Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11791 del 09/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 09/06/2016, (ud. 10/12/2015, dep. 09/06/2016), n.11791

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18516/2013 proposto da:

RAFTON DI A.R. & C. SAS, in persona del socio

accomandatario A.R., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato STEFANO

MENICACCI, che la rappresenta e difende giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

GAMING RE SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3003/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 05/06/2012, R.G.N. 3764/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/12/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

GAMING RE S.r.l. chiedeva la condanna di RAFTON & C. s.a.s. e della sua socia accomandataria, A.R., al pagamento della penale prevista dal contratto stipulato tra le parti avente ad oggetto la raccolta delle giocate con apparecchi “da intrattenimento per il gioco lecito” conformemente all’art. 110, comma 6 (T.U.L.P.S.).

Le convenute si costituivano tardivamente e disconoscevano la sottoscrizione dei contratti prodotti dall’attrice.

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 10846/2010 del 13 maggio 2010, accoglieva la domanda e condannava le convenute in solido al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di Euro 39.341,00, oltre interessi legali dalla domanda nonchè alle spese di lite.

Avverso tale decisione la RAFTON & C. s.a.s. proponeva appello, cui resisteva la GAMING RE S.r.l..

L’appellante lamentava che il Tribunale aveva erroneamente accolto la domanda di condanna al pagamento della penale avanzata dalla controparte, ritenendo tardivo il disconoscimento operato dalla RAFTON & C. s.a.s., a causa dell’intempestiva costituzione in giudizio; sosteneva che la sentenza impugnata non aveva fatto corretta applicazione degli artt. 293 e 294 c.p.c., in forza dei quali il contumace che si costituisce tardivamente in primo grado ha sempre la facoltà di disconoscere le sottoscrizioni esibite dalla controparte senza che possano trovare applicazione le preclusioni del codice di rito.

La Corte di appello di Roma, con sentenza del 5 giugno 2012, rigettava l’impugnazione e condannava l’appellante alle spese di quel grado. Avverso la sentenza della Corte di merito la parte soccombente ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

L’intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, lamentando “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto n. 3 art. 360 c.p.c., con riguardo agli artt. 324 e 112 c.p.c.”, la ricorrente censura la sentenza impugnata per omessa pronuncia sull’eccezione di giudicato esterno formulata nella comparsa di costituzione in primo grado.

1.1. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non essendo stato indicato in ricorso quando e in che termini la questione sia stata rimessa all’esame della Corte di merito e neppure è indicato se e dove sia attualmente reperibile la sentenza cui si fa riferimento nel mezzo all’esame.

2. Con il secondo motivo, rubricato “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto n. 3 art. 360 c.p.c., con riguardo agli artt. 214, 215 e 216 c.p.c.”, la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di merito “ha ritenuto fondata la decisione” del Tribunale che, “in ragione della tardiva costituzione in primo grado di parte convenuta, aveva ritenuto questa ultima decaduta dal diritto di disconoscere le sottoscrizioni stesse di cui ai documenti allegati da parte attrice”.

Ad avviso della ricorrente la motivazione della sentenza impugnata sarebbe palesemente illegittima perchè formulata per relationem con un semplice richiamo ai motivi di rigetto in primo grado, sarebbe “in contrasto con gli artt. 215 e 293 c.p.c.” ed “illogica” in quanto, dopo aver richiamato pronunce della Corte Costituzionale che hanno riconosciuto al convenuto contumace, costituitosi tardivamente, la possibilità di proporre il disconoscimento ex artt. 214 e 215 c.p.c., ha ritenuto, senza far riferimento a precedenti giurisprudenziali, che solo il contumace potesse operare il disconoscimento in parola in appello ma non anche il contumace tardivamente costituitosi in primo grado.

2.1. Risulta evidente dall’illustrazione del mezzo che con lo stesso la ricorrente, al di là di quanto indicato in rubrica, ha censurato la sentenza impugnata anche per vizi di motivazione.

2.2. Si osserva che, nel caso all’esame, deve essere applicato l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella sua formulazione anteriore alle modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, e che, comunque, la Corte territoriale non si è limitata a richiamare meramente la motivazione della sentenza di primo grado, come sostiene il ricorrente, sicchè non sono fondate le censure proposte dalla ricorrente a tale ultimo riguardo.

Tuttavia, il motivo risulta fondato in relazione alle doglianze con cui si deduce in particolare la illogicità della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui la Corte territoriale, pur riconoscendo che ai sensi dell’art. 293 c.p.c., il contumace possa disconoscere nella prima udienza o nel termine assegnatogli dal giudice le scritture contro di lui prodotte, sostiene che tanto possa avvenire solo se la costituzione del predetto avvenga nella prima udienza successiva alla conoscenza della produzione della scrittura privata, fornendo al riguardo una motivazione che prescinde dal dato letterale della norma di cui all’art. 293 c.p.c. e che, pur richiamandosi alle sentenze della Corte Costituzionale n. 50 del 1986 e n. 317 del 1989 (la quale ultima – come rilevato dalla ricorrente –

evidenzia in motivazione che al contumace è consentito, ai sensi della norma processuale appena richiamata disconoscere la scrittura in sede di costituzione tardiva, o, secondo giurisprudenza costante, in sede di appello), finisce per essere nel complesso perplessa e poco lineare.

3. Il ricorso deve essere, pertanto, accolto per quanto di ragione e nei termini sopra precisati; la sentenza impugnata va cassata in relazione alle censure accolte e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudi7io di legittimità, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione e nei termini precisati in motivazione; cassa in relazione alle censure accolte la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 dicembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2016

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