Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11814 del 18/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 18/06/2020, (ud. 02/12/2019, dep. 18/06/2020), n.11814

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12336-2019 proposto da:

SAPIS SPA in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OTTAVIANO 42, presso lo

studio dell’avvocato BRUNO LO GIUDICE, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIUSEPPE SERA giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;

– intimata –

Nonchè da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente incidentale –

contro

SAPIS SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 8800/2018 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

SALERNO, depositata il 15/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/12/2019 dal Consigliere Dott. NAPOLITANO LUCIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

MASTROBERARDINO PAOLA che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine il rigetto del ricorso principale e il rigetto del ricorso

incidentale;

udito per il controricorrente l’Avvocato DE BELLIS che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso incidentale e il rigetto del ricorso

principale e chiede la rimessione alle SS.UU. sulla questione della

prescrizione decennale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 8800/2/2018, depositata il 15 ottobre 2018, non notificata, la Commissione tributaria regionale (CTR) della Campania- sezione staccata di Salerno – accolse parzialmente l’appello proposto dall’allora Equitalia Sud S.p.A., poi incorporata da Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A., nei confronti della S.a.p.i.s. S.p.A. in liquidazione, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Salerno che- declinata la propria giurisdizione in ordine ai carichi non tributari – aveva nel resto accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso avviso d’intimazione di pagamento, attraverso la cui impugnazione la società aveva altresì lamentato il vizio di notifica delle cartelle esattoriali ivi indicate, eccependo quindi la decadenza e la prescrizione dei crediti tributari dalle stesse portati.

La CTR – dando atto della legittimità della produzione in appello dei documenti che il giudice di prime cure aveva ritenuto non utilizzabili ai fini della decisione perchè prodotti in primo grado oltre il termine di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32, comprovanti il perfezionamento della notifica delle cartelle, non impugnate nei termini dalla contribuente – accolse quindi il gravame proposto avverso la decisione di primo grado limitatamente alle cartelle riferite ai tributi erariali, per le quali doveva ritenersi applicabile il termine ordinario decennale di prescrizione, laddove il termine prescrizionale di cinque anni, ex art. 2948 c.c., n. 4, era da intendersi decorso con riferimento alle cartelle aventi ad oggetto TARSU e contributi di bonifica.

Avverso la sentenza della CTR S.a.p.i.s. S.p.A. (già S.a.p.i.s. S.p.A. in liquidazione) ha proposto ricorso principale per cassazione affidato a tre motivi.

L’Agenzia delle Entrate – Riscossione (AdER), subentrata ex lege ad Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A., resiste con controricorso, con il quale ha altresì spiegato ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso principale la contribuente lamenta omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento alla questione, sollevata in memoria dalla società, dell’irregolarità della procura alle liti conferita da controparte ad avvocato del libero foro, totalmente ignorata dalla decisione impugnata.

2. Con il secondo motivo la stessa doglianza è esposta dalla ricorrente in termini di nullità della sentenza per vizio del procedimento, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, non potendo trovare il vizio del rilascio della procura, sanatoria in relazione all’art. 125 c.p.c. alle condizioni previste da tale norma, non applicabili al giudizio di cassazione, salvo che non si sia formato giudicato interno sul punto.

3. Con il terzo motivo la ricorrente principale denuncia nullità della sentenza per violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60,artt. 139 e 145 c.p.c., nonchè dell’art. 2948 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto, in contrasto con le norme di diritto indicate in rubrica, validamente notificate le cartelle n. (OMISSIS), n. (OMISSIS), e n. (OMISSIS).

4. Con l’unico motivo di ricorso incidentale AdER denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 5 (ora comma 6) e della L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 197, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la CTR considerato che dal 1999 dopo l’iscrizione a ruolo la prescrizione (anche) dei crediti relativi a tributi locali ed ai contributi consortili è decennale.

5. I primi due motivi di ricorso principale, entrambi relativi alla questione della pretesa invalidità della procura rilasciata nel giudizio di appello da Agenzia delle Entrate – Riscossione ad avvocato del libero foro, possono essere trattati congiuntamente.

5.1. Essi sono infondati. Sulla questione, come è noto, sono di recente intervenute le Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. SU 19 novembre 2019, n. 30008), che, nel contesto normativo contrassegnato da ultimo anche dalla sopravvenienza della norma d’interpretazione autentica di cui al D.L. 30 aprile 2019, n. 34, art. 4-novies, convertito con modificazioni dalla L. 28 giugno 2019, n. 58, hanno affermato al riguardo i seguenti principi di diritto:

“impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale ed al giudice di pace, per la rappresentanza e la difesa in giudizio l’Agenzia delle Entrate Riscossione si avvale: – dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come ad essa riservati dalla convenzione con questa intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1933, art. 43, comma 4, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, ovvero, in alternativa e senza bisogno di formalità, nè della delibera prevista dal richiamato R.D. n. 1933 del 1933, art. 43, comma 4, – di avvocati del libero foro – nel rispetto del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, artt. 4 e 17 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi del medesimo D.L. 193 del 2016, art. 1, comma 5 – in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio”; “quando la scelta tra il patrocinio dell’Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l’Agenzia e l’Avvocatura o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell’Agenzia a mezzo dell’una o dell’altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità”.

5.2. La giurisprudenza sezionale (cfr. Cass. sez. 5, 29 novembre 2019, n. 31240, n. 31241 e n. 31242) ha, del resto, già avuto modo di ribadire gli anzidetti principi affermati dalle Sezioni Unite, ai quali va assicurata in questa sede ulteriore continuità.

5.3. Chiarito, con riferimento al patrocinio dinanzi alle Commissioni tributarie, che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, comma 2, secondo cui, per quanto qui rileva, “L’Ufficio dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di cui al D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 nonchè dell’agente della riscossione, nei cui confronti è proposto il ricorso, sta in giudizio direttamente o mediante la struttura territoriale sovraordinata”, non interferisce con la specifica norma dell’art. 12 del citato decreto in tema di assistenza tecnica, ne consegue che la sentenza impugnata, nella parte in cui, decidendo la controversia nel merito, nel pronunciare sull’appello proposto avverso la sentenza di primo dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione di Salerno, ha implicitamente ritenuto valida la procura conferita ad avvocato del libero foro, è conforme ai succitati principi di diritto.

6. Del pari è infondato il terzo motivo di ricorso principale, col quale la società ricorrente assume l’erroneità in diritto della pronuncia impugnata, nella parte in cui – incontroversa in fatto la circostanza che la definitività delle cartelle non era conseguente alla formazione di un titolo giudiziale definitivo, ma all’omessa impugnazione delle cartelle, ritenute validamente notificate, nel termine perentorio di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 – ha escluso che perciò solo dovesse farsi applicazione della prescrizione breve quinquennale, dovendo farsi invece riferimento alla disciplina sostanziale in tema di prescrizione per ciascuna tipologia di tributo, trovando applicazione, salvi i casi in cui la legge dispone diversamente, il termine ordinario decennale di prescrizione di cui all’art. 2946 c.c..

6.1. La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio di diritto affermato da Cass. SU 17 novembre 2016, n. 23397, che, giudicando in tema di riscossione di contributi previdenziali, per i quali risultava applicabile, secondo la L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, commi 9 e 10 il termine di prescrizione quinquennale, chiarì che la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione a cartella di pagamento, di cui al D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., trovando detta disposizione applicazione solo nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale definitivo.

6.2. Detto principio trova applicazione – come chiarito dalle stesse Sezioni Unite – con riguardo a tutti gli atti di riscossione, comunque denominati, mediante ruolo, riguardanti quindi, oltre ai crediti previdenziali, crediti relativi ad entrate tributarie ed extratributarie, dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri enti locali, nonchè delle sanzioni per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. “Con la conseguenza” così testualmente le Sezioni Unite – “che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo”.

6.3. Ciò comporta che debba farsi riferimento alla disciplina sostanziale, in tema di prescrizione, propria di ciascun tributo, trovando applicazione, ove non disposto diversamente dalla legge, il termine ordinario decennale di cui all’art. 2946 c.c..

6.4. Nell’individuare in detto termine quello di prescrizione dei tributi erariali la sentenza impugnata si è allineata alla costante giurisprudenza di questa Corte in materia (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 9 febbraio 2007, n. 2941; Cass. sez. 5, 23 febbraio 2010, n. 4283; Cass. sez. 5, 10 dicembre 2014, n. 26013; Cass. sez. 5, 14 novembre 2014, n. 24322 – par. 6.2, in motivazione; Cass. sez. 6-5, ord. 16 luglio 2018, n. 18804; Cass. sez. 6-5, ord. 3 maggio 2019, n. 11760; Cass. sez. 1, 2 ottobre 2019, n. 24588; Cass. sez. 6-5, ord. 5 novembre 2019, n. 28315), essendosi osservato che ai crediti afferenti ai tributi erariali, in mancanza di espressa diversa disposizione di legge, non può comunque applicarsi la prescrizione breve di cinque anni prevista dall’art. 2948 c.c. per le prestazioni periodiche.

6.5. Le obbligazioni per tributi erariali non possono, infatti, qualificarsi come prestazioni periodiche, in quanto il loro ammontare deriva, anno per anno, da elementi riferibili a ciascun anno d’imposta in relazione alla sussistenza dei presupposti impositivi, ciò comportando che i singoli periodi d’imposta e le obbligazioni che ad essi si riferiscono sono tra loro autonomi, mancando la causa debendi continuativa, che caratterizza le prestazioni periodiche.

6.6. La sentenza impugnata, che ha applicato dunque la prescrizione quinquennale con riferimento ai tributi locali (TARSU e contributi consortili di bonifica) e quella decennale riguardo ai tributi erariali, per i quali, al tempo della notifica dell’intimazione di pagamento, non ha ritenuto decorso il termine decennale di prescrizione, è conforme alle norme di diritto indicate in rubrica, quali interpretate dalla giurisprudenza di questa Corte.

7. Nè, sul versante opposto, può trovare accoglimento l’unico motivo addotto a sostegno del ricorso incidentale dell’agente della riscossione, che sollecita, se del caso anche attraverso la rimessione alle Sezioni Unite, una revisione del summenzionato indirizzo interpretativo, nel senso che in ogni caso, indipendentemente dunque dall’esistenza di un titolo giudiziale definitivo ed a prescindere dalla disciplina (sostanziale) della prescrizione riferita allo specifico tributo, debba trovare applicazione la prescrizione ordinaria decennale quanto al diritto alla riscossione.

7.1. L’Agenzia delle Entrate – Riscossione, in particolare, ritiene poco convincente l’assunto delle succitate SU laddove – con riferimento al D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, art. 20, già comma 5 (ora comma 6), secondo cui, nell’originaria formulazione, in tema di procedura di discarico per inesigibilità e reiscrizione nei ruoli, “Per le entrate tributarie dello Stato l’ufficio, qualora venga a conoscenza di nuovi elementi reddituali o patrimoniali riferibili allo stesso soggetto, può reiscrivere a ruolo le somme già discaricate, purchè non sia decorso il termine di prescrizione decennale” – hanno affermato che “il suddetto riferimento alla prescrizione decennale nel citato D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 6, risulta effettuato sempre in ambito sostanziale e senza alcun possibile riferimento all’art. 2953 c.c., visto che pacificamente viene richiamato con riguardo all’attività amministrativa di riscossione – per la quale, in ambito fiscale, vale, come regola generale, il termine ordinario di prescrizione nell’ambito di una procedura (di discarico per inesigibilità) del pari di natura pacificamente amministrativa”.

7.2. Secondo la ricorrente incidentale, in particolare, detto assunto: a) non terrebbe conto del fatto che, per effetto delle disposizione precedente di cui all’art. 17, era prevista l’estensione generalizzata della riscossione mediante ruolo a tutti i crediti posti in riscossione, ivi comprese le entrate degli enti locali, tanto che nell’attuale formulazione del citato D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 6 è scomparso il riferimento testuale alle entrate tributarie dello Stato, facendosi riferimento, in senso generale, all’ente creditore; b) non spiegherebbe il senso di una reiscrizione a ruolo di somme già discaricate per le quali sarebbe nel frattempo decorso il termine dell’eventuale prescrizione quinquennale, somme che comunque non potrebbero essere riscosse nei confronti del debitore.

7.3. Ancora, secondo la ricorrente incidentale, il necessario riferimento ad una generale prescrizione decennale del diritto alla riscossione troverebbe giustificazione nella novazione oggettiva (per effetto della creazione del ruolo confluirebbero in un unico credito le obbligazioni originariamente dovute in virtù di diverse causali di credito) e soggettiva, per effetto della consegna del ruolo determinandosi il subentro dell’agente della riscossione all’ente impositore. Esso, poi, riceverebbe ulteriore conferma nel disposto dell’art. 1, comma 197, della sopravvenuta L. 30 dicembre 2018, n. 145, che, nel disciplinare gli effetti sulla riscossione del nuovo istituto della definizione dei carichi pregressi (c.d. “saldo e stralcio” di cui ai precedenti commi 184 e s.s.), prevede che “Nell’ipotesi di mancata tempestiva produzione della documentazione a seguito della comunicazione di cui al comma 196, ovvero nei casi di irregolarità o omissioni costituenti falsità, non si determinano gli effetti di cui al comma 184 e al comma 185 e l’ente creditore, qualora sia già intervenuto il discarico automatico di cui al D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 3, comma 19, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136, procede, a seguito di segnalazione dell’agente della riscossione, nel termine di prescrizione decennale, a riaffidare in riscossione il debito residuo. Restano fermi gli adempimenti conseguenti alle falsità rilevate”.

8. Ritiene la Corte che gli argomenti sopra addotti non siano idonei a giustificare una revisione dell’indirizzo interpretativo in esame ovvero una nuova rimessione alle Sezioni Unite per un riesame della relativa problematica.

8.1. Il primo, in effetti, non coglie l’argomentazione delle Sezioni Unite della Corte nel suo complesso, che ha ben chiaro (si veda sopra il paragrafo 6.2.) che la riscossione mediante ruolo, come disciplinata dal D.Lgs. n. 112 del 1999 non è riferita alle sole entrate tributarie dello Stato.

8.2. Quanto al secondo, occorre rilevare in primo luogo che quanto osservato al riguardo dalla citata Cass. SU n. 23397/16 ha trovato conferma nelle successive Cass. sez. lav. ord. 4 dicembre 2018, n. 31352 e Cass. sez. lav. ord. 26 aprile 2019, n. 11335, la quale ultima, in particolare, ha ribadito, sempre in tema di contributi previdenziali, l’irrilevanza del subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario, sia del fatto che il D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 6, faccia riferimento al termine decennale di prescrizione, atteso che detto termine concerne il procedimento amministrativo per il recupero delle quote inesigibili e non interferisce con lo specifico termine di prescrizione previsto per azionare il credito.

8.3. A ciò può essere aggiunto un ulteriore triplice ordine di considerazioni.

8.3.1. Il primo attiene al fatto che, nell’ambito di una considerazione appunto unitaria del procedimento di riscossione, il riferimento al termine decennale di prescrizione – ferme restando le disposizioni sostanziali che possano stabilire termini più brevi – si pone necessariamente in correlazione con quella che si pone come la disciplina ordinaria, se non derogata da diversa disposizione di legge.

8.3.2. Il secondo, quanto all’argomento di primo acchito suggestivo secondo il quale non potrebbe desumersi l’utilità di una reiscrizione a ruolo di somme per le quali, in relazione alla disciplina sostanziale, con riferimento all’eventuale decorso della prescrizione quinquennale, non sarebbe più sussistente la possibilità di escutere il debitore, attiene alla natura dell’eccezione di prescrizione quale eccezione in senso stretto (art. 2938 c.c.), a fronte della quale, in mancanza d’impugnazione nei termini per detto motivo di un avviso d’intimazione di pagamento che dovesse contenere crediti per i quali la disciplina sostanziale preveda una diversa più breve prescrizione, non potrebbe rilevarsi d’ufficio l’effetto estintivo della prescrizione breve, ove verificatosi.

8.3.3. Il terzo, infine, impone di limitare – così come indicato dalle SU nella citata pronuncia n. 23397/16 – il riferimento al termine decennale di prescrizione al procedimento amministrativo tra l’ufficio e l’agente della riscossione per il recupero delle somme oggetto di originario discarico come inesigibili, come conseguenza diretta dell’interpretazione costituzionalmente orientata del citato D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 6 (già comma 5).

8.4. Detto decreto, come è noto, costituisce, infatti, attuazione della L. 28 settembre 1998, n. 337, recante “Delega al Governo per il riordino della disciplina relativa alla riscossione”.

8.4.1. Tra i vari principi e criteri direttivi che il Governo avrebbe dovuto osservare nell’attuazione della delega, della citata L. n. 337 del 1998, art. 1, comma 1, lett. m), prevede la “revisione delle procedure di sgravio e rimborso di iscrizioni a ruolo non dovute” con effetto, dunque, limitato alla sola revisione dei procedimenti in oggetto, senza che possa evincersi alcun riferimento, quanto all’ambito della delega, alla disciplina sostanziale della prescrizione, che avrebbe comportato, secondo la ricorrente incidentale, l’introduzione di una generalizzata previsione della prescrizione decennale del diritto alla riscossione, quali che fossero le causali dei crediti oggetto del relativo procedimento.

8.4.2. Detta interpretazione, pertanto, ove seguita, porterebbe ad evidenziare un chiaro profilo d’illegittimità costituzionale della norma per difetto di delega, in relazione al disposto dell’art. 77 Cost., laddove il giudice è tenuto a privilegiare, tra più interpretazioni della stessa norma che si pongano come possibili, quella che faccia salva la legittimità costituzionale della norma.

9. Va pertanto riaffermato – e nei termini sopra esposti ulteriormente chiarito – il principio di diritto affermato dalla citata Cass. SU n. 23397/16, senza che la tesi dell’agente della riscossione possa trovare indiretta conferma dalla sopravvenienza della L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 197, di cui si è innanzi trascritto il testo, con riferimento al quale – ferme restando le considerazioni innanzi espresse – è sufficiente rilevare in questa sede che si tratta di norma entrata in vigore il primo gennaio 2019, come tale inapplicabile, ratione temporis, al presente giudizio.

10. Il ricorso incidentale va, pertanto anch’esso rigettato.

11. Stante la soccombenza reciproca, sussistono le condizioni di legge per compensare interamente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

12. Rilevato che risulta soccombente, quanto al ricorso incidentale, parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

13. Va invece dato atto, come da dispositivo, della sussistenza dei presupposti processuali per l’applicazione di detta norma, riguardo al rigetto del ricorso principale della società.

PQM

Rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale.

Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 18 giugno 2020

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