Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11814 del 12/05/2017
Cassazione civile, sez. trib., 12/05/2017, (ud. 29/11/2016, dep.12/05/2017), n. 11814
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DISTILLERIA DEL SUD s.p.a., in liquidazione, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma,
piazza Mazzini n. 27, presso l’avv. Giovanni Di Gioia, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Puglia n. 72/10/09, depositata il 15 dicembre 2009;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29
novembre 2016 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;
uditi l’avv. Giovan Candido Di Gioia per la ricorrente e l’avvocato
dello Stato Gianna Galluzzo per la controricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
ZENO Immacolata, il quale ha concluso per l’ inammissibilità o, in
subordine, il rigetto del ricorso.
Fatto
RITENUTO
che:
la Distilleria del Sud s.p.a., in liquidazione, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia indicata in epigrafe, con la quale, in controversie riunite concernenti avvisi di accertamento per IRPEG, IVA ed IRAP e omesse ritenute su interessi passivi in relazione agli anni 2000, 2001 e 2002, in parziale accoglimento dell’appello dell’Ufficio ha riconosciuto la legittimità del recupero a tassazione di una sopravvenienza attiva e di costi indeducibili per mancanza di inerenza, poichè detti recuperi non erano mai stati oggetto di contestazione da parte della contribuente;
l’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso;
la ricorrente ha depositato memoria;
il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata.
Diritto
CONSIDERATO
che:
l’eccezione di inammissibilità del controricorso per tardività, sollevata dalla ricorrente in memoria, è infondata, in ragione della circostanza che la notifica del ricorso, effettuata presso l’Avvocatura generale dello Stato anzichè presso la sede dell’Agenzia, deve ritenersi nulla (Cass., sez. un., n. 22641 del 2007) e come tale inidonea a far decorrere il termine per la proposizione del controricorso (fermo restando il suo effetto sanante);
con i due motivi di ricorso, è denunciata, rispettivamente, la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 per avere il giudice a quo ritenuto, da un lato, superabile l’omessa allegazione agli avvisi di accertamento del p.v.c. posto a base degli stessi e, dall’altro, che il detto p.v.c. avrebbe potuto essere acquisito dal giudice di primo grado;
i motivi sono inammissibili, poichè attengono a questioni estranee alla sopra riportata ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale, pertanto, andava semmai censurata per omessa pronuncia sulle questioni medesime;
per di più, i motivi si rivelano inammissibili anche per altre ragioni: quanto al primo, perchè difetta di autosufficienza, non allegando nè la mancata conoscenza del p.v.c. da parte della società, per precedente comunicazione o notificazione, nè l’omessa riproduzione del suo contenuto essenziale negli avvisi impugnati (del resto, la CTP, come risulta dalla sentenza d’appello, ha accolto il ricorso non per difetto di motivazione degli avvisi, ma per difetto di prova in giudizio della pretesa tributaria); in ordine al secondo, perchè il p.v.c. è stato prodotto dall’Ufficio in appello e deve pertanto ritenersi che il giudice abbia ritenuto valida tale produzione, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2, e la censura, quindi, doveva semmai investire tale implicita statuizione;
in conclusione, il ricorso è inammissibile;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 5000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 29 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2017