Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11816 del 05/05/2021

Cassazione civile sez. I, 05/05/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 05/05/2021), n.11816

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7691/2016 proposto da:

B.S., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato Giuseppe Levoni, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.A., elettivamente domiciliata in Roma, Via della

Bufalotta n. 174, presso lo studio dell’avvocato Patrizia

Barlettelli, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Maria Luigia Marceddu, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a.

– intimata –

avverso la sentenza n. 471/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 06/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/02/2021 dal cons. Dott. MARULLI MARCO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. B.S., condannata in solido con Banca MPS dal Tribunale di Reggio Emilia al risarcimento dei danni procurati ad S.A. per aver dato corso a nome di costei, nella sua veste di dipendente della banca, ad un’apertura di credito in conto corrente munita di sottoscrizione apocrifa e all’esecuzione di un ordine di investimento non accompagnato da conferma scritta, impugna la decisione de qua in uno con “l’ordinanza” riportata in epigrafe, a mezzo della quale la Corte d’Appello di Bologna ha dichiarato inammissibile il gravame della medesima avverso l’appellata decisione di primo grado e chiede che di entrambe sia pronunciata la cassazione sulla base di tre motivi di ricorso.

Resiste ad esso la S. con controricorso e memoria, mentre non ha svolto attività processuale la banca.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. Con il primo motivo di ricorso la B. lamenta l’erroneità dell’impugnato pronunciamento di primo grado per aver ritenuto che le sottoscrizioni risultanti sull’ordine di acquisto e sull’ampliamento del fido fossero state apposte da essa ricorrente, quantunque la CTU grafologica a tal fine esperita avesse si accertato che le dette sottoscrizioni non erano di mano della S., ma “non che la grafia sia quella della convenuta B.S.”. Non sarebbe, in particolare invocabile a conforto del postulato tribunalizio l’argomento presuntivo sviluppato dal decidente di secondo grado poichè gli elementi a tal fine valorizzati da questo (la B. era dipendente della banca e si era occupata delle pratiche inerenti al fido) non costituiscono “presunzioni, gravi, precise e concordanti in grado di dimostrare che la firma apposta sia della Sig.ra B.S.”.

2.2. Con il secondo motivo di ricorso la B. lamenta poi l’erroneità dell’impugnato pronunciamento di primo grado per aver ravvisato nella condotta di essa ricorrente gli estremi del reato di falso, quantunque a tal fine avrebbe dovuto accertare la ricorrenza nella specie di tutti gli elementi costitutivi e, pertanto, anche dell'”elemento soggettivo”, invece insussistente non essendovi “prova del dolo della B.”. Sarebbe in particolare censurabile l’affermazione operata dal decidente di secondo grado circa la mancata prova degli accordi intercorsi tra le parti in ordine alla realizzazione delle predette operazioni, alla luce della deposizione testimoniale attestante il colloquio al riguardo invece avvenuto tra le parti.

2.3. Con il terzo motivo di ricorso la B. lamenta poi l’erroneità dell’impugnato pronunciamento di primo grado per aver ritenuto non contestato il danno “economico” patito dalla S. e non quello morale, quantunque essa “avesse contestato integralmente il danno come ex adverso indicato e liquidato in sentenza”.

3. E’ bene, prima di procedere al chiesto scrutinio di legittimità, ridisegnare esattamente i contorni della fattispecie processuale posta in essere dalla B. per mezzo del proposto ricorso a questa Corte.

La sua iniziativa si colloca, prestando fede agli elementi formali che l’accompagnano, nell’alveo della fattispecie disciplinata dal combinato disposto degli artt. 348-bis e 348-ter c.p.c., impugnando essa, a mente del comma 3 di tale ultimo articolo tanto la sentenza di primo grado, quanto quella che ella definisce l'”ordinanza” con la quale a suo dire la Corte d’Appello, incanalando il giudizio di gravame appunto nel solco del procedimento acceleratorio introdotto con i predetti artt. 348-bis e 348-ter dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. a), convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, ha dichiarato inammissibile il gravame sull’implicito e non dichiarato presupposto che l’impugnazione proposta davanti a sè non avesse una ragionevole probabilità di essere accolta. In tal guisa, consentendo l’art. 348-ter c.p.c., comma 3, l’impugnazione congiunta e del provvedimento di primo grado e dell’ordinanza di inammissibilità adottata dalla Corte d’Appello, la B. ha ritenuto proponibile l’odierno ricorso per cassazione, censurando in primo luogo il deliberato in prima istanza e, quindi, anche talune affermazioni imputate al secondo giudice.

Senonchè la scelta così operata, non si conforma alla realtà processuale nel modo in cui questa è venuta a prendere concreta forma nel caso di specie.

Ed invero la Corte d’Appello, intanto, ha pronunciato sentenza e non ordinanza; ha dichiarato, poi, inammissibile il gravame, non già perchè esso non avesse alcuna probabilità di essere accolto, ma perchè i motivi di appello non soddisfacevano il requisito della specificità pure persistente a seguito della novellazione dell’art. 342 c.p.c.; ed ha dato atto, infine, delle singole ragioni a conforto di ciò, scrutinando funditus le doglianze dispiegate dall’impugnante e motivando nel merito di ciascuna di esse perchè dovesse esserne dichiarata l’inammissibilità. Di conseguenza ciò che ora, con l’odierno ricorso per cassazione, la B. impugna non è la sentenza di primo grado, a cui abbia fatto seguito l’ordinanza di inammissibilità pronunciata dalla Corte d’Appello a mente degli artt. 348-bis e 348-ter c.p.c., come essa mostra di credere, ma la sentenza d’appello con cui il giudice del gravame, esaminati i motivi di contestazione alla sentenza del giudice di primo grado, li ha dichiarato inammissibile l’appello per difetto di specificità.

4. Questo espone primariamente il ricorso qui in esame, in disparte dalle obiezioni che vi muove su questo terreno la controricorrente, ad un preliminare rilievo di inammissibilità.

Nell’attuale assetto dei mezzi di impugnazione esperibili per cassazione, che d’ordinario non consentono l’impugnabilità diretta in sede di legittimità della sentenza di primo grado, va ricordato che con il ricorso per cassazione non possono essere proposte, e vanno, quindi, dichiarate inammissibili, le censure rivolte direttamente contro la sentenza di primo grado (Cass., Sez. IV, 21/03/2014, n. 6733; Cass., Sez. IV, 15/03/2006, n. 5637; Cass., Sez. IV, 20/06/1996, n. 5714). La sentenza di secondo grado ha infatti effetto sostitutivo rispetto a quella impugnata, tanto da imporre al decidente, a fronte dei motivi di impugnazione in cui si convertono le ragioni di nullità imputate alla sentenza impugnata, non di limitarsi a dichiarare la nullità, ma di pronunciare nel merito, sicchè non può essere denunciato in cassazione un vizio della sentenza di primo grado ritenuto insussistente dal giudice d’appello in quanto per effetto della pronuncia di questo, nei limiti del carattere devolutivo del mezzo e ferma per contro l’intangibilità del giudicato, la sentenza d’appello si sostituisce a quella di primo grado ed impedisce che possano farsi valere nel ricorso per cassazione vizi diversi da quelli che non siano attribuibili alla sentenza impugnata (Cass., Sez. V, 19/01/2018, n. 1323; Cass., Sez. IV, 16/02/1998, n. 1612; Cass., Sez. IV, 28/12/1996, n. 11537).

Le contestazioni che, dunque, la B. muove con il ricorso direttamente nei confronti della sentenza di primo grado risultano inammissibili e si sottraggono, a tacere di ogni altra preclusione, al giudizio di questa Corte.

5. Inammissibili, peraltro, devono pure ritenersi, una volta ricostruito correttamene il quadro processuale in cui collocare l’odierno mezzo di gravame, le residue contestazioni che la B. muove al giudicato d’appello. Riguardo ad esse si rivela assorbente, in disparte da ogni altra ragione preclusiva, il rilievo che esse, postulando una rinnovazione nel merito dell’apprezzamento condotto dalla Corte d’Appello in ordine alle risultanze istruttorie di causa, non si accordano con il tenore della decisione, che ha spiegato, e per questo ha dichiarato inammissibile il gravame avanti a sè, perchè i motivi esso non soddisfacevano il precetto della specificità, corroborando il giudizio in parola per mezzo di una disamina nelle merito delle singole censure intesa non già a statuire sulle medesime, ma a rafforzare il convincimento conclusivamente espresso.

Dunque anche sotto questo profilo il ricorso non merita seguito alcuno.

6. Le spese seguono la soccombenza. Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di parte resistente in Euro 2700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2021

 

 

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