Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11802 del 14/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 14/05/2010, (ud. 03/03/2010, dep. 14/05/2010), n.11802

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.G., Fr.Ga. e F.F.,

rappresentati e difesi per procura a margine del ricorso

dall’Avvocato Emilio Paolo Sandulli, elettivamente domiciliati presso

il suo studio in Roma, via della Frezza n. 59;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i

cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– intimata –

e

Comune di Avellino;

– intimato –

e

sui ricorsi proposti da:

F.G., Fr.Ga. e F.F.,

rappresentati e difesi per procura a margine del ricorso

dall’Avvocato Emilio Paolo Sandulli, elettivamente domiciliati presso

il suo studio in Roma, via della Frezza n. 59.

– ricorrenti –

e

Comune di Avellino, in persona del sindaco tempore, rappresentato e

difeso dall’Avvocato Ernesto Pastena in virtù di procura a margine

del ricorso, selettivamente domiciliato presso lo studio

dell’Avvocato Raffaele Porpora in Roma, via Pavia n. 28.

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate.

– intimata –

avverso la sentenza n. 61/4/06 della Commissione tributaria,

regionale della Campania, depositata il 22.3.2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

3.3.2010 dal consigliere relatore Dott. Mario Bertuzzi;

Viste te conclusioni del P.M.. in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Sepe Ennio Attilio che ha chiesto l’accoglimento del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

F.G., Fr.Ga. e F.F. proposero ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Avellino avverso il silenzio rifiuto serbato dall’Amministrazione nei confronti della loro istanza diretta al rimborso dell’imposta di registro pagata in relazione alla sentenza del locale tribunale, che aveva condannato il comune di Avellino al pagamento in favore degli attuali ricorrenti di una somma a titolo di risarcimento dei danni per l’illegittima occupazione ed acquisizione di un’area di loro proprietà. Esposero i contribuenti che, essendo stata l’occupazione acquisitivi del comune posta in essere in attuazione di un progetto finanziato ai sensi della L. n. 219 de 1981, che prevede la disciplina per gli interventi di ricostruzione delle zone colpite dal terremoto del novembre 1980, la suddetta sentenza doveva considerarsi esente dall’imposta di registro ai sensi dell’art. 73 della medesima legge.

Resistette in giudizio l’Agenzia delle Entrate, eccependo che la sentenza sottoposta a registrazione non aveva comportato il trasferimento del bene al comune, ma aveva solo liquidato il risarcimento dei danni causati dalla illegittima occupazione.

Il giudizio di primo grado, in cui intervenne anche il comune di Avellino a sostegno delle ragioni dei contribuenti, si concluse con sentenza di accoglimento del ricorso, ma in sede di gravame, la Commissione tributaria regionale della Campania, Sezione distaccata di Salerno, con sentenza n. 61/4/06 del 22.3.2006, rigettò la domanda dei contribuenti, ritenendo inapplicabile alla fattispecie il disposto della L. n. 219 del 1981, art. 73 così come trasfuso poi nel D.Lgs. 30 marzo 1990, n. 76, art. 70, che ha riguardo a tutti gli atti relativi all’attuazione del piano di ricostruzione delle zone terremotate, atteso che, nel caso concreto, l’oggetto della sentenza sottoposta a registrazione era consistito nel risarcimento della perdita patrimoniale causata dall’attività illecita del comune, senza interessare il trasferimento del bene, già acquisito dal comune in forza dell’occupazione dell’area.

Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 5 e 8 maggio 2007, ricorrono, sulla base di due motivi, poi illustrati con memoria, F.G., Fr.Ga. e F.F..

Si sono costituiti l’Agenzia delle Entrate, ma senza depositare controricorso, ed il comune di Avellino.

Il ricorso dei consorti F., dapprima iscritto al numero del Ruolo generale 14637 del 2007, è stato nuovamente iscritto al numero 18712 del 2007, insieme al ricorso proposto in via autonoma dal Comune di Avellino.

All’udienza del 3 marzo 2010 il Collegio ha disposto la riunione di quest’ultimo procedimento a quello più antico, iscritto al n. 14637/07 del Ruolo generate, ai lini della loro trattazione in un unico processo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va dichiarato inammissibile per tardività il ricorso proposto dal Comune di Avellino, tenuto conto che la sentenza impugnata risulta depositata il 22.3.2006, mentre il ricorso è stato notificato a mezzo del servizio postale con spedizione in data 21.6.2007, ben oltre il termine lungo stabilito dall’art. 327 cod. proc. civ. computato anche il periodo di sospensione feriale dal 1 luglio al 15 settembre.

Con riguardo a tale ricorso nulla va disposto sulle spese di lite, non avendo l’Agenzia delle Entrate svolto attività difensiva.

Il primo motivo del ricorso proposto dai contribuenti denunzia violazione dell’art. 37 c.p.c., comma 2, art. 160 c.p.c. e art. 330 c.p.c., comma 1 censurando la sentenza impugnata per non avere rilevato, a seguito della mancata costituzione dei ricorrenti nel giudizio di secondo grado, l’inesistenza e/o nullità della notificazione dell’atto di appello dell’Agenzia nei loro confronti, in quanto effettuato mediante consegna di un’unica copia a loro difensore presso il domicilio eletto.

Il motivo è infondato.

Milita in questo senso il principio di recente affermato dalla sentenza n. 29290 del 2008 dalle Sezioni unite di questa Corte, pienamente condiviso da questo Collegio, secondo cui la notificazione dell’atto d’impugnazione eseguita presso il procuratore costituito per più parti mediante consegna di una sola copia o di copie in numero inferiore a quello dei propri rappresentati è valida ed efficace sia nel processo ordinario che in quello tributario. Si è osservato, infatti che, alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, il procuratore costituito, tanto in ordine alle notificazioni endoprocessuali, regolate dall’art. 170 cod. proc. civ. quanto con riguardo a quelle disciplinate dall’art. 330 c.p.c., comma 1, non è un mero consegnatario dell’atto di impugnazione, ma ne è il destinatario – analogamente a quanto si verifica in ordine alla notificazione della sentenza a fini della decorrenza del termine d’impugnazione ex art. 285 cod. proc. civ. – in quanto investito dell’inderogabile obbligo di fornire ai propri rappresentati tutte le informazioni relative allo svolgimento ed all’esito del processo.

Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 219 del 1981, art. 73 e D.Lgs. n. 76 del 1990, art. 70 e degli artt. 2, 3, 42, 44 e 47 Cost. nonchè motivazione perplessa, insufficiente e contraddittoria circa un punto decisivo della controversia. Si lamenta, in particolare, che la sentenza impugnata, nell’escludere l’applicazione della disciplina agevolativi invocata, non abbia tenuto conto e valorizzato la circostanza che l’acquisizione dell’area di proprietà dei contribuenti era avvenuta da parte del comune proprio in attuazione di un piano urbanistico emanato ai sensi della normativa posta dal D.Lgs. n. 76 del 1990. Il fatto che tale acquisizione fosse avvenuta in via coattiva e non volontaria non può costituire ostacolo all’accoglimento delle ragioni dei contribuenti, atteso che, in caso contrario, sarebbero esclusi dall’agevolazione suddetta tutti i trasferimenti e le cessioni di area intervenuti in via non convenzionale, in contrasto con la finalità della stessa disciplina legislativa, che sul punto usa una formula amplissima proprio al fine di incentivare, attraverso le agevolazioni fiscali, l’opera di ricostruzione delle zone terremotate. Non si vede infatti – prosegue il ricorso – il motivo per cui l’agevolazione in argomento debba essere negata nel caso, come quello di specie, in cui il procedimento espropriativo era regolarmente iniziato con la dichiarazione di pubblica utilità, ma poi non si era validamente perfezionato ed aveva perciò fatto sorgere a carico dell’ente un obbligo risarcitorio, considerato che la somma liquidata in favore dei proprietari dell’area a tale titolo trova comunque la sua unica ed esclusiva ragione nell’avvenuto trasferimento della proprietà in attuazione del progetto urbanistico. Una diversa interpretazione finirebbe, del resto, per porsi in contrasto con i principi costituzionali di cui agli artt. 2, 3, 42, 44 e 47 Cost. e con il canone di ragionevolezza.

Il motivo è fondato.

Il D.Lgs. 30 marzo 1990, n. 76, art. 70, comma 1, contenente il testo unico delle leggi per gli interventi nei territori della Campania, Basilicata, Puglia e Calabria colpiti da terremoto del novembre 1980 e del febbraio 1981, che ha recepito la disposizione di cui alla L. 14 maggio 1981, n. 219, art. 73, stabilisce l’esenzione dalle imposte di bollo, di registro, ipotecarie e catastali per “Le domande, gli atti, i provvedimenti, i contratti, comunque relativi all’attuazione delle leggi per la ristrutturazione e lo sviluppo delle zone colpite dagli eventi sismici indicati nell’art. 1”. Il comma 3 del medesimo art., che invece riproduce la disposizione interpretativa introdotta dal D.L. n. 474 del 1987, art. 8, comma 1 precisa che l’esenzione in parola “deve intendersi riferita anche: A) a tutti gli atti di cessione, permuta o assegnazione in proprietà, effettuati in applicazione degli strumenti urbanistici previsti dall’art. 34, comma 3, del presente testo unico”, vale a dire dei programmi o piani urbanistici volti alla ricostruzione dei comuni disastrati o gravemente danneggiati dal terremoto.

Alla luce di questo quadro normativo, si pone la questione, correttamente esposta nel quesito di diritto formulato dai ricorrenti ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., comma 1, se la disciplina agevolativa in discorso trovi applicazione alla sentenza che condanna, la pubblica Amministrazione a risarcire il danno causato a privato per la perdita della proprietà di un immobile a seguito della sua occupazione e destinazione pubblica, laddove tale comportamento sia posto in essere in conformità, con la disposizione del piano urbanistico predisposto per la ricostruzione delle zone terremotate. In particolare, secondo quanto esposto nel ricorso e nella stessa sentenza impugnata, nel caso di specie il terreno di proprietà dei ricorrenti fu oggetto di una procedura di esproprio che non giunse a regolare conclusione, anche se l’immobile fu comunque occupato e quindi acquisito in proprietà dal comune, in virtù dell’istituto della cd. accessione invertita, con il conseguente instaurarsi di un giudizio civile che, preso atto di tale acquisizione, condannò il comune al risarcimento del danno corrispondente alla perdita del terreno.

Così precisata la questione controversa, ritiene il Collegio che ad essa debba darsi risposta positiva, in questo senso militano i seguenti argomenti:

– non appare esatto l’assunto della decisione impugnata secondo cui l’oggetto della sentenza sottoposta a registrazione consisteva in una mera statuizione risarcitoria, senza interessare il trasferimento del bene, atteso che esso era già stato acquisito in proprietà dal comune in forza dell’occupazione dell’area, questa ricostruzione non è esatta, in quanto trascura del tutto di considerare che la statuizione del giudice non si esaurisce solo nel comando finale, ma comprende anche il titolo in forza del quale l’attribuzione del bene di vita è disposta, titolo che trova speculare corrispondenza nella necessaria indicazione, nella domanda, della causa petendi, in particolare, la sentenza che condanna il convenuto al risarcimento dei danni, contiene in sè anche l’accertamento, che la parte a pieno titolo della statuizione del giudice, in ordine al fatto generativo del danno; la sentenza de qua, pertanto, non si era soltanto limitata a condannare il comune al risarcimento dei danni, come appare sostenere, accedendo ad una lettura, formale e riduttiva del provvedimento, la Commissione tributaria regionale, ma, per quanto qui interessa, aveva altresì accertato il fatto causativo di tale obbligo risarcitorio, fatto che consisteva, com’è pacifico, nell’occupazione acquisitivi dell’area ad opera del comune e nella conseguente perdita della stessa da parte del privato;

– l’occupazione acquisitiva di un’area da parte di un ente pubblico, per la destinazione della stessa ad opera pubblica, è certo fenomeno distinto dalla acquisizione del bene per effetto di procedura espropriativa regolarmente portata a compimento, ma non si può negare, sotto il profilo dell’effettività, che le due situazione presentano un’equivalenza sostanziale, verificandosi in entrambi i casi l’acquisto del bene da parte dell’ente pubblico e la contestuale estinzione del diritto di proprietà sullo stesso da parte dell’originario titolare: in particolare va segnalato, per quanto qui interessa, che l’assimilazione sostanziale tra le due figure con riguardo alla misura del ristoro conseguente alla perdita del bene, già evidenziata da questa Corte con riferimento, ad esempio, ai casi di espropriazione parziale (Cass. n. 591 del 2008; Cass. n. 24435 del 2006), può dirsi oggi completa a seguito della dichiarazione di incostituzionalità della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis ad opera della pronunce della Corte costituzionale n. 348 e 349 del 2007, con conseguente applicazione, in entrambi i casi considerati, del criterio del valore venale del bene (Cass. n. 19986 del 2009);

– il D.Lgs. n. 76 del 1990, cit. art. 70 prevede l’esenzione dall’imposta di registro, come si è detto, per tutti gli atti e provvedimenti posti in essere in esecuzione degli strumenti urbanistici diretti alla ricostruzione delle zone terremotate, usando una formula talmente ampia che non permette di escludere, a priori, i comportamenti, specie se tipizzati in istituti aventi una propria autonomia giuridica, tanto da essere specificatamente disciplinati anche da fonti legislative, come appunto accade per l’istituto dell’occupazione acquisitivi: l’espressione usata dal tale norma, ancor più a seguito dell’intervento interpretativo successivo di cui al D.L. n. 474 del 1987, porta anzi agevolmente a ritenere che la legge abbia inteso nettamente privilegiare, proprio allo scopo di favorire la ricostruzione, il profilo funzionale dell’atto rispetto alle sue caratteristiche formuli, ammettendo l’esenzione nei confronti di qualsiasi atto o fatto, contrattuale o coattivo, avente comunque l’effetto di determinare in capo all’ente pubblico la proprietà del bene: ne consegue che tanto la sentenza che dispone il ristoro del danno per la diminuzione patrimoniale conseguente all’occupazione acquisitiva dell’area, quanto a condotta medesima che costituisce il titolo della pretesa risarcitomi debbono ritenersi comprese nell’ampia formula normativa che concede l’esenzione: sotto questo profilo non si scorgono del resto valide ragioni per sostenere un trattamento tributario diverso tra il provvedimento espropriativo e la conseguente determinazione dell’indennità ovvero tra la sentenza che, su contestazione del privato, determina la indennità espropriativi – provvedimenti che certamente si gioverebbe dell’esenzione in discussione – e la sentenza invece che, come ne caso di specie, liquida la perdita patrimoniale conseguente alla apprensione dell’area in virtù della sua destinazione pubblica, tenuto conto che in tutti questi casi la condotta dell’ente pubblico viene comunque posta in essere allo scopo di dare esecuzione al piano urbanistico di ricostruzione di cui alla disposizione citata.

Il Collegio è peraltro consapevole che, in altra occasione, questa stessa Sezione della Corte ha statuito circa la non assimilabilità della sentenza che condanna la pubblica Amministrazione al risarcimento del danno per occupazione illegittima acquisitivi di un immobile all’istituto della espropriazione per pubblica utilità, pur riconoscendo ai diversi comportamenti dell’Amministrazione comuni effetti traslativi (Cass. n. 2108 del 2005; poi ribadita dalla sentenza n. 13125 del 2008). Qualsiasi contrasto sul punto va tuttavia escluso ove si consideri la diversità del quadro normativo di riferimento in cui tale pronunce si collocano e, conseguentemente, della questione da esse affrontate, tenuto conto che in questi giudizi si controverteva sulla applicabilità alla sentenza risarcitoria per occupazione acquisitiva della disposizione di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 44, comma 2 in tema di determinazione della base imponibile di imposta, norma che la espresso ed unico riferimento all’espropriazione per pubblica utilità, laddove, nel caso di cui ci si occupa, la disciplina positiva appare orientata, come si è visto, non tanto sulla definizione dell’atto, attesa l’ampia formula usata dalla norma, quanto sul legame funzionale esistente tra l’atto e la realizzazione di scopi considerati meritevoli di particolare trattamento agevolativo.

Alla luce di tali considerazioni, il secondo motivo di ricorso è accolto. La sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio della causa alla Commissione tributaria regionale della Campania, Sezione distaccata di Salerno, in diversa composizione, che, oltre a provvedere alla liquidazione delle spese, deciderà applicando il seguente principio di diritto: “il D.Lgs. 30 marzo 1990, n. 76, art. 70, comma 1, il quale stabilisce l’esenzione dalle imposte di registro per le domande, gli atti, i provvedimenti, i contratti, comunque relativi all’attuazione delle leggi per la ristrutturazione e lo sviluppo delle zone colpite dagli eventi sismici indicati nel precedente art. 1, trova applicazione nei confronti della sentenza che dispone il risarcimento del danno per perdita dell’immobile seguita ad occupazione acquisitiva del bene da parte del comune, posta in essere allo scopo di dare attuazione al piano urbanistico aventi le finalità indicate dalla norma citata, rientrando la figura dell’occupazione acquisitivi nel novero degli atti contemplati da questa disposizione che determinano l’acquisto della proprietà da parte dell’ente pubblico”.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso proposto dal comune di Avellino;

accoglie il secondo motivo del ricorso proposto dai contribuenti e rigetta il primo: cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese di giudizio, alla Commissione tributaria regionale della Campania, Sezione distaccata di Salerno, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2010

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