Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11793 del 09/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 09/06/2016, (ud. 15/01/2016, dep. 09/06/2016), n.11793

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Francesco Antonio – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19971/2013 proposto da:

AUTOTRASPORTI G. DI G.E. E C SNC, (OMISSIS) in

persona del suo legale rappresentante signor G.R., G.

R. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.

CACCINI, 1, presso lo studio dell’avvocato ANDREINA DEGLI ESPOSTI,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIORGIO

TARABINI giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

SOCIETA’ CATTOLICA DI ASSICURAZIONE COOP. A R.L., in persona del

procuratore Dott. B.A., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE, 38, presso lo studio dell’avvocato

PIERFILIPPO COLETTI, che la rappresenta e difende giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

C.A., S.G., C.E., C.

D., CU.EM., CU.AV., C.M.,

CU.AL. C.G., CU.EL.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1636/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 15/04/2013, R.G.N. 179/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/01/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito l’Avvocato MARCO FRANCESCONI per delega;

udito l’Avvocato PIERFILIPPO COLETTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. I fatti che hanno originato la controversia possono essere riassunti nei termini di seguito indicati.

G.R., titolare della s.n.c. Autotrasporti Galli di G. E. e C., ricevette incarico da Cu.Am. di trasportare una baita prefabbricata su un terreno di proprietà del padre di quest’ultimo. Nel corso delle operazioni di sollevamento e trasporto, il braccio della gru condotta dal G. urtò la linea dell’alta tensione generando una scarica elettrica che investì il C. mentre questi aveva le mani appoggiate al carico sospeso, provocandone la morte.

Il procedimento penale incardinatosi a carico del G. si concluse, all’esito del giudizio di appello, con sentenza di condanna, poi divenuta definitiva, per omicidio colposo, sentenza in cui veniva riconosciuto un concorso di colpa della vittima nella misura del 50%.

2. Sul presupposto della accertata responsabilità penale del G., gli eredi di Cu.Am. instaurarono giudizio civile dinanzi al Tribunale di Sondrio volto alla liquidazione dei danni non patrimoniali subiti per la perdita del congiunto.

Si costituirono G.R. e la società Autotrasporti G., i quali, nel contestare il quantum risarcitorio preteso dagli attori, chiesero ed ottennero di chiamare in causa in manieva la propria compagnia assicuratrice, Società Cattolica di Assicurazione Coop. a r.l..

Costituitasi in giudizio, la compagnia assicuratrice eccepì l’inoperatività della polizza, contestando altresì l’entità del danno richiesto dagli attori.

3. Il Tribunale di Sondrio, con sentenza del 14 febbraio 2006, ha accolto la domanda risarcitoria, respingendo invece la domanda di manleva sulla base della ritenuta inoperatività della polizza assicurativa.

4. Proposto appello da G.R. e dalla società Autotrasporti G., la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 15 aprile 2013, ha rigettato l’appello, con condanna degli appellanti alla rifusione delle spese del grado.

Posto che l’art. 42 della polizza assicurativa prevedeva che non erano considerati terzi coloro che avessero subito il danno in conseguenza della loro partecipazione manuale alle attività a cui si riferiva l’assicurazione, riteneva la torte che il defunto Cu.

A. non potesse essere considerato terzo avendo egli “indicato al sig. G. le manovre da eseguire ed avendo afferrato il carico appeso per indirizzarlo nell’esatta posizione dove voleva riporlo”.

5. Contro la suddetta sentenza propongono ricorso per cassazione G.R. e la s.n.c. Autotrasporti G. di G.E. e C., deducendo tre motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la Società Cattolica di Assicurazione Coop. a r.l..

Gli eredi di Cu.Am. non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, articolato in due censure, i ricorrenti deducono “Violazione ed erronea applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. e delle norme contrattuali in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Sostengono che i giudici di merito avevano esaminato sotto il profilo letterale solo una parte dell’art. 42 delle condizioni di polizza (“Non sono considerati terzi ai fini dell’assicurazione R.C.T….

tutti coloro che, indipendentemente dalla natura del loro rapporto con l’Assicurato, subiscono il danno in conseguenza della loro partecipazione manuale alle attività cui si riferisce l’assicurazione”), senza considerare che la “partecipazione manuale alle attività” non poteva significare altro che una collaborazione effettiva nell’attività tipica dell’imprenditore assicurato da parte di chi agisca nell’interesse di quest’ultimo, mentre nel caso di specie il C. si era reso autore di un gesto occasionale e non condiviso con l’assicurato.

Assumono inoltre i ricorrenti che, sulla base di una interpretazione complessiva delle clausole contrattuali, la corte territoriale avrebbe dovuto pervenire alla conclusione che l’attività in concreto svolta dal C. in occasione dell’incidente era a tutti gli effetti equiparabile a quella del cliente – considerato terzo per espressa previsione dell’art. 41 delle condizioni di polizza – il quale in via eccezionale abbia partecipato ai lavori di carico e scarico e ad altre attività complementari rispetto all’attività formante oggetto di assicurazione.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano “Violazione ed erronea applicazione dell’art. 1370 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Sostengono che la corte di merito, dopo aver interpretato le clausole contrattuali sulla base dei principi ermeneutici posti dagli artt. 1362 e 1363 c.c., in presenza di residui dubbi, avrebbe dovuto fare ricorso al criterio enunciato dall’art. 1370 c.c., interpretando in senso sfavorevole all’assicuratore le clausole di polizza inserite in condizioni generali di contratto su modulo predisposto dallo stesso assicuratore.

3. I due motivi, in quanto entrambi involgenti profili relativi all’interpretazione della polizza assicurativa, vanno esaminati congiuntamente.

Anzitutto, gli stessi si palesano inammissibili in quanto non soddisfano il requisito previsto dall’art. 366 c.p.c., n. 6, difettando la specifica indicazione del documento sul quale essi si fondano.

I ricorrenti, invero, hanno basato le proprie censure sulla polizza assicurativa, di cui sono stati trascritti gli artt. 41 e 42, senza tuttavia indicare dove la polizza, nel suo complesso, sia rinvenibile e, quindi, esaminabile da questa Corte. E ciò in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il ricorrente che intenda dolersi dell’omessa od erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., n. 6 – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto;

il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento; la violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile (Cass. civ. ord., sez. 3, 04-092008, n. 22303). Va inoltre osservato che l’art. 366 c.p.c., n. 6, oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto; tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 20, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimità (Cass. civ., sez. un., 02-122008, n. 28547).

I motivi sono comunque infondati.

La Corte d’appello di Milano ha rilevato che “il sig. Cu.Am.

ha partecipato attivamente e manualmente alle operazioni di trasporto eseguite dal sig. G.R.”, sicchè deve escludersi, sulla base dell’accertamento in fatto effettuato dalla corte territoriale, che il C. si sia reso autore di un gesto del tutto occasionale.

Pertanto, contrariamente all’assunto dei ricorrenti, il C. non è stato correttamente ritenuto terzo dai giudici di merito, con conseguente inoperatività della garanzia, giusta il disposto dell’art. 42 delle condizioni di polizza.

Sulla base dell’accertamento di merito operato dalla corte territoriale deve del pari escludersi l’applicabilità, nella fattispecie, dell’art. 41 delle condizioni di polizza, pur non espressamente richiamato nella sentenza impugnata, posto che il fatto che il C. abbia “partecipato attivamente e manualmente alle operazioni di trasporto” risulta incompatibile con una condotta connotata dal carattere della eccezionalità della partecipazione ai lavori di carico e scarico e alle altre attività complementari, come richiesto dal citato art. 41 per la configurabilità della posizione di terzo in capo al cliente.

Va infine osservato come, nella specie, non sia necessario far ricorso al criterio ermeneutico sussidiario di cui all’art. 1370 c.c., non palesandosi dubbi in ordine alla interpretazione delle clausole di polizza ove esaminate in relazione ai fatti accertati dai giudici di merito.

4. Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano “Contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Deducono che erroneamente la corte territoriale aveva fatto riferimento alla circostanza che il G. avesse svolto la propria attività a titolo di cortesia, pur essendo tale circostanza irrilevante rispetto alla questione se la vittima dell’incidente fosse da considerare o meno terzo alla luce delle condizioni generali del contratto di assicurazione.

Il motivo, sulla base della sua stessa prospettazione, è inammissibile, essendo denunciato un vizio di contraddittoria motivazione nella vigenza del novellato art. 360 c.p.c., n. 5, peraltro in riferimento ad un fatto (attività svolta a titolo di cortesia) privo di decisività, essendo la sentenza impugnata basata su una diversa ratio decidendi.

5. In conclusione, alla stregua delle considerazioni sin qui svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della Società Cattolica di Assicurazione Coop. a r.l., liquidate in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 15 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2016

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