Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11798 del 09/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 09/06/2016, (ud. 27/01/2016, dep. 09/06/2016), n.11798

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15633-2013 proposto da:

R.G., (OMISSIS), R.M. (OMISSIS),

R.A. (OMISSIS), G.B.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.

PISANELLI 4, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GIGLI, che li

rappresenta e difende unitamente agli avvocati FIORENZO FESTI,

GIANROBERTO VILLA giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

MORGAN STANLEY BANK INTERNATIONAL LIMITED – MILAN BRANCH, in

persona del suo procuratore speciale e legale rappresentante pro

tempore Dott. M.M., elettivamente domiciliata in ROMA,

CORSO VITTORIO EMANUELE II 284, presso lo studio dell’avvocato

MASSIMO VITTORIO GRECO, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MARCO SAVERIO SPOLIDORO giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1832/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 25/05/2012, R.G.N. 93/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/01/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito l’Avvocato GIANROBERTO VILLA;

udito l’Avvocato MASSIMO GRECO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con atto di citazione notificato il 16.3.2004 R.G., R. M., R.A. e G.B. esponevano di aver concluso, in data (OMISSIS), con la Morgan Stanley Bank International Limited – Milan Branch un contratto di gestione su base individuale di portafogli di investimento. La gestione produceva risultati negativi, quantificati in Euro 1.169.948,61, che gli attori addebitavano alla banca, resasi colpevole di gravi inadempimenti di natura formale nonchè della violazione di obblighi di correttezza, trasparenza e diligenza. Convenivano quindi in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano la Morgan Stanley Bank chiedendo, previo accertamento della responsabilità della banca, dichiararsi la nullità del contratto intercorso tra le parti o annullarlo, con condanna della banca alla restituzione delle somme versate; in subordine, dichiararsi la risoluzione del contratto, con condanna della banca al risarcimento dei danni.

Si costituiva la Morgan Stanley Bank contestando la pretese attoree.

A seguito di istanza di fissazione di udienza D.Lgs. n. 5 del 2003, ex art. 8 notificata dagli attori, veniva fissata udienza collegiale.

Confermato il decreto del giudice relatore ed assunte le provò, il Collegio, in accoglimento dell’istanza con la quale gli attori deducevano l’inesistenza della notifica della comparsa di costituzione, previa revoca delle precedenti ordinanze, dichiarava la contumacia della banca convenuta ed ammetteva la consulenza tecnica richiesta dagli attori.

2. La causa veniva quindi decisa con sentenza del 16.10.2007, con la quale il Tribunale respingeva le domande attoree regolando le spese di lite secondo soccombenza.

3. Interposto gravame, la Corte d’appello di Milano, con decisione del 25.5.2012, confermava la sentenza impugnata e condannava appellanti al pagamento delle spese del grado.

Rilevava – in sintesi – la corte che: la sentenza della Corte costituzionale n. 340 del 2007, dichiarativa della illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 13, comma 2, in materia di processo societario, spiegava efficacia retroattiva, sicchè non poteva operare la ficta confessio, in origine prevista dalla suddetta norma, nel caso di specie, in cui l’attore, nella contumacia del convenuto, aveva proposto istanza di fissazione di udienza; dagli, atti prodotti emergeva la tempestiva consegna del documento sui rischi generali nonchè la sottoscrizione del contratto di gestione preso la banca; la mancata acquisizione dei rendiconti necessari l’espletamento dell’indagine peritale era dipesa dalle scelte processuali degli attori in primo grado, di modo che la produzione documentale non era ammissibile in appello.

4. Contro la decisione R.G., R.M., R.A. e G.B. propongono ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi ed illustrato da memoria.

Resiste con controricorso la Morgan Stanley Bank International Limited – Milan Branch.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo (art. 360 n. 3 c.p.c.) i ricorrenti lamentano che, dopo aver fondato la loro condotta processuale davanti al Tribunale di Milano sull’istituto della ficta confessio di cui al D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 13, comma 2, e dopo aver impugnato la sentenza di primo grado invocando la corretta applicazione di detto istituto, la Cbrte d’appello di Milano aveva ritenuto ab origine inapplicabile il citato D.Lgs. n. 5 del 2003, Art. 13, comma 2 in quanto dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza del 12.10.2007.

Deducono che l’adempimento processuale costituito dalla proposizione dell’istanza di fissazione d’udienza si era esaurito con il compimento dell’atto, di modo che non operava retroattivamente, come invece erroneamente ritenuto dalla corte territoriale, l’illegittinfità costituzionale della ficta confessio.

Conseguentemente, stante la presunzione di prova del comportamento negligente della banca posta dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, comma 4, ed in considerazione della ficta confessio D.Lgs. n. 5 del 2003, ex art. 13, comma 2, sussisteva, nella specie, la responsabilità della Morgan Stanley Bank International Limited –

Milan Branch.

Il motivo è infondato.

Le sentenze di accoglimento della Corte costituzionale hanno effetto retroattivo, con l’unico limite costituito dalle situazioni consolidate per essersi il rapporto già esaurito; nel caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma processuale, fin quando la validità ed efficacia degli atti disciplinati da detta norma sono sub iudice, il rapporto processuale non può considerarsi esaurito, sicchè nel momento in cui viene in discussione la ritualità dell’atto la valutazione della sua conformità alla disposizione va valutata avendo riguardo alla sua modificazione conseguita dalla sentenza di illegittimità costituzionale, indipendentemente dal tempo in cui l’atto è stato compiuto (Cass. civ., sez. 1, 09-01-2004, n. 113).

Sulla base di tali principi, ai fini dell’indagine circa la ricorrenza un rapporto esaurito a seguito di pronuncia di illegittimità costituzionale, non rileva, come sostengono i ricorrenti, il momento in cui è stata presentata l’istanza di fissazione di udienza da parte degli attori in primo grado, bensì il fatto che, a seguito del gravame proposto, risultava nella specie ancora sub iudice la questione relativa alla operatività della ficta confessio prevista dal D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 13, comma 2, norma dichiarata illegittima con sentenza emessa dalla Corte costituzionale il 12.10.2007, in epoca compresa tra la data di decisione e la data di pubblicazione della sentenza in questa Sede impugnata.

Correttamente pertanto la corte territoriale, stante l’attualità della questione inerente l’applicabilità della disciplina probatoria dettata dal D.Lgs. n. 5 del 2003art. 13, comma 2, ha ritenuto che gli effetti dell’istanza di fissazione di udienza, nell’ipotesi in cui il convenuto non abbia notificato la comparsa di risposta nei termini fissati, debbano essere valutati tenendo conto della retroattività della declaratoria di illegittimità costituzionale, con esclusione, quindi, della operatività della ficta confessio.

Quanto alla asserita violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, comma 4, norma che prevede che nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta, va richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di intermediazione finanziaria, allorchè risulti necessario accertare la responsabilità contrattuale per danni subiti dall’investitore, va accertato se l’intermediario abbia diligentemente adempiuto alle obbligazioni scaturenti dal contratto di negoziazione nonchè, in ogni caso, a tutte quelle obbligazioni specificamente poste a suo carico dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, nonchè dalla normativa secondaria, risultando, quindi, così disciplinato, il riparto dell’onere della prova: l’investitore deve allegare l’inadempimento delle citate obbligazioni da parte dell’intermediario, nonchè fornire la prova del danno e del nesso di causalità fra questo e l’inadempimento, anche sulla base di presunzioni; l’intermediario, a sua volta, deve provare l’avvenuto adempimento delle specifiche obbligazioni poste a suo carico, allegate come inadempiute dalla controparte, e, sotto il profilo soggettivo, di avere agito “con la specifica diligenza richiesta” (Cass., sez. 1, 17-022009, n. 3773;

Cass., sez. 1, 29-10-2010, n. 22147; Cass., sez. 1, 19-01-2016, n. 810).

Nel caso in esame, gli investitori non hanno fornito la prova del danno e del nesso di causalità fra questo e l’inadempimento non avendo la C.T.U. espletata in primo grado, richiesta dagli attori, fornito alcun elemento utile al riguardo. In assenza di siffatta prova, va esclusa la responsabilità della banca, indipendentemente dall’assolvimento dell’onere probatorio posto a suo carico.

2. In applicazione del medesimo principio di diritto ed in considerazione del difetto di prova del danno e del nesso causale tra danno e inadempimento, va disatteso anche il secondo motivo di ricorso, con il quale si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) per non avere la corte territoriale, a fronte della allegazione da parte degli odierni ricorrenti dell’inesatta adempimento da parte della Morgan Stanley Bank Internatibnal Limited – Milan Branch ed in assenza di prova da parte di quest’ultima di aver esattamente adempiuto, affermato la responsabilità della banca. Al riguardo, Cass., sez. 1, 19-01-2016, n. 810, sopra menzionata, ha chiarito che “applicando il principio sull’onere della prova nella materia contrattuale enunciato dalle Sezioni unite dalla ricorrente richiamate (Cass., sez. un., 30 ottobre 2001, 13533), l’investitore dovrà allegare l’inadempimento di quelle obbligazioni disciplinate dal t.u.f. e dalla normativa regolamentare, e dovrà fornire la prova del danno e del nesso di causalità tra questo e l’inadempimento. In sostanza, nessuna norma esonera il cliente dall’onere di allegazione delle obbligazioni che lamenti essere rimaste inadempiute: il t.u.f. stabilisce che nei giudizi di risarcimento del danno l’intermediario deve fornire la prova di aver agito con la specifica diligenza richiestagli, ma l’inversione dell’onere della prova non attiene alla sussistenza del danno e al nesso di causalità, restando la dimostrazione di tali elementi onere dell’investitore”.

3 – 4. Con il terzo e quarto motivo di ricorso, che in quanto strettamente connessi possono essere esaminati congiuntamente, si denuncia, rispettivamente sotto il profilo dell’error in iudicando e dell’error in procedendo, la violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3.

Sostengono i ricorrenti che l’applicazione retroattiva operata dalla Corte d’appello di Milano della pronuncia di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 13, comma 2, aveva determinato un cambiamento a posteriori delle regole del gioco, sicchè la corte di merito avrebbe dovuto accogliere le richieste istruttorie relative alla produzione di documenti (rendiconti periodici di gestione) e all’ammissione di una nuova C.T.U. basata (anche) su tale documentazione, richieste giustificate da esigenze probatorie emerse solo in grado di appello e non sussistenti nel precedente assetto normativo nel quale vigeva la ficta confessio.

I motivi sono infondati.

La corte territoriale ha rilevato che nel giudizio di appello l’indispensabilità delle nuove prove deve apprezzarsi con esclusivo riferimento alla decisione di primo grado e al modo in cui essa formata, con la conseguenza che se la decisione è avvenuta in una situazione nella quale lo sviluppo del contraddittorio e delle deduzioni istruttorie avrebbe consentito alle parti di valersi del mezzo di prova, deve escludersi che la prova sia indispensabile se la decisione si è formata prescindendone, essendo imputabile alla negligenza della parte il non aver introdotto tale prova. Nella specie, essendo la mancata acquisizione dei rendiconti periodici di gestione nel primo grado di giudizio imputabile alla negligenza o comunque alle scelte processuali di parte attrice, non è ammissibile in appello la produzione documentale.

Le ampie e condivisibili argomentazioni svolte dai giudici di merito rendono palese l’infondatezza delle censure formulate nei confronti della sentenza impugnata, le quali postulano che, stante la mancata costituzione della banca convenuta, gli odierni ricorrenti fossero esenti da ogni onere probatorio sulla base della ficca confessio prevista dalD.Lgs. n. 5 del 2003, art. 13, comma 2, dichiarata incostituzionale solo dopo la decisione di primo grado. L’assunto risulta smentito dalla giurisprudenza in precedenza richiamata, che pone a carico dell’investitore l’onere di fornire la prova del danno e del nesso di causalità fra questo e l’inadempimento. Del resto, lo stesso Tribunale di Milano, pronunciandosi prima della declaratoria di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 13, comma 2, ha ritenuto che gli elementi probatori acquisiti al giudizio non fossero sufficienti ai fini della condanna della banca al risarcimento del danno.

5. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta la contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Deducono i ricorrenti che la corte territoriale, a fronte della prova scritta offerta dagli appellanti di aver ricevuto il documento sui rischi generali dell’investimento con il ritardo di un anno rispetto alla conclusione del contratto, prova scritta consistente nella firma e nella data apposte sul documento stesso, aveva dato prevalenza alla barratura della casella del contratto di gestione; di contro, a fronte della mancata barratura della casella relativa alla conclusione del contratto di gestione presso la sede della banca, la corte aveva dato prevalenza alla data e alla firma apposte sul contratto di gestione.

Il motivo è infondato.

La differente valutazione operata dalla corte di merito trova giustificazione nelle circostanze evidenziate in motivazione, non contestate dai ricorrenti, in relazione a ciascuno dei documenti in questione. E difatti, con riguardo al documento sui rischi generali, la corte territoriale ha evidenziato che detto documento doveva essere soltanto consegnato agli investitori, di modo che la sottoscrizione dello stesso poteva essere avvenuta a distanza di tempo dalla consegna, mentre la conclusione del contratto di gestione presso la sede della banca era documentalmente provata dalla sottoscrizione da parte degli investitori – residenti in provincia di (OMISSIS) – del contratto e relativi allegati in (OMISSIS), sede della banca.

6. In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, i ricorrenti sono tenuti al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 27 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2016

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