Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11811 del 09/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 09/06/2016, (ud. 17/02/2016, dep. 09/06/2016), n.11811

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6425/2013 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE quale successore ex lege

dell’INPDAP, in persona dell’Avv. B.D. in qualità di

Dirigente e legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato

GIUSEPPE CIPRIANI, che lo rappresenta e difende giusta procura

speciale a margine, del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.G., + ALTRI OMESSI

;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1435/2011 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 13/01/2012, R.G.N. 2453/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/02/2016 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

udito l’Avvocato GIUSEPPE CIPRIANI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’improcedibilità e, in

subordine, per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – Per quanto ancora rileva in questa sede, con sentenza n. 1257 del 2005, il Tribunale di Verona accolse la domanda proposta contro

l’INPDAP da numerosi inquilini (nominativamente indicati in epigrafe) del medesimo Istituto, con cui essi avevano stipulato “distinti contratti di locazione con patti in deroga ai sensi del D.L. n. 359 del 1992, art. 11”, dichiarando che essi ricorrenti “erano tenuti a corrispondere solo l’equo canone ex lege n. 392 del 1978, tenuto conto delle superfici convenzionali come indicate dal C.T.U. e del costo unitario di produzione di Lire 1.461.075”, altresì condannando l’INPDAP – del quale veniva rigettata la domanda di manleva proposta contro talune società, terze chiamate in causa (tra cui la Tiresia s.r.l.) – a restituire ai ricorrenti stessi “le somme versate in eccedenza rispetto all’equo canone”.

2. – Avverso tale decisione proponeva impugnazione principale l’INPDAP, che la Corte di appello di Venezia, con sentenza resa pubblica il 13 gennaio 2012, rigettava, condannando l’Istituto a restituire agli appellati le somme da essi corrisposte in eccedenza al canone pattuito.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’INPS, successore ex lega dell’INPDAP, sulla base di un unico articolato motivo.

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli intimati 21 appellati costituitisi in secondo grado (indicati nominativamente in epigrafe), la GE.FI Fiduciaria Romana S.p.A., la C.S.C. Centro Servizi Casa s.r.l., A.M.C. e N.G..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Preliminarmente e in via assorbente (tanto da esimere il Collegio di dar conto delle ragioni dell’impugnazione), va dichiarata l’inammissibilità del ricorso nei confronti delle parti intimate, giacchè ad esse tardivamente notificato nel termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c..

2. – La sentenza impugnata della Corte di appello di Venezia è stata resa pubblica il 13 gennaio 2012 e notificata all’Inps in data 24 maggio 2012 dalla sola appellata Tiresia s.r.l. (terza chiamata nel giudizio di primo grado dall’INPDAP a fini di manleva), la quale società non è stata evocata in questo giudizio di legittimità, con conseguente passaggio in giudicato della predetta sentenza soltanto nei suoi confronti, giacchè, nella specie, si verte in un’ipotesi di garanzia impropria che ha dato luogo a cause scindibili o, comunque, tra loro indipendenti, per cui il termine per l’impugnazione non è unico, ma decorre dalla data delle singole notificazioni della sentenza a ciascuno dei titolari dei diversi rapporti definiti con l’unica sentenza, mentre per le altre parti si applica la norma dell’impugnabilità nel termine di cui all’art. 327 c.p.c. (Cass., 4 febbraio 2010, n. 2557).

3. – In riferimento agli intimati in questa sede, già parti del giudizio di appello, il ricorso è stato affidato per la notificazione all’ufficiale giudiziario il (venerdì) 1 marzo 2013 e, dunque, oltre il termine lungo di 1 anno e 46 giorni (comprensivo della sospensione feriale) di cui all’art. 327 c.p.c., che scadeva il 28 febbraio 2013.

Nè, al riguardo, può darsi rilievo alla stampigliatura, sul retro dell’ultima pagina del ricorso, di un cronologico n. 9734 in data (apparentemente) 18 febbraio 2013, giacchè non solo senza indicazione alcuna dell’ufficio notificatorio di provenienza, ma, soprattutto, in insanabile contraddizione con il confezionamento del ricorso ed il rilascio della procura alle liti, quest’ultima in data 27 febbraio 2013 ed il primo sottoscritto dal difensore in data 24 febbraio 2013, là dove, peraltro, sulla prima pagina dello stesso ricorso è anche riportata la dicitura, funzionale alla notificazione dell’atto, “ultimo giorno 28/2/2013”, che assume, essa sì, e in modo significativo, valenza congruente rispetto alla predisposizione dell’atto di impugnazione in questa sede.

Sicchè, ne deriva che l’unica data assolutamente certa di consegna del ricorso all’ufficiale giudiziario per la relativa notificazione è soltanto quella del 1 marzo 2013, che, come detto, risulta essere successiva al maturare del termine legale lungo di impugnazione.

3.1. – Non può, peraltro, sottacersi, ad abundantiam, che, a fronte delle conclusioni del p.m. d’udienza, che vertevano (anche) sulla rilevata inammissibilità del ricorso per tardività della sua proposizione, il difensore dell’Inps non ha affatto opposto argomentazioni che ne contrastassero la consistenza sul punto, mancando di replicare ad esse con osservazioni scritte ai sensi dell’art. 379 c.p.c..

4. – Il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile.

Nulla è da disporsi in punto di regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità nei confronti delle parti intimate, non avendo esse svolto attività difensiva in questa sede.

PQM

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 17 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2016

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