Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 118 del 08/01/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 118 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

processo ai sensi
della legge n. 89
del 2001 —

Motivazione in
forma semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

FERRONI LUCIANA (C.F.: FRR LCN 58P59 C279W), rappresentata e difesa, in
forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Bruno Forte ed elettivamente
domiciliata presso lo studio dell’Avv. Lidia Man -à, in Roma, via degli Scipioni, n.
– ricorrente –

268/A;
contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato
e difeso “ex lege” dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso i suoi
Uffici, in Roma, alla v. dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Campobasso n. 86/2012, emesso il 2
maggio 2012, depositato in data 20 giugno 2012 (non notificato).

i

Data pubblicazione: 08/01/2014

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12 novembre
2013 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Lucio Capasso, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

La sig.ra Ferroni Luciana chiedeva alla Corte d’appello di Campobasso, con ricorso
depositato in data 5 maggio 2011, il riconoscimento dell’equa riparazione, ai sensi
della legge 24 marzo 2001, n. 89, per la irragionevole durata di un processo civile
instaurato nel luglio 1990 dinanzi al Pretore di Avezzano e definito, in primo grado,
con sentenza depositata il 20 novembre 2006 e, quindi, conclusosi in secondo grado
con sentenza della Corte di appello di L’Aquila n. 325 del 2009, depositata il 22
settembre 2009, passata in cosa giudicata. Nella costituzione del resistente Ministero
della Giustizia, l’adita Corte di appello, con decreto depositato il 20 giugno 2012,
dichiarava l’inammissibilità del ricorso (compensando le spese processuali), sul
presupposto che, nella specie, non era stata provata la sussistenza della condizione
di proponibilità dell’azione relativa alla tempestività del ricorso e alla sua procedibilità.
Avverso il menzionato decreto (non notificato) ha proposto ricorso per cassazione la
Ferroni Luciana, con atto ritualmente notificato, sulla base di un unico complesso
motivo, articolato nella prospettazione di plurime violazioni. Il Ministero della Giustizia
ha resistito con controricorso. Il difensore della ricorrente ha, altresì, depositato
memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c. . Il collegio ha deliberato di adottare la sentenza
con motivazione in forma semplificata.
Considerato in diritto
1. – Con il complesso motivo dedotto la ricorrente ha denunciato (ai sensi dell’art.
360, nn. 3,4 e 5, c.p.c.) le seguenti violazioni: a) violazione e mancata applicazione

2

Ritenuto in fatto

degli artt. 2 e 4 della legge n. 89 del 2001, con conseguente illegittimità della
declaratoria di inammissibilità per ricorso per mancanza di prova; b) violazione
dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla quantificazione del danno da durata
irragionevole; c) violazione e mancata applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., oltre

dell’art. 2727 e segg. c.c. in punto di presunzioni; e) violazione e falsa applicazione
dell’art. 244 c.p.c. con riferimento all’art. 737 c.p.c. ed ai procedimenti camerali in
genere; f) violazione e falsa applicazione degli artt. 123 e 124 disp. att. c.p.c. nonché
dell’art. 112 d.P.R. n. 1229 del 1959; g) contestuale violazione e mancata
applicazione dell’art. 6 & 1 e dell’ari .13 della C.E.D.U.; h) omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa il punto decisivo della controversia attinente alla
dichiarata intempestività del ricorso per equa riparazione.
2. Rileva il collegio che il motivo (articolato nelle riportate censure) è fondato —
quanto alle violazioni dedotte con riferimento alla prospettata illegittimità della
dichiarata tardività della proposizione del ricorso per equa riparazione – e deve
essere accolto nei termini che seguono.
Secondo l’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte (cfr.,
ad es., Cass. n. 17249 del 2006 e Cass. n. 16367 del 2011, ord.), in tema di equa
riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata del processo, l’oggetto
della domanda è individuabile nella richiesta di accertamento della violazione,
rispetto alla quale l’onere della parte istante è limitato alla semplice allegazione dei
dati relativi alla sua posizione nel processo (data iniziale di questo, data della sua
definizione, eventuale articolazione nei diversi gradi) e non anche alla produzione
degli atti posti in essere nel processo presupposto. In altri termini, In tema di equa
riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata del processo, la legge

– 3 –

che dell’art. 2697 c.c., in punto di prova; d) violazione e mancata applicazione

(art. 2, comma secondo, legge n. 89 del 2001) affida l’accertamento in concreto della
violazione al giudice: la parte ha indubbiamente un onere di allegazione e
dimostrazione, ma esso riguarda la sua posizione nel processo, la data iniziale di
questo, la data della sua definizione e gli eventuali gradi in cui si è articolato, e spetta

parte resistente – verificare in concreto e con riguardo alle singole fattispecie se vi sia
stata una violazione del termine ragionevole, avvalendosi anche – secondo il modello
processuale di cui agli artt. 737 e ss. c.p.c. adottato dalla legge (art. 3, comma 4,
legge cit.) – di poteri di iniziativa, i quali si estrinsecano attraverso l’assunzione di
informazioni che, espressamente prevista dall’art. 738 c.p.c., non resta subordinata
all’istanza di parte. Pertanto, il giudice – pur non essendo obbligato ad esercitare tali
poteri, potendo attingere “aliunde” le fonti del proprio convincimento – non può
ascrivere alla parte un’asserita carenza probatoria superabile con l’esercizio dei
poteri di iniziativa d’ufficio, né, tanto meno, può ignorare la richiesta della parte
ricorrente di acquisire, ai sensi dell’art. 3, comma quinto, della legge n. 89 del 2001,
gli atti del processo presupposto e fondare il proprio convincimento su mere ipotesi in
ordine alle cause della durata dello stesso. Inoltre, la giurisprudenza di questa Corte
(cfr. Cass. n. 13752 del 2011, ord.) ha chiarito che, qualora si intendano contestare i
fatti allegati dal ricorrente, l’onere della prova in ordine alla eventuale tardività della
domanda di equa riparazione, per avvenuto decorso del termine decadenziale di cui
all’art. 4 della legge n. 89 del 2001 con riferimento all’individuazione del momento in
cui è passata in giudicato la sentenza del processo presupposto, grava sulla parte
che sollevi la relativa eccezione.
Pertanto, nella specie, si deve ritenere che la Corte di appello si trovava nella
possibilità di verificare che, al momento del deposito del ricorso per equa riparazione

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poi al giudice – sulla base dei dati suddetti e di quelli eventualmente addotti dalla

(avvenuto il 5 maggio 2011), il termine semestrale di decadenza – previsto dall’art. 4
della legge n. 89 del 2001 – non era ancora decorso, dovendosi computare il dies a

quo di decorrenza di detto termine dal passaggio in giudicato (non contestato ed
evincibile dalle produzioni di parte ricorrente, la quale aveva anche allegato

successive impugnazioni) della sentenza di secondo grado pubblicata il 22 settembre
2009 (tenendosi conto, “ratione temporis”, del termine annuale ex art. 327 c.p.c., con
l’aggiunta del periodo di sospensione feriale, con conseguente acquisizione del
carattere dell’incontrovertibilità, da parte della sentenza del giudizio presupposto, in
data 7 novembre 2010) in difetto della prova dell’avvenuta precedente notificazione
della sentenza ad istanza della parte avversa (il cui onere gravava sul convenuto
Ministero: cfr. Cass. n. 13752 del 2011, ord., cit.).
Pertanto, la Corte di merito non avrebbe potuto, nel caso di specie, rilevare la
decadenza dall’azione poiché il ricorso era stato proposto antecedentemente al
decorso dei sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza del procedimento
presupposto, senza che l’Amministrazione resistente avesse provato che era
intervenuta la pregressa notificazione della sentenza stessa al fine dell’applicazione
del c.d. termine breve di cui all’art. 325 c.p.c. .
Deve, quindi, essere riconfermato il principio secondo cui,

in tema di equa

riparazione per violazione del termine ragionevole di durata del processo, ai
fini dell’individuazione della data di decorrenza del termine di decadenza di sei
mesi per la proponibilità della domanda, la decisione conclusiva del
procedimento, nel quale la violazione si assume verificata, diventa “definitiva”
con il passaggio in giudicato della sentenza che lo definisce, con la
conseguenza che allorché la decisione che conclude il processo presupposto

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certificazione della competente cancelleria attestante la mancata proposizione di

sia stata depositata ma non notificata, la sua definitività si identifica con il
decorso del c.d. termine lungo previsto dall’art. 327 c.p.c. e del periodo di
sospensione feriale dei termini.

3. In definitiva, il ricorso deve essere accolto per quanto di ragione (rimanendo

del processo presupposto e del relativo danno) con conseguente cassazione del
decreto impugnato e rinvio della causa alla Corte di appello di Campobasso, in
diversa composizione, che si atterrà all’enunciato principio di diritto e pronuncerà sul
merito del ricorso per equa riparazione (valutando tutte le condizioni previste dall’art.
2 della legge n. 89 del 2001), regolando anche le spese del presente giudizio di
legittimità.
PER QUESTI MOTIVI

La Corte accoglie, per quanto di ragione, il proposto ricorso; cassa il decreto
impugnato e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte
di appello di Campobasso, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte
suprema di Cassazione, in data 12 novembre 2013.

assorbite le censure attinenti direttamente alla valutazione della durata irragionevole

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