Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1180 del 21/01/2021
Cassazione civile sez. trib., 21/01/2021, (ud. 18/09/2020, dep. 21/01/2021), n.1180
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21457/2014 R.G. proposto da
Agenzia delle Entrate (C.F. (OMISSIS)), in persona del direttore pro
tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello
Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma via
dei Portoghesi 12.
– ricorrente –
contro
Cierre Carni di R.C., R. & c. s.n.c..
– intimata –
e nei confronti di:
R.C. (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso dagli avv.ti
Mauro Gherner e Claudio Lucisano, elettivamente domiciliato presso
lo studio di quest’ultimo, in Roma via Crescenzio 91.
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 104/34/2013 della Commissione Tributaria
Regionale del Piemonte, depositata il giorno 4 luglio 2013.
Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 18
settembre 2020 dal Consigliere Dott. Fichera Giuseppe.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Cierre Carni di R.C., R. & c. s.n.c. impugnò due avvisi di rettifica parziale, notificati dall’Ufficio IVA di Torino con i quali vennero ripresi a tassazione maggiori redditi, ai fini IVA, per gli anni 1995 e 1996.
Accolti in primo grado entrambi i ricorsi della contribuente, l’appello proposto dall’Ufficio venne respinto dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte; su ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la Corte di cassazione annullò poi con rinvio la sentenza d’appello e, quindi, estintasi la Cierre Carni di R.C., R. & c. s.n.c. per cancellazione dal registro delle imprese nelle more, i soci superstiti R.C. e R.R. riassunsero il giudizio innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, che con sentenza depositata il 4 luglio 2013 accolse l’impugnazione, annullando tutti gli atti impugnati.
Avverso la detta sentenza, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso R.C..
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo l’Agenzia delle Entrate lamenta la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4) e dell’art. 111 Cost., comma 6, poichè la sentenza della Commissione Tributaria Regionale difetta della necessaria motivazione, che giustifica l’accoglimento del gravame proposto dalla società contribuente.
2. Con il secondo motivo eccepisce la nullità della sentenza, ancora per carenza della ridetta motivazione.
3. Con il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 2735 c.c., atteso che il giudice di merito non ha riconosciuto la valenza di confessione stragiudiziale, alla sottoscrizione da parte del legale rappresentante della contribuente, del processo verbale di constatazione che diede luogo ai due avvisi di rettifica parziale qui impugnati.
4. Preliminarmente, come esattamente eccepito dal controricorrente Re.Ro., va rilevata l’inammissibilità dell’odierno ricorso, per difetto dell’indicazione delle parti ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 1).
Com’è noto, la previsione della sanzione della inammissibilità per la mancanza nel contenuto del ricorso per cassazione del requisito dell’indicazione delle parti, di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 1), impone che il suo rispetto debba necessariamente emergere dal ricorso, impedendo, proprio per l’espresso riferimento del legislatore alla categoria della inammissibilità e non a quella della nullità, per un verso, che tale indicazione possa desumersi aliunde, cioè da atti diversi dal ricorso (come la sentenza impugnata ovvero la relazione di notificazione del ricorso ovvero atti del processo di merito) e, per altro verso (in analogia con il disposto dell’art. 164 c.p.c.), che possa assumere rilievo l’atteggiamento assunto dalle parti intimate (così Cass. 03/09/2007, n. 18512).
Inoltre, se ai fini dell’osservanza della norma predetta, non è necessario che le relative indicazioni siano premesse all’esposizione dei motivi di impugnazione o che siano altrove esplicitamente formulate, analogamente a quanto previsto dal ridetto art. 164 c.p.c., è tuttavia necessario che esse risultino in modo chiaro e inequivoco, anche se implicitamente, dal contesto del ricorso, nonchè dal riferimento ad atti dei precedenti gradi di giudizio, da cui sia agevole identificare con certezza la parte intimata (Cass. 26/09/2013, n. 22046; Cass. 07/09/2009, n. 19286).
4.1. Nella vicenda che ci occupa, allora, dalla mera lettura dell’intero ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, risulta individuata come sua controparte del processo esclusivamente la Cierre Carni di R.C., R. & c. s.n.c., id est una società estintasi pacificamente nell’anno 2008, a seguito della sua cancellazione volontaria dal registro delle imprese, nelle more del primo giudizio celebrato innanzi a questa Corte.
E ciò nonostante la riassunzione della causa innanzi alla commissione tributaria regionale competente, dopo la pronuncia di cassazione con rinvio resa da questa Corte, fosse stata promossa esattamente dagli aventi causa della compagine estinta R.C. e R.R., soci superstiti della detta società e quindi unici soggetti legittimati a contraddire nel presente giudizio; della cui esistenza, come pure espressamente prescritto dal cennato art. 366 c.p.c., tuttavia non è fatto cenno alcuno – neppure implicitamente – nè nel corpo dell’intero ricorso che ci occupa e, peraltro, neppure nella relazione di notificazione curata dall’ufficiale giudiziario.
5. Le spese seguono la soccombenza tra le parti costituite; essendo la ricorrente una amministrazione dello Stato esonerata dal versamento del contributo unificato, va escluso per la predetta l’obbligo di versare l’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso principale, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012¸ art. 1, comma 17 (Cass. 29/01/2016, n. 17789).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese sostenute dal controricorrente, liquidate in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese generali al 15%, nonchè agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 18 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021