Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11812 del 09/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 09/06/2016, (ud. 17/02/2016, dep. 09/06/2016), n.11812

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8799/2013 proposto da:

T.M., ((OMISSIS)) e B.R.

((OMISSIS)), domiciliati ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato CARLO MARSEGLIA con studio in FOGGIA, VIA DEGLI

AVIATORI 94 giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

T.A.R., ((OMISSIS)) e C.M.

R. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE

OCEANO ATLANTICO 37-H, presso lo studio dell’avvocato TITO FESTA,

che li rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 109/2012 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 20/02/2012, R.G.N. 109/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/02/2016 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

udito l’Avvocato CARLO MARSEGLIA;

udito l’Avvocato MATTEO DI STEFANO per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – Per quanto ancora rileva in questa sede, il Tribunale di Foggia, con sentenza del giugno 2009, dichiarò cessata alla data del 4 gennaio 2006 la locazione di immobile ad uso abitativo sito in (OMISSIS) intercorsa tra i locatori T.A. e C. M.R. ed i conduttori T.M. e B.R., rigettando la domanda riconvenzionale proposta dai conduttori per sentir condannare i locatori al pagamento delle somme, indebitamente percepite in misura maggiore al canone legale, di Euro 24.774,51 (o Euro 12.832,17 in base a prova documentale) per il periodo dal 1 agosto 1988 al 31 dicembre 2000, nonchè al pagamento della somma, indebitamente percepita in misura maggiore al canone di locazione pattuito contrattualmente in base alla L. n. 431 del 1998, di Euro 6.197,48 per periodo dal 1 gennaio 2001 al 31 dicembre 2005.

2. – Avverso tale decisione proponevano impugnazione T. M. e B.R., che la Corte di appello di Bari, con sentenza resa pubblica il 20 febbraio 2012, accoglieva solo in parte, condannando T.A. e C.M.R. al pagamento in favore degli appellanti della somma di Euro 6.197,48, indebitamente percepita, per periodo dal 1 gennaio 2001 al 31 dicembre 2005, rispetto al canone pattuito con il contratto stipulato per iscritto ai sensi della L. n. 431 del 1998, confermando nel resto la sentenza di primo grado.

2.1. – La Corte territoriale – in relazione al rigetto dei motivi di gravame, che interessa nel presente giudizio di legittimità aggiunte dal interrogatorio percepite nel separata dei “contestazione riteneva, anzitutto, che le dichiarazioni confitente T. A. in sede di formale (ossia “l’essere le maggiori somme primo periodo giustificate dalla locazione box nn. 5 e 6″), necessitassero di una specifica del fatto aggiunto”, non rinvenibile ex actis, risultando “troppo neutro e asintomatico per potervi apprezzare una contestazione implicita” il “comportamento processuale inerte assunto dai convenuti dopo” le predette dichiarazioni; con la conseguenza che “correttamente il primo giudice ne (aveva) dedotto che le dichiarazioni de quibus fanno piena prova nella loro integrità”.

2.2. – Il giudice di appello reputava, altresì, “incontestabile che attraverso la dichiarazione aggiunta del T.A.” fosse “stata acquisita al processo una circostanza di fatto” che non poteva “essere apprezzata diversamente rispetto ad altro soggetto che rappresenta una componente soggettiva dell’unica parte contrattuale (quella locatrice)”.

2.3. – Quanto, poi, alla somma pagata dai conduttori “a titolo di buona entrata (Lire 7.500.000)”, di cui si assumeva essere “pagamento a nero”, costituente “autonomo vantaggio in contrasto con la L. n. 392 del 1978, art. 79” e da restituirsi “a prescindere dall’eventuale locazione” dei boxes, la Corte di appello osservava che gli appellanti, sin dal primo grado, avevano “dedotto che la presunta dazione di Lire 7.500.00 in unica soluzione rappresentava l’equivalente della maggiorazione di canone da spalmare nel periodo luglio 1988 giugno 1992 (tanto che il canone effettivamente corrisposto doveva considerarsi di Lire 388.000 mensili anzichè Lire 250.000 mensili, come da ricevute rilasciate)”.

Ne conseguiva che, “anche rispetto a tale periodo, a detta eventuale maggiore dazione (quand’anche avvenuta) non può logicamente considerarsi estranea la giustificazione addotta dal T. A. in sede di dichiarazione aggiunta non adeguatamente contestata”.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono T.M. e B.R. sulla base di tre motivi.

Resistono con controricorso T.A. e C.M. R..

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2730 e 2734 c.c., art. 2697 c.c., comma 2, artt. 817 e 818 c.c., della L. n. 392 del 1978, artt. 12 e 79; dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c.;

prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione degli artt. 115, 116 e 429 c.p.c.; nonchè dedotto vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

La Corte territoriale, pur non disconoscendo che la contestazione della dichiarazione aggiunta dal confitente (ossia l’attinenza delle maggior somme percepite alla locazione separata dei boxes) potesse ricavarsi in maniera implicita dalle conclusioni, avrebbe errato a ritenere “asintomatico” il comportamento dei conduttori, che detta dichiarazione avevano contestato nel mantenere sempre ferma la richiesta di condanna alla restituzione delle somme indebitamente versate, in ragione dell’equo canone dovuto per la locazione del solo appartamento.

Il giudice di appello avrebbe comunque errato a ritenere che le dichiarazioni del confitente facessero piena prova, senza procedere ad una valutazione unitaria e complessiva di quelle favorevoli e di quelle sfavorevoli, tanto più considerando che le prime riguardavano solo il periodo dal 1 marzo 1995 al 31 dicembre 2000 e il pagamento del canone nella misura di Lire 500.000 e di Lire 600.000 e non già il periodo dal 1 luglio 1992 al 28 febbraio 1995 ed il canone di Lire 400.000 (e tantomeno il periodo precedente).

Peraltro, in sede di appello lo stesso T.A. avrebbe confessato, con la sottoscrizione della comparsa di costituzione, che la locazione dei garages era durata “per poco tempo”.

Sotto altro profilo, la Corte di appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla “domanda di determinazione del canone e di ripetizione di indebito, con o senza la locazione dei” boxes, i quali, in assenza comunque di prova circa l’autonomia del relativo rapporto di locazione, andavano invero considerati quali pertinenze dell’appartamento e, dunque, inseriti nel calcolo dell’equo canone.

2. – Con il secondo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1305, 2730 e 2734 c.c., della L. n. 392 del 1978, artt. da 12 a 21 e 79; dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c.; prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.; nonchè dedotto vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

La Corte territoriale avrebbe eluso la questione, decisiva per il giudizio, relativa all’applicabilità dell’art. 1305 c.c., in riferimento alla estensione al coobbligato solidale delle dichiarazioni aggiunte del confitente, assumendo, apoditticamente, che la circostanza di fatto non poteva essere apprezzata diversamente nei confronti di soggetto che costituiva “l’unica parte contrattuale (quella locatrice)”.

In tal senso, vi sarebbe omessa pronuncia sulla domanda di ripetizione di indebito nei confronti della C., essendovi la possibilità di una pronuncia differente rispetto al coniuge T.A..

Ove poi si ritenesse applicabile l’art. 1305 c.c., varrebbero le censure svolte con il primo motivo in punto di mancata complessiva valutazione delle dichiarazioni del T.; analogo rinvio, in ragione della omessa pronuncia sulla determinazione dell’equo canone e sulla ripetizione di indebito, varrebbe per la denuncia di violazione della L. n. 392 del 1978.

3. – Con il terzo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2734 c.c., della L. n. 392 del 1978, artt. da 12 a 21 e 79; dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c.; prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.; nonchè dedotto vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

La Corte territoriale, nell’affermare che la presunta dazione di Lire 7.500.00 rappresentava l’equivalente della maggiorazione del canone da spalmare nel periodo luglio 1988-giugno 1992, non avrebbe esaminato se tale pagamento fosse legittimo ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 79, quale nullità rilevabile anche d’ufficio.

Peraltro, il giudice di secondo grado neppure avrebbe adeguatamente considerato che la dichiarazione favorevole del T., resa in sede di interrogatorio formale, riguardava il periodo dal 1995 in poi e non già quello precedente, cui la predetta somma si riferiva.

4. – I motivi che non presentano i profili di genericità dedotti dai controricorrenti, essendo le proposte censure chiaramente intelligibili e puntualmente riferite alle affermazioni contenute in sentenza – vanno scrutinati secondo l’ordine logico che segue.

4.1. – Quanto alla doglianza – mossa con il primo motivo – vertente sulla asserita contestazione della dichiarazioni aggiunte del confitente, occorre osservare, anzitutto, che la disposizione di cui all’art. 2734 c.c., prevede che, ove la controparte non contesti la verità dei fatti o delle circostanze aggiunte dal confitente alla dichiarazione confessoria, quest’ultima fa piena prova nella sua integrità.

La norma, dunque, impone alla controparte, che intenda evitare gli effetti anzidetti, di assumere una posizione di contrasto chiaro e specifico in relazione alla portata di quegli stessi fatti e circostanze aggiunte.

Nel caso, poi, che si verta in ipotesi di confessione giudiziale e, quindi, le dichiarazioni aggiunte siano state rese nel corso di interrogatorio formale, espletato sugli specifici capitoli dedotti dalla stessa controparte (art. 230 c.p.c.), quest’ultima dovrà assumere l’atteggiamento di contrasto anzidetto nel corso successivo del processo.

Sicchè, di una siffatta condotta processuale dovrà tenersi conto nel valutare come sussistente una contestazione implicita desumibile dalle conclusioni rassegnate dalla controparte – secondo la risalente pronuncia di questa Corte ancora una volta richiamata dai ricorrenti (Cass., 29 marzo 1978, n. 1453) -, da intendersi, comunque, nel senso di conclusioni che palesino una assoluta e evidente inconciliabilità con le dichiarazioni aggiunte del confitente.

E’, pertanto, armonica rispetto alla disciplina anzidetta la valutazione della Corte territoriale che i conduttori non avessero specificamente contestato le dichiarazioni aggiunte rese dal locatore T. in sede di interrogatorio formale (concernenti l’attinenza delle maggior somme percepite alla locazione separata di due boxes), assumendo al riguardo un comportamento processuale “inerte” e così “troppo neutro e asintomatico per potervi apprezzare una contestazione implicita” di detta circostanza.

Si sottrae, pertanto, alle censure complessive dei ricorrenti – anche quelle mosse in riferimento alla asserita carenza di univocità e incontrovertibilità delle affermazioni del T., di cui sub B) del primo motivo di ricorso – la statuizione del giudice di appello che, in assenza di contestazione, ha ascritto valore probatorio pieno alle dichiarazioni rese dal confitente.

4.2. – E’, invece, inammissibile il profilo di censura (dedotto ancora con il primo motivo) che fa leva sulla mancata considerazione complessiva ed unitaria delle dichiarazioni del confitente e, segnatamente, sulla erronea considerazione del periodo di riferimento riguardante la locazione dei garages, giacchè – come emerge dal tenore dell’atto di appello (anche trascritto in ricorso) – trattasi di doglianza non prospettata, come tale e nella sua specifica portata, in sede di gravame dinanzi alla Corte territoriale (e, dunque, esclusa dal devolutum), ma proposta soltanto con il presente ricorso per cassazione.

4.3. – E’ inammissibile, altresì, il secondo motivo di ricorso, con il quale non è attinta la ratio decidendi della sentenza impugnata, giacchè si insiste nel denunciare la violazione dell’art. 1305 c.c., là dove da tale norma la statuizione del giudice di appello prescinde del tutto (cfr. sintesi al par.2.2. del “Ritenuto in fatto”).

4.4. – E’, invece, fondata la doglianza – prospettata con il primo motivo di ricorso – con cui si lamenta l’omesso esame del profilo di censura concernente la pertinenzialità dei garages rispetto all’appartamento locato, nonchè l’omessa pronuncia sulla domanda di determinazione dell’equo canone relativamente ad appartamento e garages (quali, per l’appunto, pertinenze dell’appartamento) e di restituzione delle somme indebitamente percepite, da parte dei locatori, a titolo di canoni maggiorati rispetto a quelli dovuti dai conduttori in base alla disciplina di cui alla L. n. 392 del 1978, per il periodo del primo contratto.

4.4.1. – Questa Corte ha affermato che “nella locazione di immobili urbani con destinazione abitativa ai sensi della L. n. 392 del 1978, dalla situazione fattuale contrassegnata dall’ubicazione dell’appartamento nel medesimo edificio dell’autorimessa o del posto macchina, dall’appartenenza di entrambi allo stesso proprietario e dalla loro locazione al medesimo conduttore con destinazione alle esigenze delle persone che alloggiano nell’appartamento, deriva una presunzione semplice di rapporto pertinenziale, valevole ad estendere all’autorimessa o al posto macchina le disposizioni della legge sull’equo canone ed a rendere applicabile il metodo di calcolo di cui alla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 13, per cui non è idonea di per sè ad escludere il vincolo pertinenziale la circostanza che l’autorimessa venga locata quando l’appartamento è già dotato di altro posto macchina” (Cass., 15 gennaio 2007, n. 638).

Si è, altresì, puntualizzato che “della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 26, non ha apportato sostanziali innovazioni al regime di cui alla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 18 (ovvero di cui alla L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41-sexies) che, pertanto, è applicabile alle costruzioni realizzate dopo l’entrata in vigore della L. n. 765 del 1967. La normativa richiamata pone un vincolo pubblicistico di destinazione di uso che non può essere spezzato da atti di autonomia privata, e che incide, per la sua natura cogente e inderogabile, anche nei rapporti intersoggettivi di diritto privato, tra cui quelli di locazione, sicchè ne consegue, in caso di locazione, con separati contratti, dell’appartamento e del box al medesimo conduttore (come nella specie), l’assoggettamento, ai sensi dell’art. 818 c.c., della cosa accessoria (il box) al regime locativo della cosa principale (l’appartamento)” (Cass., 21 luglio 2007, n. 16172).

4.4.2. – La Corte territoriale, sebbene investita con l’appello della specifica questione circa la pertinenzialità dei garages rispetto all’immobile locato e della domanda di complessiva determinazione dell’equo canone ai fini della restituzione della somme indebitamente percepite dai locatori a titolo di canoni di locazione illegittimamente maggiorati, ha omesso di esaminare tali motivi di gravame, arrestando la pronuncia alla considerazione del valore probatorio della dichiarazioni aggiunte del confitente, che, tuttavia, non la esimevano da prendere in considerazione i profili ulteriormente dedotti dagli appellanti – circa il rapporto pertinenziale tra appartamento e garages – e la domanda di indebito ad essi comunque correlata.

4.5. – E’, altresì, fondata la censura – dedotta con il terzo motivo di ricorso – che investe la statuizione della Corte territoriale che ha escluso costituire autonomo vantaggio contrastante con la L. n. 392 del 1978, il versamento in unica soluzione, da parte dei conduttori, della somma di Lire 7.500.000, siccome reputata pertinente al canone della locazione dell’appartamento e della locazione dei garages.

La Corte territoriale nell’ascrivere, secondo un’inferenza logica, portata estensiva alla dichiarazioni aggiunte di T.A. –

ha ritenuto, in sostanza, che anche per il periodo da luglio 1988 a giugno 1992 vi fosse da considerare il pagamento dei canoni per la locazione dei garages, oltre a quelli per l’appartamento, con la conseguenza che la somma versata in un’unica soluzione dai conduttori fosse comprensiva anche del costo della locazione dei garages.

Tuttavia, così facendo, il giudice di appello non ha considerato il vincolo di pertinenzialità tra appartamento e garages, da apprezzarsi alla luce dei principi sopra ricordati (sub 4.4.1), mancando, quindi, di tenere conto che, in siffatta evenienza, anche i canoni di locazione dei garages avrebbero dovuto essere determinati in base all’equo canone.

Con ciò, venendo meno conseguentemente anche al principio per cui, in tema di locazione di immobili ad uso non abitativo, la pattuizione della corresponsione anticipata del canone di locazione, per un periodo superiore a tre mesi, incorre nella sanzione della nullità ai sensi della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 79 e della L. 12 agosto 1974, n. 351, art. 2-ter (applicabile ratione temporis), in quanto diretta ad attribuire al locatore vantaggi superiori a quelli previsti dalla disciplina legale delle locazioni (Cass., 16 aprile 2008, n. 9971, su fattispecie riguardante azione di ripetizione, della L. n. 392 del 1978, ex art. 79, della somma versata dalla parte conduttrice in unica soluzione al momento della conclusione del contratto; Cass., 19 marzo 2015, n. 5475).

5. – Vanno, dunque, accolti il primo e terzo motivo per quanto di ragione, con rigetto delle restanti censure.

La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione e la causa rinviata alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, che, nel pronunciarsi nuovamente sulle doglianze degli appellanti relative alle domande di determinazione dell’equo canone e di indebito in riferimento al “primo contratto di locazione”, si atterrà ai principi sopra enunciati ai 4.4. (e relativi sottoparagrafi) e 4.5.

Il giudice del rinvio provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

LA CORTE accoglie il primo e terzo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione e rigetta nel resto il ricorso medesimo;

cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 17 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2016

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