Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11802 del 05/05/2021

Cassazione civile sez. III, 05/05/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 05/05/2021), n.11802

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 28699/19 proposto da:

-) O.C., elettivamente domiciliato a Vicenza, piazzetta

Andrea Palladio n. 11, difeso dall’avvocato Chiara Bellini in virtù

di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Venezia 3.9.2019 n. 7038;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9

dicembre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. O.C., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

A fondamento della domanda dedusse di avere lasciato il proprio Paese per sfuggire alle minacce dei propri compaesani, i quali lo accusavano di aver provocato l’uccisione della propria stessa madre, travolta dal tronco di un albero che l’odierno ricorrente era intento ad abbattere. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

2. Avverso tale provvedimento O.C. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis ricorso dinanzi alla sezione specializzata, di cui al D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 1, comma 1, del Tribunale di Venezia, che la rigettò con decreto 3.9.2019.

Il Tribunale ritenne che:

-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) non potessero essere concessi sia perchè il racconto del ricorrente non era attendibile, sia in ogni caso perchè i fatti riferiti dal richiedente non integravano una “persecuzione” ai sensi della norma appena indicate;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) non potesse essere concessa, perchè nel Paese di provenienza del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 35 non potesse essere concessa perchè mentre in Italia il ricorrente aveva svolto lavori precari, non tali da garantirgli un’esistenza dignitosa, nel suo paese, come da lui stesso riferito, lavorava come sarto e godeva di una condizione economica e lavorativa almeno equiparabile a quella attualmente dal ricorrente in Italia.

3. Tale decreto è stato impugnato per cassazione da O.C. con ricorso fondato su tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente lamenta la violazione di otto diverse norme di legge.

Nella illustrazione del motivo sono contenute varie censure, così riassumibili:

-) ha errato il Tribunale nel qualificare come “vicenda privata” quella da lui riferita, in quanto l’odierno ricorrente doveva ritenersi discriminato “in quanto appartenente ad un determinato gruppo sociale”, cioè quello dei compaesani che lo accusano dell’omicidio della madre (così il ricorso, pagina 4);

-) il Tribunale ha errato nel ritenere che il ricorrente si fosse contraddetto;

-) il Tribunale avrebbe malamente compiuto il giudizio di comparazione, in quanto “in perseguimento del malcelato fini del rigetto”, aveva erroneamente equiparato le condizioni lavorative salariali di un sarto (OMISSIS) con quelle di un facchino italiano.

1.1. Nella parte in cui censura il giudizio sulla “natura privata” della vicenda riferita dal ricorrente il motivo è infondato.

Ed infatti è alquanto singolare la tesi secondo cui l’essere minacciato dai propri compaesani costituirebbe una “persecuzione a causa dell’appartenenza ad un determinato gruppo sociale”.

Nella parte in cui censura il giudizio di inattendibilità il motivo è inammissibile perchè puramente assertivo. Il ricorrente, infatti, si limita a sostenere che le imprecisioni e contraddizioni rilevate dal Tribunale in realtà non erano tali.

Nella parte in cui censura l’erroneità del giudizio di comparazione il motivo è inammissibile, in quanto investe un tipico apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito.

2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3.

Nonostante tale intitolazione del motivo, nella illustrazione di questo si prospetta una censura diversa.

Si sostiene che il Tribunale avrebbe violato la legge omettendo di esercitare i propri poteri istruttori officiosi per accertare la effettiva situazione sociopolitica ed economica della (OMISSIS).

A sostegno della propria deduzione il ricorrente trascrive, alle pagine 12-14 del proprio ricorso, ampi brani di un rapporto ECOI sulla (OMISSIS). Il motivo prosegue con la trascrizione di alcuni brani di una sentenza della Corte di giustizia, di una sentenza della Corte di cassazione, di varie decisioni di merito.

2.1. Il motivo è infondato.

Il Tribunale, decidendo nel 2019, ha escluso la sussistenza in (OMISSIS) di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato citando una molteplicità di fonti, tra cui il rapporto EASO del 2019. Il Tribunale ha dunque assolto l’onere di avvalersi di fonti di informazione attendibili ed aggiornate. Lo stabilire poi se quelle fonti fossero le più attendibili ed aggiornate, ovvero ve ne fossero di altre, è questione di fatto non sindacabile in questa sede.

3. Col terzo motivo il ricorrente lamenta che il Tribunale avrebbe violato il principio di non refoulement di cui all’art. 3 CEDU e all’art. 33 della Convenzione di Ginevra.

3.1. Il motivo è inammissibile, in quanto totalmente eterogeneo rispetto al contenuto effettivo del decreto impugnato.

Infatti, avendo il Tribunale escluso la sussistenza in (OMISSIS) di una situazione di violenza indiscriminata, resta per ciò solo esclusa qualsiasi violazione del principio di non respingimento.

4. Non occorre provvedere sulle spese del presente giudizio, non essendovi stata difesa delle parti intimate.

La circostanza che il ricorrente sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude l’obbligo del pagamento, da parte sua, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), in virtù della prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 11 e 131 decreto sopra ricordato (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9538 del 12/04/2017, Rv. 643826 – 01), salvo che la suddetta ammissione non sia stata ancora, o venisse in seguito, revocata dal giudice a ciò competente.

PQM

la Corte di cassazione:

(-) rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2021

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