Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11809 del 09/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 09/06/2016, (ud. 17/02/2016, dep. 09/06/2016), n.11809

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9897/2013 proposto da:

C.A.C., (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 76, presso lo studio

dell’avvocato ANTONELLA FAIETA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ROSA MARIA PULINO giusta procura speciale

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.T.F.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ZANARDELLI 23, presso lo studio dell’avvocato DI STEFANO GIUSEPPE,

rappresentato e difeso dall’avvocato FABIO MAGGIORE giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

G.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1782/2012 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 27/12/2012, R.G.N. 2332/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/02/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito l’Avvocato PATRIZIA SANTORO per delega;

udito l’Avvocato FABIO MAGGIORE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’improcedibilità in subordine

per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Nel dicembre del 2004 C.A.C. ed G.A., adducendo di essere coniugi di fatto separati ma in regime di comunione di beni, convenivano con ricorso ai sensi dell’art. 447 bis c.p.c., davanti al Tribunale di Palermo D.T.F.P. con un’azione ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 38, che fondavano sulle seguenti circostanze:

a) nel 1988 la C. aveva ricevuto in locazione, con contratto stipulato verbalmente per ragioni di amicizia, un immobile dai germani D.L.L. e M.L., adibendolo a casa familiare;

b) che la D.L. ed il figlio I.G., “agendo all’insaputa” della C., il 14 maggio 2004 avevano intimato sfratto per morosità al G. ottenendone la convalida nei suoi confronti pur avendolo citato con notificazione ai sensi dell’art. 140 c.p.c., ancorchè egli non fosse conduttore e non fosse residente e domiciliato nell’immobile;

c) che, con atto di compravendita del 28 giugno 2004, l’immobile era stato acquistato dal D.T., il quale aveva intimato precetto di rilascio l’11 ottobre 2004 e, quindi, il preavviso di sloggio il 5 novembre 2004;

d) che lo svolgimento della vicenda evidenziava la violazione del diritto di prelazione di cui della L. n. 431 del 1998, art. 3, lett. g), avendo l’intimazione di sfratto assunto in realtà il valore di “disdetta sostanziale” motivata dall’intenzione dei locatori di alienare l’immobile.

2. Nella costituzione del D.T. il Tribunale, con sentenza del 4 novembre del 2005, rigettava la domanda nel presupposto che la vendita fosse avvenuta quando il rapporto era già cessato in forza della convalida.

3. Detta sentenza veniva emessa a seguito dello svolgimento separato davanti allo stesso Tribunale palermitano – peraltro dinanzi allo stesso magistrato assegnatario – del giudizio introdotto il 26 novembre 2004 dalla C., ai sensi dell’art. 404 c.p.c., comma 1, contro gli intimanti ed il G. avverso l’ordinanza di convalida di sfratto.

Detto giudizio si concludeva con sentenza del 5 ottobre 2005 che rigettava l’opposizione della C..

Quella sentenza veniva appellata dalla C. e dal G. e la Corte d’Appello di Palermo, con sentenza del 22 gennaio 2010, riuniti gli appelli, in riforma della sentenza del primo giudice, accoglieva l’opposizione caducando l’ordinanza di convalida e dichiarando la conduzione iure locationis dell’immobile da parte della C..

Il ricorso per cassazione della D.L. e dell’Inguaggiato contro detta sentenza veniva dichiarato inammissibile da questa Corte con ordinanza n. 1442 del 2012.

4. La sentenza resa nel giudizio ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 38, veniva frattanto appellata dalla C. e, nella costituzione del G., che aderiva all’appello, e del D. T. che vi resisteva, la Corte d’Appello di Palermo, dopo avere sospeso il giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c., per l’asserita pregiudizialità della controversia ai sensi dell’art. 404 c.p.c., comma 1, davanti ad essa pendente, a seguito della sua riassunzione da parte della C. nell’aprile del 2012, dopo l’ordinanza di questa Corte che l’aveva definito, con sentenza del 27 dicembre 2012 rigettava l’appello.

4.1. Contro questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, la C. contro il D.T. e nei confronti del G.. Vi ha resistito con controricorso il D. T..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare dev’essere dichiarata inammissibile la memoria ex art. 378 c.p.c., fatta pervenire a mezzo posta dal D.T., giusta il principio di diritto secondo cui: “L’art. 134 disp. att. c.p.c., comma 5, a norma del quale il deposito del ricorso e del controricorso, nei casi in cui sono spediti a mezzo posta, si ha per avvenuto nel giorno della spedizione, non è applicabile per analogia al deposito della memoria, perchè il deposito di quest’ultima è esclusivamente diretto ad assicurare al giudice ed alle altre parti la possibilità di prendere cognizione dell’atto con il congruo anticipo – rispetto alla udienza di discussione – ritenuto necessario dal legislatore e che l’applicazione del citato art. 134 finirebbe con il ridurre, se non con l’annullare, con lesione del diritto di difesa delle controparti” (Cass. (ord.) n. 182 del 2011; ma già Cass. n. 17726 del 2006).

2. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione della L. n. 431 del 1998, art. 3, lett. g), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Nonchè violazione della L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 38 e 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Nell’illustrazione si sostiene che la Corte territoriale “con semplicistiche affermazioni” avrebbe ritenuto che l’esistenza del diritto di prelazione non sarebbe consequenziale al riconoscimento di un rapporto di locazione in corso al momento della compravendita dell’immobile e lo avrebbe fatto “senza considerare che a norma della L. n. 431 del 1998, art. 3, lett. g), quando il locatore intenda vendere l’immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo, oltre a quello adibito ad abitazione propria, il conduttore ha diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui della L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 38 e 39”.

La prospettazione vorrebbe essere chiarita dal successivo assunto che, pur non essendovi dubbio che è mancata una manifestazione di volontà del locatore di non voler rinnovare il contratto come pure la notificazione di cui all’art. 38 citato, tuttavia tali “azioni” sarebbero state “di fatto sostituite da altre azioni (sfratto e convalida a soggetto diverso dalla conduttrice (…) vendita abusiva e frettolosa ad un terzo (…) esecuzione forzata per il rilascio dell’appartamento (…)) che hanno, invece, confermato la volontà degli originari proprietari di voler vendere e nel contempo, in assoluta malafede, di voler invitare l’effettiva conduttrice ( C.) ad acquistare l’immobile”.

2.1. Il motivo è inammissibile in quanto non identifica nè espressamente nè indirettamente quelle che chiama “semplicistiche affermazioni” che avrebbe fatto la Corte territoriale e che vorrebbe criticare. Tale omissione è ancora più evidente giacchè prima dell’inizio dell’esposizione dei motivi ed in chiusura dell’esposizione del fatto, il ricorso riproduce la motivazione della sentenza impugnata, sicchè sarebbe stato agevole identificare le c.d. semplicistiche affermazioni.

Poichè il motivo di ricorso per cassazione, come ogni motivo di impugnazione deve necessariamente risolversi in una critica della motivazione della sentenza impugnata è palese che la sua illustrazione deve ex necesse individuare l’oggetto della critica, cioè la motivazione. Ne consegue che, se tale individuazione manca, si è in presenza di un motivo che del motivo non ha i requisiti minimi per raggiungere lo scopo e, dunque, di un’attività argomentativa nulla con consequenziale inammissibilità del motivo stesso (Cass. n. 359 del 2005, seguita da numerose conformi).

2.2. Peraltro, il ragionamento giuridico prospettato nel motivo, sebbene senza alcuna pregressa individuazione della motivazione rispetto alla quale si dovrebbe prestare ad assumere valore di critica in iure, è del tutto privo di fondamento al livello di mera prospettazione astratta.

Invero, è un argomentare del tutto privo di base giuridica il predicare che la fattispecie di cui alla L. n. 431 del 1998, art. 3, comma 1, lett. g), siccome giustificativa del diritto di prelazione di cui alla L. n. 392 del 1978, artt. 38 e 39, da essa richiamato, possa configurarsi per equivalenza di uno sfratto per morosità e della conseguente esecuzione ad una disdetta motivata intimata ai sensi di detta norma e che, pertanto, la vendita dell’immobile cui la parte locatrice abbia dato corso ricada sotto l’efficacia del diritto di prelazione.

2.2.1. Lo è innanzitutto perchè nella specie difetta ormai la stessa pretesa situazione giustificativa dell’equivalenza postulata, giacchè il passaggio in cosa giudicata – per effetto della dichiarazione di inammissibilità del ricorso contro di essa pronunciata dall’ord. n. 1442 del 2012 di questa Corte – della sentenza della corte di appello palermitana che accolse l’opposizione della qui ricorrente ai sensi dell’art. 404 c.p.c., comma 1, ha eliminato la stessa fattispecie di cessazione della locazione in forza dello sfratto per morosità sizgatto; restituendo la ricorrente nella posizione di conduttrice di un rapporto rimasto pendente.

2.2.2. In secondo luogo, lo è perchè l’istituto della prelazione L. n. 392 del 1978, ex artt. 38 e 39, viene in rilievo in relazione alla vendita dell’immobile che il locatore comunichi di voler effettuare come ragione di denegazione del rinnovo della locazione disciplinata dalla L. n. 431 del 1998, alla prima scadenza e non certo – come mostra implicitamente di credere la ricorrente – nè in relazione alla vendita dell’immobile effettuata dal locatore in pendenza della locazione, nel caso di specie ripristinata dalla decisione sull’opposizione ai sensi dell’art. 404 c.p.c., comma 1, nè – a prescindere da tale ripristino – per il fatto che una vendita sia stata fatta dopo la provocazione della cessazione della locazione con un’azione di sfratto per morosità esercitata non contro la locatrice ma contro altro soggetto e poi appunto oggetto dell’opposizione della locatrice: infatti, in questa seconda evenienza la restituzione della locatrice nella posizione contraddetta dall’accoglimento dell’azione di sfratto ed il ripristino del rapporto fa assumere alla vendita, intervenuta – come nella specie – dopo l’illegittima convalida di sfratto, nient’altro che il valore di una vendita intervenuta nel corso della pendenza della locazione.

Al riguardo, è appena il caso di rilevare che la prelazione di cui agli artt. 38 e 39 citati nelle locazioni abitative soggette al regime della L. n. 431 del 1998, non opera, come invece, nelle locazioni ad uso diverso da quello abitativo e di cui alla L. n. 392 del 1978, artt. 27 e segg., in relazione alla vendita verificatasi durante la vigenza del rapporto locativo, trattandosi di prelazione riconosciuta solo allorquando l’intenzione di vendere sia manifestata dal locatore come motivo di diniego di rinnovo alla prima scadenza.

Considerazioni queste con cui la motivazione della sentenza impugnata è sostanzialmente in sintonia.

3. Con il secondo motivo si denuncia “motivazione in parte omessa e in parte insufficiente e contraddittoria circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vigente ratione temporis; e in ogni caso omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, nuova formulazione”.

Il motivo – la cui perplessa intitolazione va sciolta nel senso che il paradigma del n. 5 applicabile è quello oggi vigente, attesa la data di pubblicazione della sentenza impugnata – addebita alla Corte territoriale di non avere considerato quanto essa stessa aveva affermato nell’ordinanza con cui aveva sospeso il corso del giudizio di appello in attesa della definizione del giudizio sull’opposizione di terzo, cioè che l’accoglimento dell’appello sull’opposizione di terzo alla convalida di sfratto avrebbe reso inefficace la vendita stipulata in favore del D.T. dai D.L..

3.1. Così espresso il motivo non è riconducibile in alcun modo al paradigma del n. 5 attuale, giacchè la motivazione dell’ordinanza de qua non può certo essere considerata un “fatto” nella nozione supposta da esso, siccome esplicitata da Cass. sez. un. n. 8053 e 8054 del 2014. Infatti, si tratta di una mera argomentazione in iure svolta a sostegno della disposta sospensione.

3.2. D’altro canto, se, alla stregua di Cass. sez. un. n. 17931 del 2013, si intendesse il motivo come volto a prospettare in realtà l’erroneità in iure della sentenza impugnata in forza dell’argomento che la stessa Corte territoriale aveva enunciato nell’ordinanza di sospensione, si dovrebbe rilevare – in disparte l’anomalia di una sospensione per pregiudizialità di procedimento pendente davanti allo stesso ufficio senza verificare la possibilità di una riunione – che quanto affermato da quella Corte era privo di pregio, giusta le considerazioni svolte a proposito del primo motivo, non essendo affatto corretto in iure postulare che l’accoglimento dell’opposizione di terzo della C. avrebbe determinato l’inefficacia della vendita.

Il motivo è, pertanto, rigettato.

4. Il terzo motivo denuncia “mancata applicazione della L. n. 431 del 1998, art. 2, comma 6 e art. 1, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Il motivo sostiene che erroneamente la Corte palermitana avrebbe affermato che il contratto, in quanto stipulato nel febbraio 1998, si, era rinnovato sino al 2002 tacitamente e, quindi, in assenza di disdetta sino al 2006 per un altro quadriennio. Viceversa, la rinnovazione sarebbe avvenuta per un primo quadriennio sino al 2006 con possibilità di denegare motivatamente il rinnovo e per altro quadriennio sino al 2010, secondo il regime emergente dalle disposizioni della L. n. 431 del 1998, di cui all’intestazione del motivo.

Poichè la vendita risulterebbe effettuata nel primo quadriennio di durata del periodo di rinnovazione ne sarebbe derivata la violazione della prelazione.

4.1. Il motivo è privo di fondamento: fermo che il regime della rinnovazione intervenuta nel 2002, cioè alla scadenza del periodo di vigenza del contratto collocantesi a cavallo dell’entrata in vigore della L. n. 431 del 1998, effettivamente sarebbe quello descritto dalla ricorrente (si veda Cass. n. 8943 del 2008) e considerato, peraltro, che la Corte territoriale si è limitata a dire che alla scadenza del 2002 il rinnovo ebbe luogo per quattro anni ma senza ulteriori specificazioni, che evidenzino il regime di tale scadenza, si deve rilevare che ancora una volta viene riproposta la inconsistente prospettazione che essendo la vendita avvenuta in un periodo di durata del contratto la cui scadenza avrebbe potuto essere provocata solo con un diniego di rinnovo motivato, la prelazione sarebbe stata operante per il sol fatto della vendita e non invece per l’esercizio alla scadenza di un diniego di rinnovo motivato dall’intenzione di vendere.

5. Il quarto motivo denuncia “violazione degli artt. 1337 e 1375 c.c., in relazione alla L. n. 431 del 1998, art. 3, lett. g) e in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Il motivo torna a riproporre la già svolta prospettazione che la prelazione di cui si discorre non esigerebbe necessariamente una manifestazione di diniego di rinnovo alla prima scadenza del rapporto locativo, fondata sull’intenzione di vendere l’immobile, ma si configurerebbe anche in situazioni come quella occorsa, in cui i locatori avevano conseguito un titolo di rilascio illegittimamente e alienato l’immobile poco dopo.

5.1. Il motivo pretende di superare il principio di diritto fatto proprio dalla sentenza impugnata, ancorchè senza indicare la sentenza di questa Corte che l’ha affermato, cioè quello – enunciato da Cass. n. 25450 del 2010 e ribadito da Cass. n. 5596 del 2014 –

secondo cui “nel vigore della L. 9 dicembre 1998, n. 431 e di alienazione a terzi, successivamente alla intimazione della disdetta da parte del locatore, dell’immobile locato in tanto sussiste il diritto di prelazione del conduttore e, quindi, di riscattare, nei confronti del terzo acquirente, l’immobile condotto in locazione, in quanto il locatore abbia manifestato, nella disdetta, la intenzione di vendere a terzi l’unità immobiliare (giustificando con tale intenzione la propria opposizione alla rinnovazione del contratto alla scadenza). Il diritto di prelazione (e di riscatto), pertanto, non sorge qualora la disdetta sia immotivata, derivando da tale circostanza – accertato che la disdetta è stata, illegittimamente, intimata per la prima scadenza unicamente il diritto del conduttore alla rinnovazione del contratto”.

Senonchè, in disparte sia il rilievo che a fondamento della prospettiva di superare tale orientamento si evocano in modo del tutto improprio le norme degli artt. 1337 e 1375 c.c., che concernono l’esegesi dei negozi giuridici e non quella delle norme di legge come l’art. 3, comma 1, lett. g), sia il rilievo che viene evocata anche come affermativa di un principio identico a quello della sentenza n. 25450 del 2010, Cass. n. 4919 del 2010, che invece è una decisione della Sezione Tributaria, si rileva ancora una volta che:

a) non solo la giurisprudenza richiamata dalla corte palermitana è, a ben vedere priva di pertinenza, atteso che nella specie l’illegittima provocazione della cessazione della locazione avvenne per morosità e non alla scadenza di un periodo di durata contrattuale, onde quella Corte nemmeno avrebbe avuto ragione di evocarla;

b) in ogni caso ed in maniera assorbente lo stesso effetto di quella illegittima cessazione è venuto meno a seguito dell’esito del giudizio di opposizione di terzo.

5.2. Il motivo è, pertanto, del tutto privo di un pur minimo fondamento per indurre a riflettere, ammesso che sia possibile, sul ricordato principio di diritto, atteso che la soluzione della lite con il rigetto della domanda di prelazione avrebbe dovuto e potuto essere giustificato – il che integrerebbe una correzione della motivazione della sentenza impugnata – dal fatto che la stessa fattispecie di cessazione della locazione, assunta (infondatamente e contro il paradigma dell’art. 3, lett. g), che esige un diniego di rinnovazione alla prima scadenza, mentre nella specie vi era stato sfratto per morosità) a sostegno della pretesa, era venuto meno per effetto dell’esito del giudizio ai sensi dell’art. 404 c.p.c., comma 1.

6. Il ricorso è, conclusivamente rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014. Non è luogo a provvedere sulle spese nel rapporto fra ricorrente e intimato.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione al resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro cinquemilaseicento, di cui duecento per esborsi, oltre accessori e spese generali come per legge come per legge. Nulla per le spese del giudizio di cassazione nel rapporto fra ricorrente ed intimato.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 17 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2016

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