Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11789 del 27/05/2011

Cassazione civile sez. lav., 27/05/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 27/05/2011), n.11789

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2880-2008 proposto da:

AUTOSTRADE PER L’ITALIA S.P.A., ATLANTIA S.P.A., (già AUTOSTRADE

S.P.A.), in persona dei legali rappresentanti pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLE TRE MADONNE 8, presso lo

studio dell’avvocato MARAZZA MAURIZIO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato DE FEO DOMENICO giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

G.T., L.M., selettivamente domiciliati in

ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo studio dell’avvocato VACIRCA

SERGIO, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati

GHIBELLINI STEFANO, GHIBELLINI ALESSANDRO, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1316/2007 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 22/01/2007 r.g.n. 1136/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2011 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l’Avvocato MARAZZA MAURIZIO;

udito l’Avvocato VACIRCA SERGIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza in data 22 gennaio 2007 la Corte di appello di Genova, confermava la sentenza resa dal giudice di primo grado, impugnata da Autostrade per l’Italia s.p.a. e da Autostrade s.p.a., di condanna, in accoglimento della domanda proposta da G. ed altro litisconsorte, di Autostrade per l’Italia s.p.a. al risarcimento del danno, liquidato in via equitativa, pari alla metà della differenza fra la retribuzione spettante per un orario di lavoro a tempo pieno e quella percepita per il periodo dal dicembre 1994 nei limiti della prescrizione quinquennale, per mancata predeterminazione nel contratto di lavoro a tempo parziale instauratosi fra le parti della distribuzione dell’orario nel giorno, nella settimana, nel mese, nell’anno.

2. Osservava, in sintesi, la Corte territoriale che, tenuto conto della quantità del tempo di lavoro non predeterminata, del preavviso che, per la parte in questione, poteva anche essere di poche ore, della necessità contrattualmente imposta di munirsi di adeguata giustificazione per reiterati casi di rifiuto, doveva ritenersi accertato che i dipendenti non potevano fare pieno affidamento sul proprio tempo libero, con conseguente diritto ad un risarcimento liquidato equitativamente, ex art 432 c.p.c., in assenza della prova dell’esistenza di più specifiche voci i danno patrimoniale.

3. Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso la s.p.a.

Autostrade per l’Italia e la s.p.a. Atlantia (già Autostrade spa), in persona dei legali rappresentanti pro tempore, con due motivi, illustrato con memoria. Resistono con controricorso G. e L., illustrato con memoria.

4. Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Primo motivo: le società ricorrenti lamentano violazione dell’art. 112 c.p.c. osservando che la corte territoriale, disattendendo petitum e causa petendi del ricorso, aveva riconosciuto ai dipendenti un’ integrazione della retribuzione dagli stessi mai richiesta e, peraltro, come diretta, conseguenza della nullità della clausola contrattuale relativa al tempo motivazione semplificata parziale, e non (come prospettato) dell’esistenza in concreto di un obbligo di reperibilità, obbligo escluso dall’istruttoria testimoniale.

6. Il motivo è infondato per aver la Corte di merito correttamente interpretato le istanze delle parti, valutandone contenuto e portata alla luce delle richieste formulate e delle giustificazioni giuridiche offerte.

7. Sin dall’instaurazione del giudizio, e sul presupposto della nullità per contrarietà alla L. n. 863 del 1984, art. 5 della clausola di distribuzione dell’orario di lavoro, i dipendenti hanno richiesto un’indennità compensativa della maggiore penosità della prestazione derivante dalla più ampia disponibilità temporale impostagli dal datore di lavoro, legittimato dalla “elasticità” della clausola a richiedere “a comando” (parte del) la prestazione lavorativa dedotta nel contratto.

8. La Corte di merito ha ritenuto che la nullità della clausola fosse lesiva del diritto a conseguire una retribuzione conforme all’art. 36 Cost. (e che, pertanto, doveva adeguarsi alla luce del ben noto effetto integrativo di tale disposizione) nella misura in cui imponeva al lavoratore tempi di disponibilità non utilizzabili in altre attività, remunerative o meno, con conseguente piena corrispondenza fra le richieste formulate con il ricorso ed i provvedimenti adottati a decisione delle stesse.

9. Secondo motivo: si prospetta vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia, deducendo che non risultava affatto provato che la concreta attuazione del sistema “misto” adottato dalla società ricorrente (parte della prestazione programmata, parte a chiamata) avesse in concreto impedito ai dipendenti la realizzazione delle finalità proprie del rapporto di lavoro a tempo parziale, e cioè di gestire autonomamente il proprio tempo libero, ponendo in essere altri rapporti di lavoro; e che, in ogni caso, la quantificazione dell’indennità compensativa era avvenuta sulla base di presupposti errati.

10. Il motivo è infondato. La Corte di merito si è, infatti, attenuta, al principio, già affermato da questa Suprema Corte, che, a fronte del potere unilaterale del datore di lavoro di fissare le modalità temporali della prestazione pattuita, la disponibilità alla chiamata del datore di lavoro, pur non potendosi equiparare a lavoro effettivo, deve, comunque, trovare adeguato compenso, tenendo conto di un complesso di circostanze a tal fine significative, quali l’incidenza sulla possibilità di attendere ad altre attività, il tempo di preavviso previsto o di fatto osservato per la richiesta di lavoro “a comando”, l’eventuale quantità di motivazione semplificata lavoro predeterminata in misura fissa, la convenienza dello stesso lavoratore a concordare di volta in volta le modalità della prestazione (Cass. N. 2340 e 2691 del 1997).

11. La motivazione non risulta sindacabile in sede di legittimità, dal momento che individua le fonti di convincimento e giustifica in modo logicamente plausibile la decisione.

12. La sentenza impugnata risulta immune dalle censure denunciate e il ricorso va, pertanto, rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 25 per spese, oltre euro 2.500,00 per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2011

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