Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11807 del 09/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 09/06/2016, (ud. 17/02/2016, dep. 09/06/2016), n.11807

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9727/2013 proposto da:

GALILEI 8 SOCIETA’ SEMPLICE DI F.E., (OMISSIS) in

persona del legale amministratore pro tempore Dott.ssa F.A.,

domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati FERDINANDO BARUCCO

e GIORGIO BOTTANI giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE TITO LIVIO

179, presso lo studio dell’avvocato DE LUIGI ANGELA, rappresentato

e difeso dall’avvocato C.A. difensore di sè medesimo;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3638/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 12/12/2012, R.G.N. 84/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/02/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito l’Avvocato GIORGIA MINOZZI per delega;

udito l’Avvocato C.A.;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Galilei 8 Società Semplice di F.E. ha proposto ricorso per cassazione contro C.A. avverso la sentenza del 12 dicembre 2012 con cui la Corte d’Appello di Milano, in riforma della sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Lodi, ha rigettato la domanda di finita locazione relativa ad un immobile ad uso abitativo condotto in locazione dal C. e sito in (OMISSIS), che invece era stata accolta dal primo giudice ed ha, conseguentemente caducato l’ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c., che era stata emessa dal Tribunale nonostante l’opposizione del C. all’intimazione di convalida di sfratto con cui l’azione era stata introdotta nel 2008.

2. Al ricorso ha resistito con controricorso il C..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare il Collegio rileva l’inammissibilità del ricorso per assoluta carenza del requisito dell’esposizione sommaria del fato, di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3.

Queste le ragioni.

1.1. Nella parte del ricorso intitolata allo “svolgimento del processo” parte ricorrente si è limitata a riferire:

a) che con l’atto di intimazione di sfratto per finita locazione essa ricorrente evocava in giudizio dinanzi al Tribunale di Lodi il C. riguardo ad un immobile sito in (OMISSIS): al riguardo nessuna precisazione è stata fornita delle ragioni della domanda e, in particolare del regime della locazione e della data di scadenza della locazione;

b) che l’intimato si costituiva con comparsa di risposta e si opponeva alla convalida assumendo che l’opposizione era fondata su prova scritta: in proposito nulla si dice delle ragioni dell’opposizione;

c) che la causa “veniva pertanto istruita” e veniva emessa sentenza, di cui viene riportato il dispositivo, dal quale si apprende che il contratto, stipulato il 30 novembre 1999, venne dichiarato cessato alla scadenza del 10 novembre 2007, con conferma dell’ordinanza di rilascio pronunciata nella fase sommaria e della data di rilascio del 31 dicembre 2009, colà fissata: nessuna specificazione si fornisce delle ragioni della decisione;

d) che il C. appellava la sentenza del Tribunale di Lodi prospettando le conclusioni che vengono riprodotte e dalle quali si apprende che il mdesimo chiese la riforma della sentenza di primo grado per “la mancanza di legittimazione attiva da parte della ricorrente F.A. a rappresentare legalmente la soc. Galilei 8 società semplice di F.E. – C.F.: (OMISSIS) per i motivi già esposti con ogni conseguenza di legge: nullità della disdetta formulata suo tramite e rigetto della domanda di risoluzione del contratto per finita locazione”;

e) che la ricorrente si costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto dell’appello: nessuna specificazione si fornisce delle ragioni dell’atto difensivo;

f) che la Corte meneghina accolse l’appello: della sentenza ci si limita a riportare il dispositivo senza alcuna indicazione delle ragioni dell’accoglimento.

1.2. Le segnalate carenze dell’esposizione del fatto sostanziale e processuale la rendono del tutto inidonea ad assolvere all’onere del requisito dell’art. 366 c.p.c., n. 3.

1.3. Invero, si deve ricordare che è principio consolidato quello secondo cui: “Il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è volto a garantire la regolare e completa instaurazione del contraddittorio e può ritenersi soddisfatto, senza necessità che esso dia luogo ad una premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi, laddove il contenuto del ricorso consenta al giudice di legittimità, in relazione ai motivi proposti, di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata” (Cass. sez. un. n. 11653 del 2006).

Le stesse Sezioni Unite avevano, d’altro canto, già osservato che “Il disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato” (Cass. sez. un. n. 2602 del 2003).

E’ stato, del resto, nella logica dei principi affermati dalle Sezioni Unite efficacemente detto che “per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito. Il principio di autosufficienza del ricorso impone che esso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa” (ex multis, Cass. n. 7825 del 2006; n. 12688 del 2006).

Ebbene, la sopra riportata esposizione del fatto nel ricorso in esame è del tutto carente secondo i principi di diritto che si sono ricordati, atteso che non si indicano – sebbene in modo del tutto sommario e riassuntivo – nè le ragioni della domanda di finita locazione, nè le difese svolte innanzi al giudice della convalida dal C. e poste a base dell’opposizione, nè i contenuti dell’attività istruttoria espletata in primo grado, nè le ragioni della decisione, nè le ragioni dell’appello (attesa l’assoluta incomprensibilità, in ragione delle segnalate carenze, di quanto emerge dalle conclusioni circa la mancanza di legittimazione della società F.), nè le difese svolte in appello dall’appellata, nè, in fine, le ragioni della decisione della Corte ambrosiana.

Il ricorso è, dunque, inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3, perchè chi legge la parte di esso dedicata allo “svolgimento del processo” non è messo in grado di comprendere, seppure in modo minimale riassuntivo il c.d. fatto sostanziale e processuale.

2. Peraltro, se si passasse ad esaminare l’unico motivo del ricorso (deducente “erronea interpretazione ed applicazione delle norme e dei principi in tema di legittimazione attiva. Omessa considerazione di documenti decisivi per la decisione”), si avrebbe innanzitutto la conferma che nemmeno nella sua esposizione trovano rimedio le carenze dell’esposizione del fatto, atteso che le argomentazioni illustrative vengono svolte senza offrire una pur sommaria descrizione di quanto risulta carente nell’esposizione del fatto, sicchè ne riesce preclusa la stessa intelligenza del motivo e l’apprezzamento della sua pertinenza sia rispetto alla incognita dinamica processuale di merito sia rispetto alla sentenza impugnata.

3. Il Collegio rileva, inoltre, che l’esposizione del motivo risulta anche e comunque inosservante del requisito dell’art. 366 c.p.c., n. 6, giacchè vi si evocano una serie di documenti e un atto processuale – cioè, il contratto di locazione (in cui si dice che si sarebbe verificata l’erronea indicazione della partita i.v.a.), una non meglio individuata corrispondenza tra il C. e la F., anche per il tramite di un legale, un atto di cessione di quote di società semplice e modifica dei patti sociali, il contenuto di un’eccezione svolta dal C. – senza fornire l’indicazione specifica richiesta dall’art. 366 c.p.c., n. 6, ed in particolare senza indicare se e dove detti documenti sarebbero esaminabili ove prodotti, in questo giudizio di legittimità, e senza indicare dove l’eccezione avversaria e con quali contenuti era stata svolta.

Neppure si riproduce direttamente od indirettamente il contenuto dei documenti con indicazione della parte in cui troverebbe corrispondenza l’indiretta riproduzione.

In tal modo risultano violati i principi esegetici su detta norma affermati da consolidata giurisprudenza della Corte: ex multis, per i documenti, Cass. (ord.) n. 22303 del 2008; Cass. sez un. nn. 28547 del 2008 e 7161 del 2010; per gli atti processuali, Cass. sez. un. n. 22726 del 2011).

4. Si deve ancora aggiungere che l’unico motivo viene indicato: aa) senza alcuna parametrazione con il paradigma dell’art. 360 c.p.c.;

bb) senza alcuna indicazione specifica delle norme di diritto violate e dei “principi in tema di legittimazione attiva”; cc) con l’enunciazione di una indicazione – quella relativa all’omessa considerazione di documenti decisivi – che non è ricondotta ad alcuna delle ipotesi dell’art. 360 c.p.c..

Nè le lacune segnalate nell’indicazione del motivo trovano rimedio nella successiva esposizione, la quale, in disparte che vi viene in modo preciso assunta a critica la motivazione della sentenza impugnata opportunamente individuata, si connota in considerazioni relative a quaestiones facti del tutto al di fuori dei limiti in cui il nuovo n. 5 dell’art. 360 c.p.c., siccome individuati da Cass. sez. un. n. 8053 e 8054 del 2014.

5. Le plurime gradate ragioni di inammissibilità enunciate esimono dal considerare, cosa che supporrebbe il passare alla lettura del controricorso, l’eccezione lì svolta nel senso che la ricorrente si è qualificata come “Galilei 8 Società Semplice di Fo.

E., P.I.: (OMISSIS)”, mentre la sentenza è stata pronunciata in confronto della “Galilei 8 Società Semplice di Fo.Em., P.I.: (OMISSIS)”.

6. 11 ricorso è dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione al resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro duemila, di cui duecento per esborsi, oltre accessori e spese generali come per legge come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 17 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2016

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