Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11797 del 14/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 14/05/2010, (ud. 23/02/2010, dep. 14/05/2010), n.11797

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Rio di Cervesi Celeste & C. s.a.s., con sede in

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante C.C.,

rappresentata e difesa per procura a margine del ricorso dagli

Avvocati Santoro Clelia e Roberto Ciociola, elettivamente domiciliata

presso lo studio del secondo, in Roma, via Flaminia n. 79;

– ricorrente –

contro

Comune di San Giovanni in Marignano, in persona del sindaco pro

tempore. rappresentata e difesa per procura a margine del

controricorso dall’Avvocato prof. del Federico Lorenzo, elettivamente

domiciliato presso il suo studio in Roma, via F. Denza n. 20;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 69 della Commissione tributaria regionale

dell’Umilia Romagna, depositata il 13.10.2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23.2.2010 dal consigliere relatore dott. BERTUZZI Mario;

Viste le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. APICE Umberto, che ha chiesto l’accoglimento del primo

motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri ed il ricorso

incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 4. 4. 2005, la s.a.s. Rio di Cervesi Celeste &

C. ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 69 del 13.10.2004. con cui la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna aveva respinto il suo appello per la riforma della pronuncia di primo grado che aveva rigettato il suo ricorso per l’annullamento degli avvisi di liquidazione emessi dal comune di San Giovanni in Marignano per il pagamento dell’ICI per gli anni dal 1993 al 1999, ritenendo il giudice di secondo grado l’appello infondato per essersi la ricorrente limitata a riproporre le medesime doglianze gia’ esaminate in primo grado, senza censurare specificatamente le ragioni della decisione impugnata.

Il comune di San Giovanni in Marignano si e’ costituito con controricorso ed ha proposto, a sua volta, ricorso incidentale condizionalo, affidato ad un unico motivo, cui resiste con controricorso e successiva memoria la societa’ contribuente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c. in quanto proposti nei confronti della medesima sentenza. Il primo motivo di ricorso denunzia ” Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa i punti decisivi della controversia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5″, censurando la decisione impugnata per avere respinto l’appello sulla base della sola considerazione che la ricorrente si era limitata a riproporre i motivi e le argomentazioni addotti in primo grado. Ad avviso della ricorrente tale statuizione e’ errata per avere il giudice a qua malamente interpretato sia l’atto di appello che i requisiti di contenuto in generale richiesti, a pena di inammissibilita’, per tale allo di impugnazione, per il quale non sono previste formule sacramentali ma e’ sufficiente, ai sensi dell’art. 342 c.p.c. che la parte spieghi le ragioni del gravame in modo da consentire al giudice di individuare i punti da esaminare e di vagliarne la fondatezza.

Cio’ in quanto fatto di appello introduco un giudizio di secondo grado che e’ diretto a provocare una nuova valutazione di merito sulla domanda. Si sostiene quindi che la societa’ ricorrente, nel proprio atto di impugnazione, aveva contestato punto per punto quanto affermato dai primi giudici, censurando in modo specifico le ragioni della decisione di primo grado, per quanto riguarda la reiezione sia dell’eccezione di decadenza che il motivo che deduceva l’illegittima utilizzazione della rendita catastale per le annualita’ precedenti la sua notificazione.

Il mezzo e’ fondato.

Merita preliminarmente chiarire che il motivo, seppure rubricato sotto il profilo del vizio di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, complessivamente considerato, contiene in se’ anche la denunzia di violazione della legge processuale, in particolare con riferimento alla dedotta falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 che, analogamente all’art. 342 c.p.c. si occupa della forma dell’atto di appello nel processo tributario, richiedendo che esso, oltre a contenere l’esposizione sommaria dei fatti e l’oggetto della domanda, indichi “i motivi specifici dell’impugnazione” comminando, in caso di mancanza di tale requisito, l’inammissibilita’ della stessa, e in particolare con riferimento a tale censura che il motivo deve dichiararsi fondato.

Tanto premesso, dall’esame degli atti di causa – consentito a questa Corte in ragione proprio della natura processuale del vizio denunziato (Cass. n. 806 del 2009; Cass. n. 21676 del 2008) – risulta che la societa’ contribuente aveva impugnato gli avvisi di liquidazione deducendo la decadenza dell’Amministrazione nonche’ l’illegittimita’ degli atti opposti per difetto di motivazione e per avere il Comune determinato l’imposta sulla base della nuova rendita catastale adottata in diletto di variazioni o modifiche di destinazione dell’immobile e comunque messa in atti il 14.12.2000, conferendole in tal modo efficacia retroattiva. La Commissione di primo grado aveva respinto l’impugnativa ritenendo tempestiva l’attivita’ di liquidazione ed osservando che gli avvisi erano sufficientemente motivati e che il comune si era legittimamente avvalso della nuova rendita, riguardando l’art. 74 citato soltanto le modalita’ con cui la rendita deve essere portata a conoscenza del destinatario, senza investire minimamente il poter di accertamento e di liquidazione dell’Ufficio. Dalla lettura dell’atto di appello si rileva, invece, che la societa’ contribuente aveva avanzato contro questa pronuncia specifiche censure, assumendo:

a) quanto all’eccepita decadenza, l’erroneita’ dell’affermazione del giudicante in ordine all’applicabilita’ della disposizione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 1 anche al caso in cui la rendita sia divenuta inattuale per intervenute modificazioni dell’immobile, deducendo, in contrario, che il bene era stato regolarmente accatastato e non aveva subito alcuna modifica o variazione di destinazione tale da rendere necessaria una nuova dichiarazione al comune;

b) che, in relazione alla ritenuta sufficienza di motivazione degli atti opposti, la motivazione fornita era stereotipata “in quanto, nella fattispecie, non c’e’ stata alcuna attribuzione di rendita definitiva, trattandosi di immobile iscritto in catasto con messa in atti dal lontano 1996”;

c) con riguardo alla affermata applicabilita’ della nuova rendita, che la Commissione tributaria provinciale non aveva fornito adeguata motivazione dell’interpretazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1 da essa accolta, ribadendo la propria tesi circa l’inapplicabilita’ della nuova rendita alle annualita’ precedenti la sua notificazione all’interessato.

La lettura dell’atto di appello, posto in raffronto con la pronuncia di primo grado e con gli originari motivi di impugnativa, dimostra che le censure sollevate nell’atto di gravame, oltre ad individuare esattamente i punti della decisione di cui la parte chiedeva il riesame, sottoponevano a critica le argomentazioni accolte dal primo giudice, opponendo ad esse contrapposte ragioni di fatto e di diritto. Nessun particolare significato puo’ invece annettersi alla circostanza che tali argomenti critici riproponessero le medesime censure svolte nel ricorso introduttivo avverso gli atti impugnati.

Sul punto questa Corte ha piu’ volte affermato che, ai fini del requisito della specificita’ dei motivi di appello, e’ del tutto indifferente che l’appellante abbia riprodotto le stesse argomentazioni addotte a sostegno della domanda respinta dal giudice di primo grado, dovendo il vaglio del giudice dell’impugnazione valutare la specificita’ dei motivi sotto il profilo della esatta individuazione del devoluto, cioe’ dei capi della decisione investiti dalla domanda di riforma, e se, in relazione alle statuizioni impugnate, le ragioni addotte a sostegno del gravame integrino argomenti contrapposti alle motivazioni della sentenza, in modo tale da poter ravvisare nell’alto di impugnazione non gia’ una riproduzione astusa dei temi gia’ esposti in primo grado, bensi’ una critica effettiva alle ragioni della sentenza impugnata (Cass. n. 4068 del 2009; Cass. S.U. n. 28057 del 2008; Cass. n. 7960 del 2007).

La ricostruzione degli alti processuali rende evidente quanto la Commissione tributaria regionale ha ritenuto escluso, vale a dire che fatto di gravame proposto dalla societa’ contribuente sollevava critiche alla sentenza impugnata formulale con un grado di specificita’ e determinatezza sufficienti a superare.

Sotto il profilo considerato, il vaglio di ammissibilita’ imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1.

Il primo motivo del ricorso principale va pertanto accolto.

Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 4, e art. 11, comma 1 ultimo periodo, della L. n. 448 del 2001, art. 27, comma 9 nonche’ dell’art. 112 c.p.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 lamentando che la Commissione regionale non si sia pronunciata sull’eccezione di decadenza del potere impositivo del comune formulata dalla societa’ contribuente nel proprio atto di appello.

Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1, della L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 1, e art. 6, comma 1, nonche’ dell’art. 112 c.p.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 lamentando che la Commissione regionale non si sia pronunciata sul motivo riproposto in appello che assumeva l’illegittimita’ degli avvisi impugnati in quanto relativi ad annualita’ precedenti all’avvenuta notifica della rendita catastale alla contribuente.

Entrambi questi motivi si dichiarano assorbiti per effetto dell’accoglimento del primo motivo.

L’unico motivo del ricorso incidentale denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 24 e 57 e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata per avere disatteso l’eccezione, formulata dal Comune nel proprio atto di costituzione in appello, di inammissibilita’ per novita’ del motivo con cui la controparte aveva dedotto la non riconducibilita’ del caso di specie alla previsione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 4.

Il motivo appare inammissibile per difetto di interesse, tenuto conto che il comune di San Giovanni in Marignano ha visto completamente accolte le proprie ragioni nel giudizio di merito e che comunque la parte potra’ riproporre le argomentazioni disattese nel giudizio di rinvio.

In accoglimento del primo motivo del ricorso principale, la sentenza va cassata e la causa rinviata ad altra Sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, che provvedera’ anche alla liquidazione delle spese di giudizio.

PQM

Riunisce i ricorsi: accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti gli altri motivi del ricorso principale ed inammissibile il ricorso incidentale proposto dal Comune; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnala e rinvia la causa ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, che provvedera’ anche alla liquidazione delle spese di giudizio.

Cosi’ deciso in Roma, il 23 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2010

 

 

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