Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11795 del 14/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 14/05/2010, (ud. 22/02/2010, dep. 14/05/2010), n.11795

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

N.U., elettivamente domiciliato in Roma Via dei Durantini

171 presso lo studio dell’avv. Luca Bastrentaz e rappresentato e

difeso giusta procura speciale a margine del ricorso dall’avv. DAL

PIAZ Massimo del foro di Firenze;

– ricorrente –

contro

Comune di Fiesole, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato

e difeso dagli Avv.ti MANZATI Sandro del Foro di Firenze e Antonio

Statizzi del foro di Roma presso il cui studio è elett.te

domiciliato in Roma, Via Archimede 138 giusta mandato in calce al

ricorso notificato;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 15/05/04, depositata in data 9 luglio 2004,

della Commissione tributaria regionale della Toscana;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

22.2.10 dal Consigliere Dott. Giovanni Carleo;

Udita la difesa svolta da Michele D’Ippolito, per conto di parte

ricorrente, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso, la

cassazione della sentenza impugnata con ogni consequenziale

statuizione anche in ordine alle spese processuali;

sentita la difesa svolta dall’avv. Antonio Stanizzi per conto di

parte resistente, che ha concluso per il rigetto del ricorso con

vittoria di spese.

Udito il P.G., in persona del Dr. FUZIO Riccardo, che ha concluso per

il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In data 19 dicembre 2000 il Comune di Fiesole notificava a N. U. avviso di accertamento e liquidazione dell’imposta ICI relativa all’anno 1993 per un ammontare di L. 9.440.105. L’avviso in questione riguardava un’area considerata fabbricabile, dalla complessiva superficie di mq 3640. Il contribuente, deducendo l’illegittimità dell’avviso per carenza di motivazione e per la natura edificatoria dell’area, presentava ricorso a alla Commissione tributaria provinciale di Firenze, la quale lo rigettava. Proponeva appello il contribuente ribadendo le tesi esposte in primo grado (“ufficio resisteva riaffermando le proprie posizioni, la Commissione tributaria regionale della Toscana rigettava il gravame. Avverso la detta sentenza il contribuente ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. Il Comune di Fiesole resiste con controricorso. Entrambe le parti infine hanno depositato memoria difensiva, ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la prima doglianza il ricorrente ha lamentato la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, nonchè l’omessa ed insufficiente motivazione dell’impugnata sentenza in ordine all’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione. Ed invero, nel caso di specie, così continua il ricorrente l’impugnata sentenza nel riportarsi al giudizio espresso dai giudici di primo grado, si sarebbe limitata ad affermare che la perizia allegata all’avviso era idonea a consentire un’adeguata difesa senza prendere però in esame e valutare le precise o circostanziale eccezioni sollevate sul punto, tra cui la mancata indicazione dei parametri in base ai quali partendo dalla valutazione del 1997 sarebbe stato possibile calcolare il ritroso il valore dell’area per il 1993.

La censura non merita di essere condivisa. Al riguardo, a parte l’evidente inammissibilità del profilo di censura, con cui il ricorrente ha lamentato la pretesa violazione del suo diritto di difesa senza chiarire quale sarebbe stato in concreto il pregiudizio ricevuto, occorre premettere che, come risulta dalla lettura della sentenza impugnata, la Commissione di appello ha fondato il suo giudizio valutativo circa l’adeguatezza della motivazione dell’avviso di accertamento sulla base di una perizia di stima, allegata all’avviso, che era stata predisposta da un tecnico incaricato dalla Amministrazione Comunale ed approvata dalla Giunta.

Ora, posto che la perizia, che esprimeva funzionalmente le ragioni ed il contenuto della pretesa tributaria, era allegata all’avviso di accertamento notificato al contribuente, deve ritenersi che l’obbligo motivazionale dell’accertamento fu puntualmente adempiuto così come avviene tutte le volte in cui il contribuente sia stato messo in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente “an” e “quantum”. Del resto, come ha già avuto modo di statuire questa Corte, il requisito motivazionale dell’accertamento esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione di fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva, (Cass. 21571/04, n. 17762/02, n. 3549/02, n. 7284/01).

Giova aggiungere infine che la valutazione dell’adeguatezza della motivazione di un atto di imposizione, come di un qualunque atto amministrativo, involge l’interpretazione dello stesso e costituisce un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito con conseguenza che deve ritenersi preclusa ogni possibilità per la Corte di Cassazione di procedere ad una nuova valutazione delle risultanze degli atti di causa. Quanto all’omessa valutazione, da parie della CTR, di alcune eccezioni sollevate sul punto dall’appellante, tale profilo di censura deve essere ritenuto inammissibile per difetto di autosufficienza, non avendo il ricorrente assolto l’onere di riportare nel ricorso, previa precisa trascrizione, le eccezioni che assume aver sollevato nel nell’atto di appello.

Passando all’esame della seconda doglianza, articolata sotto il profilo della violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 2 e 5, dell’insufficiente motivazione della sentenza in relazione all’effettiva capacità edificatoria dell’area ed al suo valore imponibile, va rilevato che ad avviso del ricorrente, la CTR avrebbe errato quando ha ritenuto che, ai fini dell’assoggettamento all’ICI, sarebbe sufficiente l’esistenza di un piano regolatore generale, senza dover attendere l’approvazione degli strumenti attuativi. Ed invero, il semplice inserimento di un’area come edificabile nel PRG non è sufficiente a considerarla utilizzabile a scopo edificatorio in quanto utilizzabilità di un’area a scopo edificatorio deve essere attuale e non potenziale.

Anche tale censura non merita di essere condivisa. A riguardo, mette conto di sottolineare che, secondo l’orientamento ormai consolidato di questa Corte, “in tema di ICI, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 11 quaterdecies, comma 16, convertito con modificazioni dalla L. 2 dicembre 2005, n. 203, e del D.L. 4 luglio 2000, n. 223, art. 36, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. L’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo “ius aedificandi” o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 59, comma 1, lett. f), l’inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale dell’immobile impone peraltro di tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonchè della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione su valore dello stesso in comune commercio (Sez. Un. 25506/06, Cass. n. 15558/09).

Ne consegue che il ricorso per cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivi.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali che liquida in Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2010

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