Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11805 del 09/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 09/06/2016, (ud. 10/02/2016, dep. 09/06/2016), n.11805

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3079/2013 proposto da:

M.S., C.T., domiciliati ex lege in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato NICOLA VERDERICO giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE BARCELLONA PG, ASSESSORATO AGRICOLTURA FORESTE DELLA REGIONE

SICILIA, CA.CA., CONSORZIO BONIFICA DEL MELA,

CONSORZIO BONIFICA DEL MELA 11;

– intimati –

avverso la sentenza n. 533/2011 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 21/11/2011, R.G.N. 504/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/02/2016 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito l’Avvocato GIUSEPPE TORTORA per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per raccoglimento del ricorso

p.q.r..

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 2 novembre 2011-25 maggio 2012 la Corte d’appello di Messina ha accolto l’appello del Comune di Barcellona Pozzo di Gotto avverso sentenza del 4 febbraio 2002 del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto – che aveva accolto la domanda di M. S. proposta nei confronti del suddetto Comune per i danni derivati dallo sprofondamento dell’automobile del M., in data (OMISSIS), con una ruota in un tombino fognario senza copertura nè segnalazione in una strada priva di illuminazione –

rigettando ogni domanda attorea.

2. Hanno presentato ricorso il M. e C.T. – alla quale nelle more del giudizio d’appello il M. aveva ceduto con rogito del 22 marzo 2004 i diritti litigiosi nascenti dal giudizio -, sulla base di un unico motivo denunciante violazione dell’art. 113 c.p.c., nonchè artt. 2043 e 2051 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione dei principi di legge, omessa, insufficiente ed errata motivazione.

Sarebbe stato disatteso dal giudice d’appello il principio per cui tale giudice può attribuire una qualifica giuridica diversa da quella riconosciuta dal giudice di primo grado, e sarebbe stato disatteso altresì il principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimità per cui, se l’area di cantiere è ancora usata per circolarvi, rimane la responsabilità ex art. 2051 c.c., dell’ente titolare della strada, oltre a quella dell’appaltatore.

Si propongono pertanto tre quesiti: se rientri nel potere del giudice d’appello riqualificare, se la responsabilità della P.A. per i danni subiti dal cittadino per cattiva manutenzione del manto stradale sia riconducibile all’art. 2051 c.c. e sia quindi oggettiva, nonchè se il giudice d’appello avrebbe potuto disapplicare l’art. 2051 c.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso è fondato.

Nel caso in esame – si osserva anzitutto a proposito del potere di qualificazione del giudice d’appello che è stato posto come oggetto della prima censura mossa nel motivo -, la corte territoriale, dopo avere dato atto che il giudice di primo grado aveva ritenuto il Comune (che era divenuto appellante) responsabile nei confronti del M. ex art. 2043 c.c.”ravvisando, per la presenza di un tombino privo di coperchio, una situazione di pericolo occulto caratterizzato, dal lato oggettivo, dalla non visibilità, e da quello soggettivo dalla non prevedibilità”, afferma di essere, “nell’affrontare la questione della responsabilità dell’appellante… vincolata alla qualificazione data dal giudice di primo grado, peraltro conforme al contenuto della stessa domanda attorea”, dovendosi ritenere pertanto “preclusa ogni possibilità di inquadrare la fattispecie nell’ambito della responsabilità per le cose in custodia ex art. 2051, in adesione al più recente e ormai consolidato orientamento della giurisprudenza”.

In realtà, come risulta dalla stessa sentenza impugnata, il M. aveva agito nei confronti del Comune adducendo fatti astrattamente compatibili con una fattispecie ex art. 2051 c.c.:

anzi, si può ben dire che la descrizione della vicenda così come proposta dall’attore è la tipica configurazione di una responsabilità per omessa custodia, dal momento, che veniva evidenziato che il suo veicolo era sprofondato con una ruota anteriore “in un tombino della rete fognaria comunale, privo di copertura nonchè di segnalazione e che, peraltro, si trovava su strada priva di illuminazione” (così la motivazione della sentenza d’appello, pagine 4, del tutto conforme alla premessa in fatto che al riguardo il ricorso offre a pagina 3).

Se è vero, dunque, che il primo giudice aveva qualificato l’azione come riconducibile all’art. 2043 c.c., ciò tuttavia non veniva a privare il giudice d’appello del suo potere di qualificazione giuridica dei fatti allegati e quindi oggetto della controversia, potere-dovere nel caso di specie senza dubbio sussistente, non essendosi formato alcun giudicato interno essendo ancora in piena discussione le conseguenze giuridiche dei fatti stessi (v. Cass. sez. 3, 20 ottobre 2010 n. 21561: “Nell’ipotesi in cui sulla domanda o su un capo autonomo di essa non si sia formato il giudicato interno, per effetto dell’acquiescenza espressa o tacita, deve ritenersi consentito porre in discussione, nell’ambito della impugnazione proposta contro la relativa pronuncia, le questioni concernenti l’applicabilità di una norma giuridica e l’interpretazione della norma stessa, qualunque sia stato il comportamento difensivo concretamente assunto in proposito dalla parte, nel precedente o nei precedenti gradi del giudizio. Dette questioni, infatti, sono rilevabili anche d’ufficio dal giudice dell’impugnazione, nell’esercizio del suo potere di individuare ed interpretare la norma applicabile al caso controverso, e non sono,’ suscettibili di passare in giudicato autonomamente dalla domanda o dal capo di essa cui si riferiscono, assolvendo ad una funzione meramente strumentale rispetto alla decisione”; e su questo potere strumentale alla decisione che è da riconoscere in capo al giudice d’appello cfr.

pure Cass. sez. 3, 3 luglio 2014 n. 15223, Cass. sez. lav. 1 dicembre 2010 n. 24339, Cass. sez. 3, 16 gennaio 2006 n. 726 eCass. sez. lav., 23 dicembre 2003 n. 19679).

Fondata risulta pertanto la censura de qua, ed erronea conseguentemente la automatica e a suo avviso obbligatoria adesione effettuata dal giudice d’appello alla qualificazione del primo giudice. Ciò tanto più considerando che lo stesso giudice d’appello riconosce, contestualmente (in realtà contraddicendosi, in quanto poco prima aveva definito la qualificazione del giudice di primo grado “conforme al contenuto della stessa domanda attorea”), che la qualificazione corretta sarebbe quella che riconduce i fatti esposti dall’attore alla responsabilità ex art. 2051 c.c., laddove riconosce (come già più sopra si è evidenziato) che la fattispecie a lui sottoposta sarebbe stata appunto inquadrata “nell’ambito della responsabilità per le cose in custodia ex art. 2051, in adesione al più recente e ormai consolidato orientamento” della giurisprudenza di merito e di legittimità.

Da questa erronea impostazione del giudice d’appello emerge, in ultima analisi,: la completa fondatezza del motivo in esame, poichè proprio per una qualificazione ritenuta imposta e non modificabile il giudice d’appello ha negato di valutare la compatibilità o meno deì, fatti esposti dall’attore rispetto alla fattispecie di responsabilità oggettiva di cui all’art. 2051 c.c..

Ne consegue che il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Messina in diversa composizione.

PQM

Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Messina in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2016

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