Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11787 del 14/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 14/05/2010, (ud. 17/02/2010, dep. 14/05/2010), n.11787

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.G., M.J. in B.,

rappresentati e difesi, con procura a margine del ricorso, dall’avv.

FAVA Paolo, domiciliatario in Roma, alla via E.Q. Visconti 20;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI BRUNICO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato

e difeso, con procura in calce al controricorso, dall’avv. COGLITORE

Emanuele, domiciliatario in Roma, alla via F. Gonfalonieri 5;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria di

secondo grado di Bolzano in data 12 dicembre 2003, depositata col n.

15/3/03 il 16 gennaio 2004.

Udita la relazione della causa del Cons. Dr. Polichetti;

sentiti gli avvocati Maurizio Calò – delegato – per i ricorrenti, ed

Emanuele Coglitore per il controricorrente;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I coniugi B.- M. hanno impugnato gli avvisi di accertamento e liquidazione dell’ICI emessi dal Comune di Brunico per gli anni 1993-97, assumendo di avere titolo alla esenzione dalla imposta comunale per diritto acquisito con riguardo alla esenzione venticinquennale dalla I.LO.R., di cui al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 38.

La Commissione tributaria di primo grado di Bolzano ha respinto l’impugnativa, e quella di secondo grado, con la sentenza indicata in epigrafe, ha rigettato il gravame dei contribuenti, affermando la novità e la diversità dell’ultima imposta, per nulla ricollegabile alla precedente e ritenendo correttamente irrogate le sanzioni.

Per la cassazione ricorrono i contribuenti, con tre motivi.

Resiste con controricorso, illustrato da memoria, il Comune di Brunico.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I motivi di ricorso sono prospettati come segue.

1.- “Primo motivo – Motivo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5) ed in particolare: (A) violazione e falsa applicazione D.P.R. n. 601 del 1973, art. 38, comma 1 in quanto norma non espunta dall’ordinamento nè abrogata dal D.Lgs. n. 504 del 1992 istitutivo dell’imposta comunale sugli immobili, e pertanto applicabile anche in caso di mutamento del nomen iuris dell’imposta immobiliare da ILOR ad ICI, e per l’effetto violazione; del diritto all’esenzione acquisito dai ricorrenti; (B) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato da parte i ricorrente in appello, consistente nell’affermazione per cui l’esenzione venticinquennale dall’imposta ILOR non è applicabile anche all’imposta ICI, introdotta nel 1993 in sostituzione proprio dell’ILOR”. Per tale via ripropongono, i ricorrenti, la tesi di fondo della persistenza del beneficio, avuto riguardo alla unitarietà della legislazione di favore in materia abitativa.

2.- “Secondo motivo – Motivo di cui all’art. 360 c.p.c., commi 3) e 5) ed in particolare: (A) Violazione e falsa applicazione L. n. 212 del 2000, artt. 10 e 11 (cd. Statuto del contribuente) per aver l’impugnata sentenza ritenuto legittimi gli avvisi di accertamento dell’Amministrazione comunale nei confronti degli odierni ricorrenti, e ciò nonostante lo stesso Ufficio tributi del Comune avesse rassicurato i Sigg. B. della non debenza dell’imposta comunale per gli immobili di loro proprietà ed esenti ILOR D.P.R. n. 601 del 1973, ex art. 38; (B) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato da parte ricorrente, ed in particolare riguardo la violazione della buona fede e dell’affidamento dei contribuenti sigg. B.”. In tal modo i ricorrenti deducono che la persistenza del beneficio durante tutto il venticinquennio, e, quindi, anche ai fini dell’ICI, sarebbe stata loro assicurata da un funzionario del Comune.

3.- “Terzo motivo – Motivo di cui all’art. 360 c.p.c., commi 3 e 5) ed in particolare: (A) Violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 14, commi 1 e 2 per aver l’impugnata sentenza ritenuto legittimi gli avvisi di accertamento della Amministrazione comunale nei confronti degli odierni ricorrenti, per omessa denuncia ed allo stesso tempo per denuncia infedele; (B) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato da parte ricorrente, ed in particolare riguardo la duplicazione della sanzione a carico dei sigg.

B. sia per l’omessa denuncia, sia per l’infedeltà della stessa denuncia (in realtà mai presentata, in quanto non dovuta)”.

Così, finalmente, i contribuenti reiterano la loro critica sotto il profilo sanzionatorio, rilevando che la dichiarazione omessa – sia pure in dipendenza della ritenuta esenzione dal tributo – mal si concilia con la dichiarazione infedele del B., in dipendenza del trasferimento della “propria residenza formale in (OMISSIS)”.

Il ricorso risulta sfornito di pregio in tutte le sue articolazioni.

La ricostruzione del dettato normativo – attraverso la successione all’ILOR dell’ICI, con mero mutamento del nomen iuris – offerta nel primo motivo di ricorso, non sfugge al rilievo per cui la prima è una imposta sul reddito e, la seconda, un’imposta di carattere reale.

Da tale premessa già consegue che il D.P.R. n. 601 del 1973, art. 38, comma 1, secondo cui “il reddito dei fabbricati, per i quali anteriormente all’entrata in vigore del presente decreto è stato acquisito il diritto all’esenzione venticinquennale dall’imposta sul reddito dei fabbricati, è esente dall’imposta locale sui redditi fino al compimento del venticinquennio” non può trovare ingresso in tema di imposta comunale sugli immobili, che poggia sul diverso ed autonomo presupposto impositivo del “possesso di fabbricati (…) a qualsiasi uso destinati (…)” (D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1), indipendentemente quindi dalla produzione di un reddito, tanto che la sua base imponibile è data dal valore degli immobili, per giunta computabile in maniera oggettiva e, per così dire, automatica, attraverso i dati del classamento catastale (successivo art. 5). Ciò sarebbe già sufficiente a mostrare l’impossibilità di riferire il beneficio alla nuova imposta, senza alcuna possibilità di argomentare – come fanno i ricorrenti – dalla sostituzione dell’ILOR con l’ICI, perchè le considerazioni di politica finanziaria coinvolgenti gli enti locali restano al di fuori del sistema normativo, e comunque mai possono valere per porre sul medesimo piano gli indicati diversi presupposti dei due tributi (del reddito e del patrimonio immobiliare: cfr. Corte Cost. 113/1996). In aggiunta – e proprio in simmetria con tale ultimo rilievo -, si osserva come il sistema delle esenzioni e delle agevolazioni sia di stretta interpretazione e non possa transitare dall’un tributo all’altro, e come, per l’ICI, esso non possa essere che quello risultante dagli artt. 7 e 8 dell’indicato Decreto, come modificati nel tempo.

Il secondo motivo – attinente, in realtà, alle sanzioni, sotto il profilo della loro inapplicabilità – è inammissibile sia perchè, non risultando formulato come omissione di pronunzia, risulta nuovo rispetto all’iter argomentativo della sentenza impugnata, sia perchè non offre alcun punto di riferimento per il dedotto vizio di motivazione, non assolvendo l’onere di indicare in quale atto processuale le parti private avrebbero prospettato le rassicurazioni ricevute presso il Servizio tributi del Comune.

La terza censura, infine – che, pure, dalla parte espositiva della sentenza, parrebbe riguardare un punto dedotto per la prima volta in appello -, anche essa attinente al profilo sanzionatorio, è manifestamente infondata, in quanto non considera che: a) l’obbligo della denuncia a carico del contribuente si rinnova ad ogni annualità d’imposta (del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 10, comma 1, ultimo periodo; v. anche Cass., 5, 932/2009); b) non implicando la dichiarazione omessa la perdita dei benefici spettanti (all’epoca, per l’immobile adibito ad abitazione principale), la variazione incidente negativamente sul beneficio costituiva oggetto di autonoma denuncia; c) la pluralità di violazioni commesse (dal (OMISSIS), con variazione finale) renderebbe comunque la censura stessa – del tutto generica in ordine al quantum sanzionatorio – inammissibile per difetto di interesse.

Ne discende, per ogni verso, il rigetto del ricorso. Le spese della presente fase possono restare compensate, per le medesime ragioni (novità della questione) espresse nella decisione impugnata e non contestate da controparte.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2010

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