Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11797 del 05/05/2021

Cassazione civile sez. I, 05/05/2021, (ud. 08/02/2021, dep. 05/05/2021), n.11797

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21537/2017 proposto da:

P.A.S., elettivamente domiciliato in Roma, Via del

Cancello n. 20, presso lo studio dell’avvocato Pedone Luigi,

rappresentato e difeso dall’avvocato Torricelli Valentino, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Q.F., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato Marzo Riccardo, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di LECCE, del 17/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/02/2021 dal cons. Dott. CLOTILDE PARISE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 23-6-2016 il Tribunale di Lecce, pronunciando sul ricorso proposto L. n. 898 del 1970, ex art. 9 da P.A.S. nei confronti di Q.F. avente ad oggetto la modifica delle condizioni di divorzio di cui alla sentenza del 29/10/2015, riduceva l’assegno divorzile in favore dell’ex moglie da Euro 300 a Euro 200 mensili.

2. Con decreto n. 974/2017 depositato il 17-5-2017 la Corte d’appello di Lecce, per quanto ancora di interesse, ha rigettato il reclamo principale proposto da P.A.S. avverso il citato decreto del Tribunale di Lecce. La Corte d’appello ha ritenuto che: (i) non vi fosse prova che la Q. percepisse dall’Inps Euro685 mensili a titolo di pensione, contrariamente a quanto sostenuto dal P., essendo documentata la percezione dell’importo mensile di Euro 149; (ii) non avesse rilevanza quale fatto sopravvenuto il nuovo matrimonio del P., perchè nella sentenza di divorzio si dava già conto della costituzione di nuovo nucleo familiare da parte dell’ex marito; (iii) non fosse dimostrato che la patologia sofferta dal P. a seguito di infarto miocardico avesse inciso sulla sua condizione economica, dato che era pensionato e non aveva documentato spese per somministrazione di farmaci tali da comportare un significativo esborso economico.

3. Avverso questo decreto propone ricorso per cassazione P.A.S., affidato a tre motivi, nei confronti di Q.F., che resiste con controricorso.

4. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente denuncia: (i) con il primo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. n. 898 del 1970, art. 9 e art. 5, comma 6 e della L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 6 e 7 per avere l’ex moglie diritto a percepire l’assegno sociale di Euro 449,60, avendo la stessa compiuto sessantacinque anni e potendo mantenersi dignitosamente con quella somma e con l’aiuto delle figlie presso le quali vive, mentre il ricorrente deve provvedere al mantenimento della nuova moglie in Romania e di altre due figlie avute da altra compagna; (h) con il secondo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione degli artt. 155 e 213 c.p.c., per non avere la Corte d’appello, una volta ritenuto non dimostrato l’assunto del reclamante, richiesto informazioni all’Inps ex art. 213 c.p.c. sulla corresponsione dell’assegno sociale alla Q.; (iii) con il terzo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. n. 898 del 1970, art. 9, comma 1 e degli artt. 2727 e 2729 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto non provato il peggioramento delle condizioni economiche dell’onerato, nonostante la documentata patologia da cui è affetto e da cui è dato desumere in via presuntiva il peggioramento delle sue condizioni economiche per spese continue di medicinali e di visite specialistiche.

2. In via pregiudiziale, deve disattendersi l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione con riguardo al profilo evidenziato dalla controricorrente.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità (tra le tante Cass. n. 12018/2019; Cass. n. 11218/2013) il decreto pronunciato dalla corte d’appello in sede di reclamo avverso il provvedimento del tribunale in materia di modifica delle condizioni della separazione personale concernenti l’affidamento dei figli ed il rapporto con essi, ovvero la revisione delle condizioni inerenti ai rapporti patrimoniali fra i coniugi ed il mantenimento della prole ha carattere decisorio e definitivo, seppure rebus sic stantibus, ed è, pertanto, ricorribile in cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost..

3. Il primo motivo è infondato.

3.1. In ordine alla questione della rilevanza, ai fini della determinazione dell’assegno divorzile, delle provvidenze sociali erogate dal sistema pubblico allargato, ritiene il Collegio di dover ribadire il principio di diritto, affermato da Cass. n. 1203/2006, secondo il quale “In tema di assegno di divorzio e di concreta determinazione del relativo ammontare, la titolarità della pensione sociale, risolvendosi in una fonte idonea a sopperire in qualche misura alle esigenze di vita di chi la percepisce, rappresenta un elemento valutabile ai fini dell’accertamento della condizione economica del coniuge richiedente l’assegno di divorzio”.

3.2. Nella specie, detto principio ha trovato corretta applicazione, atteso che il Tribunale, con statuizione confermata dalla Corte d’appello, ha ridotto l’assegno divorzile inizialmente riconosciuto alla Q. proprio in considerazione del fatto, sopravvenuto, che quest’ultima ha iniziato a percepire, dal (OMISSIS), l’assegno sociale, versato in misura ridotta in virtù della concomitante, ma preesistente, percezione dell’assegno divorzile, che, in quanto reddito soggetto all’Irpef, è ostativo alla corresponsione dell’assegno sociale nella misura intera, ai sensi della L. n. 335 del 1995, art. 6, comma 3.

La censura è, pertanto, infondata, non ricorrendo la denunciata violazione della L. n. 898 del 1970, art. 9 e art. 5, comma 6, e della L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 6 e 7, nè costituendo fatto sopravvenuto, in base a quanto accertato dai giudici di merito, la costituzione di un nuovo nucleo familiare da parte del ricorrente, che non svolge alcuna critica specifica alla motivazione del decreto impugnato sul punto.

4. Il secondo motivo è inammissibile.

4.1. La doglianza non si confronta con il percorso argomentativo del decreto impugnato, avendo la Corte d’appello affermato, all’esito di un accertamento di fatto basato sulle risultanze documentali, che l’importo dell’assegno sociale percepito dalla Q. era quello indicato dal Tribunale, non il maggiore indicato dal reclamante.

Il ricorrente non formula critiche specifiche in ordine a detto accertamento fattuale e si duole dell’omessa richiesta di informazioni all’Inps ex art. 213 c.p.c. non per accertare quanto in concreto corrisposto dall’Inps alla Q., che è già dimostrato in causa, ma al fine di verificare, per quanto è dato comprendere, quale ipotetico importo la Q. avrebbe diritto a percepire dall’Inps se l’assegno divorzile venisse revocato proprio in virtù, secondo la sua prospettazione che è infondata per quanto infra precisato (p.3.2.), dell’eventualità di ricevere l’assegno sociale in misura intera.

A ciò si aggiunga che, secondo l’orientamento di questa Corte condiviso dal Collegio (Cass. n. 34158/2019), l’esercizio del potere, previsto dall’art. 213 c.p.c., di richiedere d’ufficio alla P.A. le informazioni relative ad atti e documenti della stessa che sia necessario acquisire al processo, costituisce una facoltà rimessa alla discrezionalità del giudice, il mancato ricorso alla quale non è censurabile in sede di legittimità.

5. Anche il terzo motivo è inammissibile.

5.1. La censura non si confronta, ancora una volta, con il percorso argomentativo del decreto impugnato, per avere la Corte di merito, con adeguata motivazione, ritenuto non dimostrato che la patologia sofferta dal P. a seguito di infarto miocardico avesse inciso sulla sua condizione economica, dato che era pensionato e non aveva documentato spese per somministrazione di farmaci tali da comportare un significativo esborso economico.

Il ricorrente non svolge alcuna critica specifica al suddetto iter motivazionale, ma si limita a richiamare genericamente le norme in tema di presunzioni, senza denunciare il cd. vizio di sussunzione, che è il solo con cui è possibile censurare, in sede di legittimità, la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. e che ricorre quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso (da ultimo Cass. n. 3541/2020).

6. In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso spese generali (15%) ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 8 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2021

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