

Anche tale doglianza è infondata.

La ricorrente non contesta il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui non sussiste l’obbligo di allegare all’avviso di accertamento il verbale di constatazione regolarmente notificato o consegnato all’intimato al quale l’accertamento faccia riferimento per relazione (ex multis, Sez. 5, n. 7360 del 31/03/2011, Rv. 617606-01; Sez. 5, n. 21210 del 06/08/2008; Sez. 5, n. 6232 del 18/04/2003, Rv. 562285-01). Non contesta neanche, in punto di fatto, che il verbale di accertamento sia stato nel caso di specie conosciuto dal de cuius. Sostiene, invece, che nel caso di successione ereditaria, la previa notificazione del verbale al de cuius non sia idonea a far ritenere lo stesso conosciuto anche da parte dell’erede.

Deve ribadirsi, sul punto, quanto già correttamente evidenziato dai giudici di appello, nel senso che l’erede del destinatario dell’accertamento subentra a titolo universale nella sua posizione giuridica, evidentemente comprensiva delle obbligazioni tributarie, e non è titolare di una posizione giuridica propria; con la conseguenza che tutti gli atti del procedimento di accertamento conosciuti dal de cuius e che hanno dispiegato effetti nei confronti dello stesso devono intendersi conosciuti anche dall’erede ed efficaci nei suoi confronti.

4. – In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Nulla deve essere disposto in punto di spese per il presente grado di giudizio, in mancanza di costituzione della parte resistente.

PQM

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2017

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