Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11806 del 05/05/2021

Cassazione civile sez. I, 05/05/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 05/05/2021), n.11806

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25173/2015 proposto da:

D.F., D.C., elettivamente domiciliati in

Roma, Piazzale Clodio n. 57, presso lo studio dell’avvocato Amoroso

Maria Immacolata, rappresentati e difesi dall’avvocato Gargano

Pasquale, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Consorzio Salerno Casa, in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Ferrentino Feliciana, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.c.a.r.l., in persona del curatore avv.

I.A., elettivamente domiciliato in Roma, Piazzale Clodio n. 32,

presso lo studio dell’avvocato Bertone Pasquale, rappresentato e

difeso dall’avvocato Soluri Jacopo, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

Cooperativa Co.Ce.Re.St. S.c.a.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Federico Cesi n. 44, presso lo studio dell’avvocato Molinaro Luigi,

rappresentata e difesa dall’avvocato Cancellario Camillo, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

Comune di Salerno, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Viale Tiziano n. 80, presso lo studio

dell’avvocato Ricciardi Paolo, rappresentato e difeso dagli avvocati

Di Mauro Aniello, Gruosso Carmine, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

contro

Cooperativa (OMISSIS) r.l.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 210/2015 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 16/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/01/2021 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 210/2015 depositata il 16-3-2015, la Corte d’Appello di Salerno ha dichiarato inammissibili le domande proposte in due separati giudizi, poi riuniti, da D.F. e D.C. nei confronti del Comune di Salerno, con l’intervento volontario, nel primo giudizio, del Consorzio Salerno Casa e della Cooperativa (OMISSIS), e con la chiamata in causa, nel secondo giudizio, delle stesse suddette parti e della Cooperativa CO.CE.REST. scarl, aventi ad oggetto opposizione alla stima D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 54 e domanda di declaratoria di erroneità della determinazione dell’indennità di espropriazione, stimata nella somma di Euro 134.724,62, a causa dell’incongruità di detta somma, in relazione ai decreti di esproprio n. 25 del 13/10/2009 e n. 18 del 16/4/2010, emessi per l’acquisizione di beni immobili di proprietà degli attori finalizzata alla costruzione di 480 alloggi di edilizia agevolata e convenzionata. La Corte d’appello ha ritenuto che: i) l’atto di accettazione dell’indennità provvisoria in data 11-5-2006 da parte degli espropriati fosse irrevocabile, salva restando la possibilità per gli stessi di intentare un ordinario giudizio di cognizione dinanzi al giudice di primo grado diretto a contestare la validità dell’accordo circa la misura dell’indennità e per farne accertare l’eventuale nullità, annullabilità e rescindibilità, come da giurisprudenza di questa Corte richiamata nella sentenza; ii) in relazione alla domanda attorea estesa alle cooperative concessionarie e al Consorzio, fosse indubbia la soggezione di detti soggetti di onorare le obbligazioni assunte, come da atti depositati, pur non conseguendo affatto una pronuncia ai danni degli stessi in base alle considerazioni espresse in merito all’infondatezza delle pretese azionate dalle parti espropriate; iii) quanto alle spese di lite, ferma la condanna dei soccombenti nei confronti del Comune di Salerno in entrambi i giudizi riuniti, la suddetta condanna fosse pronunciabile anche nei confronti degli altri soggetti processuali con riferimento al secondo giudizio riunito, non anche in relazione al primo giudizio in quanto in quest’ultimo detti soggetti erano intervenuti volontariamente.

2. Avverso questa sentenza, D.F. e D.C. propongono ricorso affidato a quattro motivi, resistito con controricorso dal Comune di Salerno, dal Consorzio Salerno Casa, dalla Cooperativa CO.CE.REST. scarl e dal Fallimento della Cooperativa (OMISSIS) scarl.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c.. I ricorrenti e il Fallimento della Cooperativa (OMISSIS) scarl hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”. Ad avviso dei ricorrenti l’effetto espropriativo è conseguito unicamente dai decreti di esproprio emessi dal Comune di Salerno e l’accettazione dell’indennità era stata superata dal successivo verbale di immissione in possesso 14-5-2007, nel quale lo stesso Comune riconosceva la necessità di rideterminare gli indennizzi, sicchè la precedente stima, che era stata accettata, si fondava su presupposti errati, stante l’esigenza, indicata nel citato verbale, di far coincidere le superfici grafiche con quelle descrittive nel piano particellare e di emendare l’incongruenza tra il perimetro riportato sul piano particellare d’esproprio e l’aerofotogrammetria del planovolumetrico. Deducono i ricorrenti che dopo l’immissione in possesso del maggio 2007 il valore dei beni residui risultava ulteriormente diminuito in quanto: a) il fabbricato (p.lla (OMISSIS)) era privato quasi totalmente dell’area pertinenziale per servizi, giardino, parcheggio ed eventuali box; b) il fabbricato di nuova costruzione (forno), oltre ad essere privato dell’area pertinenziale, non avrebbe potuto più essere utilizzato per essere la bocca rivolta verso l’area espropriata; c) le aree residue avevano minor valore dovuto alla frammentazione delle stesse e non potevano più avere utilizzo agricolo. Ad avviso dei ricorrenti, pertanto, la giurisprudenza citata nella sentenza impugnata in ordine all’irrevocabilità dell’accettazione dell’indennità provvisoria (Cass. n. 19671/2006) non era pertinente al caso di specie, poichè tra il momento della proposta e quello dell’accettazione era intervenuta una modifica sostanziale delle condizioni contrattuali.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e violazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – artt. 34 e 112 c.p.c. – art. 24 Cost. – D.P.R. n. 327 del 2001, art. 6, comma 8)”. Lamentano che la Corte territoriale non si sia pronunciata sulla questione pregiudiziale relativa alla valida accettazione dell’indennità, proposta in via di eccezione ex art. 34 c.p.c. dal Comune di Salerno. Ad avviso dei ricorrenti la Corte territoriale avrebbe o dovuto decidere, se del caso incidenter tantum, le relative questioni, oppure trasmettere al giudice competente le medesime per un accertamento con efficacia di giudicato, sospendendo il processo in corso. Deducono, inoltre, che la questione della validità degli accordi espropriativi rientra nella competenza in unico grado della Corte d’appello, come da indirizzi di questa Corte richiamati nella sentenza del Tribunale di Salerno n. 195/2013 pronunciata in altra controversia, e rimarcano la situazione paradossale venutasi a creare in quella situazione, avendo la Corte d’appello di Salerno, con la sentenza n. 8217/2007 richiamata nella sentenza impugnata, declinato la propria competenza, così come pure in precedenza aveva fatto il Tribunale.

I ricorrenti richiamano quanto esposto nel primo motivo, circa i profili di illegittimità dell’accettazione dell’indennità provvisoria avvenuta nel 2006, e quanto all’accordo di cessione volontaria stipulato il 14-5-2007 da D.F. con le cooperative, e non anche con il Comune, ne deducono l’invalidità sotto i seguenti profili: i) in capo a dette cooperative non sussistevano i presupposti soggettivi di cui all’art. 6, comma 8 TUE, non avendo assunto le medesime nè la veste di concessionario di opere pubbliche, nè quella di contraente generale, non era stata alle stesse attribuita alcuna concessione traslativa ed erano unicamente concessionarie di un diritto di superficie ultranovennale; ii) gli estremi della delega dovevano specificarsi in ogni atto del procedimento espropriativo e rivestire la forma scritta; iii) l’accordo di cessione, rispettivamente agli artt. 5 e 8, prevedeva la rinuncia alle azioni giurisdizionali, in relazione a diritti non ancora sorti, nonchè la previsione di termine di validità dell’accordo stesso (31-5-2010), di fatto vanificato perchè il Comune aveva emesso i decreti di esproprio il 13-10-2009 e 16-4-2010.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e violazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3- art. 112 c.p.c. – art. 24 Cost. – D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37 in combinato disposto con gli artt. 1, prot. 1, e 6 CEDU)”. Lamentano che la Corte territoriale abbia omesso di pronunciarsi in ordine alla violazione dell’art. 37 TUE come integrato e sostituito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 348/2007, e che, a seguito dell’intervento della Consulta, l’importo dell’indennità di espropriazione risultava raddoppiato nel valore. In subordine chiedono disapplicarsi la L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 90 nella parte in cui esclude l’applicazione delle nuova disciplina nel caso l’indennità di espropriazione sia stata accettata o sia divenuta irrevocabile, e in ulteriore subordine chiedono sollevarsi eccezione di costituzionalità della norma per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., in particolare per avere la stessa introdotto un trattamento differenziato in relazione a fattispecie assolutamente identiche.

4. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e violazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3- artt. 112 e 91 c.p.c. – D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54 violazione dei principi regolatori delle spese di giudizio)”. Censurano la statuizione di loro condanna alla rifusione delle spese di lite in favore delle cooperative, disposta dalla Corte territoriale con riferimento al secondo giudizio, rilevando che la chiamata in causa di detti soggetti era avvenuta unicamente per ottemperare all’ordine del Giudice, che era stato il Comune di Salerno a dare causa all’integrazione del contraddittorio e che la Corte di merito nulla ha statuito in ordine alla legittimazione passiva dei soggetti chiamati in causa, nè in ordine alla veste o qualità dagli stessi assunta nella procedura espropriativa.

5. In via pregiudiziale deve darsi atto che nel presente giudizio non assume rilevanza l’intervenuto fallimento della Cooperativa (OMISSIS) scarl, intervenuto nel 2015 (Cass. n. 19119/2016 e n. 18963/2017)

6. i primi due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono in parte infondati e in parte inammissibili.

6.1. Le censure sono infondate nella parte in cui si sostiene che l’espropriazione derivi dai due decreti di esproprio e, quindi, da titolo sostitutivo che ha vanificato l’accettazione dell’indennità di espropriazione.

Secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità (Cass. n. 6867/2009 e Cass. n. 27131/2017).

“L’accordo sull’indennità di espropriazione, per effetto di accettazione da parte dell’espropriando dell’ammontare offerto dall’espropriante, non ha alcun effetto traslativo della proprietà del bene, ma si inserisce nel procedimento ablativo – avendo pertanto natura negoziale pubblica – nel senso che le pattuizioni in esso contenute si connotano come atti integrativi del procedimento stesso, ma sono tuttavia condizionate alla sua conclusione, cioè alla stipulazione di una cessione volontaria o all’emanazione del decreto di esproprio, i quali realizzano il trasferimento della proprietà dall’espropriato all’espropriante; di conseguenza, qualora tali condizioni manchino, l’accordo sull’indennità resta caducato e privo di qualsiasi effetto giuridico”. Pertanto, l’emanazione di un tempestivo decreto di espropriazione, in luogo della stipulazione dell’atto di cessione del bene, che nella specie gli espropriati hanno rifiutato, non comporta affatto la caducazione dell’accettazione dell’indennità provvisoria, pur espressamente condizionata alla detta stipulazione, atteso che il decreto di espropriazione è equivalente, quanto all’efficacia dell’accordo sull’indennità, all’atto di cessione del bene, non essendo ipotizzabile un interesse giuridicamente apprezzabile dell’espropriato in merito alle forme attraverso le quali si realizza, in maniera del tutto indifferente quanto agli effetti, il trasferimento della proprietà del bene.

6.2. E’ inammissibile la doglianza espressa con il primo motivo, nella parte in cui si denuncia l’omesso esame di fatti decisivi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto non sono compiutamente precisati i fatti storici che, secondo la prospettazione dei ricorrenti, avrebbero comportato “una modifica sostanziale delle condizioni contrattuali” e ciò, secondo la loro prospettazione, in base alle risultanze del verbale di immissione in possesso del 14-5-2007. Era onere dei ricorrenti allegare, compiutamente e con modalità autosufficienti, che non vi fosse coincidenza tra il decreto di esproprio e l’accordo di cessione, tale da determinare la modifica in senso peggiorativo solo genericamente prospettata in ricorso. In particolare i ricorrenti non riportano nel dettaglio quali circostanze risultino descritte nel citato verbale di immissione in possesso e quali siano i dati del decreto di esproprio, nonchè come e se abbiano incidenza peggiorativa, ad esempio in termini di metratura, rispetto alle pattuizioni di cui all’accordo. Neppure i ricorrenti precisano in modo chiaro a quali dati di fatto sia riconducibile il loro assunto di erroneità dei presupposti su cui era fondata la stima dell’indennità da essi accettata. Le specificazioni rinvenibili nel ricorso riguardano, infatti, le conseguenze che i ricorrenti assumono derivate (danni alla parte residua), ma non i precisi fatti che le hanno originate, nè i ricorrenti fanno alcun richiamo alla descrizione dei luoghi di cui alla CTU espletata nel giudizio di merito, le cui risultanze riporta il Comune nel controricorso (pag.3), assumendo, anzi, l’Ente che per effetto del secondo verbale di immissione in possesso una porzione degli immobili (forno e parte della recinzione) fossero stati esclusi dall’esproprio.

6.3. Ugualmente inammissibili per genericità e difetto di autosufficienza sono le censure riferite all’accordo transattivo del 145-2007 (secondo motivo), stipulato, peraltro, dagli espropriati nella stessa data del verbale di immissione in possesso da cui, a loro dire, emerge l’erroneità dei dati di fatto su cui è basata la stima dell’indennità di esproprio accettata. Va ribadito che era onere dei ricorrenti allegare, compiutamente e con modalità autosufficienti, che non vi fosse coincidenza tra il decreto di esproprio e l’accordo, sì da determinare la modifica in senso peggiorativo solo genericamente prospettata in ricorso.

I ricorrenti, nel denunciare il vizio di omesso esame di fatti decisivi e quello di violazione di legge, non riportano compiutamente in ricorso, nelle parti di rilevanza ai fini del decidere, il tenore di quell’accordo, di cui assumono l’invalidità sotto molteplici profili, richiamandone alcune clausole (principalmente quanto al rapporto tra il Comune e le concessionarie e sulla veste di quest’ultime, nonchè sulla mancanza di estremi della delega), nè riportano in ricorso il tenore dei decreti di esproprio, sì da non rendere possibile l’apprezzamento di quanto denunciato (cfr. Cass. n. 6867/2009 circa l’individuazione dei titolari del rapporto espropriativo da effettuarsi sulla base del decreto di esproprio o della cessione volontaria).

La censura relativa alla violazione dell’art. 112 c.p.c. non ha pregio, atteso che ai fini della sussistenza del vizio di omessa pronuncia non è sufficiente la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento decisorio sulla questione (Cass.n. 18491/2018), il che non è nella specie.

7. Il terzo motivo è inammissibile.

7.1. Premesso che il regime applicabile al caso in esame è quello di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, considerato che la delibera comunale di intervento per la costruzione di 480 alloggi con dichiarazione di pubblica utilità è del 2005, il richiamo alla violazione della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 90 è errato, dal momento che, se il procedimento espropriativo è iniziato dopo il 30-6-2003, trova applicazione il citato art. 2, comma 89. Ne consegue che la censura, come formulata, non è attinente alla fattispecie concreta, restando così assorbita la consequenziale denuncia di illegittimità costituzionale della stessa norma.

Sotto ulteriore e assorbente profilo, i ricorrenti non allegano che i fondi espropriati avessero natura edificabile, non richiamano sul punto le risultanze della C.T.U., nè precisano con sufficiente specificità che l’indennità sia stata determinata in valori inferiori a quelli di mercato e per quale motivo.

8. Il quarto motivo è infondato.

8.1. La Corte di merito ha correttamente valutato la soccombenza secondo il principio di causalità, atteso che i terzi, la cui chiamata in causa è stata autorizzata per l’integrazione del contraddittorio ex art. 54 TUE, sono parti che hanno partecipato in giudizio in conseguenza dell’azione, infondata, dei ricorrenti.

9. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato.

10. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuna delle parti controricorrenti, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione in favore di ciascuna delle controricorrenti delle spese del presente giudizio, liquidate, quanto a ciascuna delle parti Comune di Salerno, Consorzio Salerno Casa e Cooperativa CO.CE.REST. scarl, in complessivi Euro 2.300, di cui Euro 200 per esborsi, nonchè quanto al Fallimento della Cooperativa (OMISSIS) scarl in complessivi Euro 2.900, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso spese generali (15%) ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2021

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