Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11809 del 05/05/2021

Cassazione civile sez. I, 05/05/2021, (ud. 27/01/2021, dep. 05/05/2021), n.11809

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso 21609/2016 proposto da:

Ministero della Giustizia, in persona del ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

S.S.;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di LECCE, del 13/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/01/2021 dal cons. Dott. VALITUTTI ANTONIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso notificato il 20 febbraio 2015, S.S. adiva il Tribunale di Taranto, chiedendo di essere risarcito, ai sensi del D.L. n. 92 del 2014, art. 35ter del pregiudizio subito – tra il 1999 ed il 2012 – per essere stato sottoposto, durante diversi periodi di detenzione presso varie case circondariali ((OMISSIS)) ad un trattamento disumano e degradante. Il convenuto Ministero della Giustizia si costituiva, eccependo la prescrizione relativamente alle pretese anteriori al quinquennio precedente alla data del deposito in cancelleria del ricorso introduttivo, ai sensi dell’art. 2947 c.c.

2. Il Tribunale di Lecce – dinanzi al quale il giudizio veniva riassunto a seguito della dichiarazione di incompetenza – con decreto del 13 giugno 2016, notificato il 24 giugno 2016, accoglieva in parte la domanda del ricorrente, in relazione ai periodi dal 3 dicembre 2001 al 5 settembre 2009. Il giudice di merito rigettava, invero, l’eccezione di prescrizione quinquennale ex art. 2947 c.c. proposta dall’Amministrazione, ritenendo che nel caso di specie, non si tratterebbe di un’obbligazione risarcitoria da illecito, ex art. 2043 c.c., ma di un’obbligazione nascente da “contatto sociale qualificato”, come tale soggetta al termine decennale di prescrizione. Il giudicante rimetteva, quindi, la causa in istruttoria, relativamente al periodo di detenzione del S. presso il carcere di (OMISSIS), mancando agli atti la relazione concernente il relativo periodo.

3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il Ministero della Giustizia nei confronti di S.S., affidato ad un solo motivo. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, il Ministero della Giustizia denuncia la violazione dell’art. 2935 c.c. e della L. n. 354 del 1975, art. 35ter in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.1. Deduce il ricorrente che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che nel caso di specie si fosse in presenza di un’ipotesi di responsabilità da “contatto sociale qualificato”, con la conseguenza che – trattandosi di una responsabilità di tipo contrattuale – il termine di prescrizione applicabile sarebbe quello ordinario decennale, di cui all’art. 2946 c.c., e non quello quinquennale, ai sensi dell’art. 2947 c.c. Ben al contrario, ad avviso dell’Amministrazione, si verserebbe in una fattispecie di mera “semplificazione processuale della più generale azione di cui all’art. 2043 c.c.”, non avendo il D.L. 26 giugno 2014, n. 92, convertito nella L. 11 agosto 2014, n. 117, introdotto – con la della L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 35ter – un nuovo illecito civile, bensì solo una nuova disciplina per il risarcimento dello specifico pregiudizio conseguente alla detenzione in condizioni di sovraffollamento, già in precedenza riconoscibile ai sensi dell’art. 3 CEDU e art. 2043 c.c.

1.2. Il mezzo è infondato.

1.2.1. La giurisprudenza di questa Corte ha, invero, affermato il principio secondo cui il diritto ad una somma di denaro pari a otto Euro per ciascuna giornata di detenzione in condizioni non conformi ai criteri di cui all’art. 3 della CEDU, previsto dalla L. n. 354 del 1975, art. 35ter, comma 3, come introdotto dal D.L. n. 92 del 2014, art. 1 convertito con modifiche dalla L. n. 117 del 2014, si prescrive in dieci anni, trattandosi di un indennizzo che ha origine nella violazione di obblighi gravanti “ex lege” sull’amministrazione penitenziaria. Il termine di prescrizione decorre dal compimento di ciascun giorno di detenzione nelle suindicate condizioni, salvo che per coloro che abbiano cessato di espiare la pena detentiva prima del 28 giugno 2014, data di entrata in vigore del D.L. cit., rispetto ai quali, se non sono incorsi nelle decadenze previste dal D.L. n. 92 del 2014, art. 2 il termine comincia a decorrere solo da tale data (Cass. Sez. U., 08/05/2018, n. 11018; Cass., 03/08/2018, n. 20528; Cass., 29/08/2019, n. 21789).

1.2.2. Da tali coordinate interpretative deriva la piena correttezza della decisione impugnata dal Ministero della Giustizia, avendo il Tribunale applicato la prescrizione decennale con decorrenza – essendo la detenzione del S. cessata prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 92 del 2014, ossia del 28 giugno 2014 – da tale data, e dovendo escludersi la decadenza per il decorso del termine di sei mesi dall’entrata in vigore di detta normativa, essendo stato il ricorso proposto il 26 dicembre 2014.

2. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, rigettato, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato nel presente giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2021

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