Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11789 del 12/05/2017


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Cassazione civile, sez. III, 12/05/2017, (ud. 22/03/2017, dep.12/05/2017),  n. 11789

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13829-2015 proposto da:

G.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FERENTANO 36,

presso lo studio dell’avvocato EMANUELE RIZZO, rappresentato e

difeso dall’avvocato AGOSTINO CONFORTI giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE APRIGLIANO, in persona del Sindaco, legale rappresentante

pro-tempore, Dott. L.P.P.G., elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA ALESSANDRO MALLADRA 47, presso lo studio dell’avvocato

MARIA ISABELLA EGEO, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO LE

PERA giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1618/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 11/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/03/2017 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato AGOSTINO CONFORTI;

udito l’Avvocato ANTONIO LE PERA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato nell’anno 2008, G.C. convenne in giudizio il Comune di Aprigliano per sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti, nel periodo 24.3.2001/15.11.2005, a causa della mancata coltivazione di un proprio fondo, conseguente alla soppressione della strada di accesso da parte del Comune; il tutto sul rilievo che il danno subito fino al marzo 2001 era stato liquidato con sentenza n. 1726/2007.

Il Tribunale di Cosenza accolse la domanda, con sentenza che è stata riformata dalla Corte di Appello di Catanzaro, che ha rigettato la domanda proposta dal G. e lo ha condannato alle spese del doppio grado di giudizio.

Ricorre per cassazione il G., affidandosi a quattro motivi; resiste l’intimato a mezzo di controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Corte di Appello ha affermato che “il principio della infrazionabilità della domanda (…) costituente aspetto complementare della regula iuris secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile, avrebbe imposto che detto danno venisse richiesto nel corso” del precedente giudizio conclusosi con la sentenza n. 1726/2007, essendo tale richiesta possibile fino alla precisazione delle conclusioni; ha anzi precisato che, in difetto di espressa limitazione o riserva, la prima domanda “doveva intendersi comprensiva anche dei danni che si sarebbero verificati in corso di causa” e che “la circostanza che il giudice adito in quella sede abbia limitato il risarcimento solo all’arco temporale precedente la proposizione della domanda giudiziale avrebbe consentito la legittima impugnazione di quella sentenza”; ha concluso che, “non avendo la parte a tanto provveduto, si è determinata la formazione del giudicato sul punto e l’impossibilità di agire in diverso giudizio per il risarcimento di danni che potevano e dovevano essere liquidati nel giudizio originariamente introdotto”.

2. Col primo motivo (che deduce la violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c.), il ricorrente sostiene che il principio di infrazionabilità della domanda “soffre eccezioni nel caso in cui nell’atto introduttivo sia indicata una limitazione tale da essere ragionevolmente intesa come volontà di escludere dal petitum le voci non menzionate”; rileva, al riguardo, che nel giudizio conclusosi con la sentenza n. 1726/07 era stato richiesto il risarcimento del danno “già cagionato” e che tale limitazione era stata ribadita in sede di precisazione delle conclusioni (ove si era fatto riferimento al danno prodottosi fino al 21.3.2001), cosicchè “la richiesta di risarcimento del danno era ragionevolmente e con chiarezza limitata ai danni già maturati al momento della notificazione” dell’atto di citazione.

3. Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 1223 e 2909 c.c.: il ricorrente censura la sentenza per non aver considerato che gli illeciti fatti valere nel primo e nel secondo giudizio erano “cronologicamente distinti ed autonomi”, pur nella “generica unicità della vicenda”, e assume che “il principio per cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile trova limite (…) nella sopravvenienza del fatto costitutivo del diritto successivamente azionato”.

4. Col terzo motivo, viene dedotta la “nullità della sentenza per violazione art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4”: il ricorrente censura la Corte per avere apoditticamente affermato che nessuna limitazione era stata formulata nell’atto introduttivo della causa conclusa con la sentenza del 2007 e che pertanto la domanda doveva intendersi comprensiva anche dei danni che si sarebbero verificati in corso di causa; assume che, al contrario, l’atto di citazione del marzo 2001 conteneva un’espressa limitazione della domanda al danno già verificatosi a quella data e che il giudice di appello aveva omesso di spiegare le ragioni della non decisività di tale limitazione, risultando pertanto la sentenza “priva di motivazione”.

5. Il quarto motivo ribadisce le censure di cui a quello precedente, ma sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo, rilevando che la Corte non aveva tenuto conto del fatto che la domanda del primo giudizio risarcitorio era stata espressamente limitata ai danni già verificatisi.

6. Esaminati congiuntamente i quattro motivi, va subito rilevato che non risulta pertinente il richiamo della Corte al principio della infrazionabilità del credito, che sanziona la frammentazione in più giudizi di una domanda che può, dall’inizio, essere promossa per l’intero: tale frammentazione non ricorre nel caso in esame, giacchè l’attore aveva chiesto, col primo giudizio, tutto il danno verificatosi fino all’atto di citazione (senza escluderne alcuna voce).

Ciò premesso, deve considerarsi che la ratio che fonda la decisione fa perno sull’affermazione che la domanda del 2001 non conteneva limitazioni temporali o riserve e che pertanto doveva ritenersi comprensiva anche dei danni che si sarebbero verificati in corso di causa, con la conseguenza che il G. avrebbe dovuto impugnare la sentenza del 2007 che aveva limitato il risarcimento al danno prodottosi fino all’inizio della causa (da cui la ritenuta formazione del giudicato e l’affermazione dell’impossibilità di agire in un secondo giudizio).

Il ricorrente assume tuttavia che questa limitazione era contenuta nella domanda originaria (quella del 2001) ed era stata ribadita in sede di precisazione delle conclusioni e di comparsa conclusionale, tanto che la sentenza del 2007 aveva fatto riferimento al danno verificatosi in un periodo limitato (ossia nell’anno e mezzo trascorso fino al marzo 2001).

6.1. Il ricorso ottempera al duplice onere di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto trascrive – seppur sinteticamente – la domanda proposta con la citazione del 2001 (contenente la limitazione al “danno già cagionato”) e indica la sede di reperimento dell’atto (individuando il fascicolo che lo contiene, compreso fra quelli depositati unitamente al ricorso); dalla verifica ex actis, consentita a questa Corte a fronte della deduzione di un error in procedendo, emerge che – effettivamente – la domanda del 2001 conteneva la limitazione del petitum al danno “già” prodottosi.

6.2. Tanto considerato, ritiene il Collegio che debba trovare applicazione il principio secondo cui, nell’ambito di un giudizio risarcitorio, “la domanda si intende volta ad ottenere anche il risarcimento del danno che si produrrà nel corso del giudizio, a meno che non sia stata espressamente limitata al danno passato” (Cass. 16564/2002, in tema di danni da occupazione abusiva ancora in atto); tale principio non contrasta – per quanto sopra detto – con quello di infrazionabilità del credito e consente al danneggiato che abbia limitato temporalmente la prima domanda al danno già verificatosi di non trovare ostacolo alla richiesta di risarcimento del danno prodottosi successivamente nella pronuncia che, in coerenza con la domanda, abbia espressamente limitato il risarcimento ad un ben determinato arco temporale.

6.3. La sentenza va dunque cassata, con rinvio alla Corte territoriale, che procederà all’esame della domanda (non coperta da giudicato) concernente il danno prodottosi nel periodo marzo 2001/novembre 2005.

6.4. La Corte di rinvio provvederà anche sulle spese di lite.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Catanzaro, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 22 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2017

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