Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11779 del 08/06/2016

Cassazione civile sez. VI, 08/06/2016, (ud. 27/04/2016, dep. 08/06/2016), n.11779

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7120-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

LEALPELL SRL, in persona del Presidente del Consiglio di

Amministrazione pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Piazza

Cavour presso la Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’Avvocato ALDO PEREGO, giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4082/19/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO del 21/07/2014, depositata il 23/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI;

udito l’Avvocato Aldo Perego difensore del controricorrente, che si

riporta agli scritti e insiste nell’eccezione sollevata nel

controricorso sulla tardività del ricorso.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro la sentenza resa dalla CTR della Lombardia n.4082/2014/00, depositata il 23.7.2014 che ha confermato la decisione di primo grado con la quale erano stati annullati gli avvisi di accertamento emessi a carico della Lealpell s.r.l. per la ripresa a tassazione di IRES, IRAP e IVA per gli anni dal 2005 al 2007.

La CTR, premesso che l’Ufficio aveva contestato la deduzione dell’importo di Euro 57.364,00 a titolo di compenso agli amministratori in assenza di specifica delibera assembleare, rilevava che “…nella specie trattasi di società di capitali a ristretta base (due soci ed amministratori) e che l’assemblea totalitaria di approvazione del bilancio poteva contenere anche argomenti non inseriti nell’ordine del giorno”.

L’Agenzia delle entrate deduce con il primo motivo la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 156 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 e art. 61. Evidenzia che la CTR aveva confezionato una motivazione palesemente apodittica e apparente, non risultando possibile comprendere l’iter logico seguito dal giudicante per pervenire al rigetto dell’appello.

Con il secondo motivo si deduce la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109 e degli artt. 2364 e 2389 c.c.. La sentenza impugnata era in ogni caso contrastante con i principi espressi da questa Corte – Cass. S.U. n. 21933/2008, occorrendo ai fini della deducibilità dei compensi corrisposti agli amministratori di società un’apposita delibera assembleare.

La società intimata, costituitasi con controricorso, ha chiesto il rigetto del ricorso proposto dall’Agenzia, depositando altresì memoria.

Va premesso che il ricorso per cassazione deve ritenersi tempestivo coincidendo l’ultimo giorno utile per la notifica con il 7 marzo 2015 che cadeva di sabato e trovando conseguente applicazione i principi espressi da questa Corte – Cass. S.U. n. 1418 del 01/02/2012- il primo motivo è manifestamente infondato.

Passando al merito del primo motivo lo stesso è infondato.

Ed invero, questa Corte, Cass. n. 16433/2015 ha ritenuto che ricorre il vizio di omessa motivazione, nella duplice manifestazione del difetto assoluto o della motivazione apparente, quando il giudice di merito apoditticamente neghi che sia stata data la prova di un fatto ovvero, al contrario, affermi che tale prova sia stata fornita, omettendo un qualsiasi riferimento sia al mezzo di prova che ha avuto a specifico oggetto la circostanza in questione, sia al relativo risultato (Cass. 871/2009).

I superiori principi con riguardo al concetto di motivazione apparente non sembrano modificati in relazione alla modifica del quadro normativo alla quale si accennava sopra.

Orbene, nel caso di specie la CTR ha affrontato la contestazione prospettata dall’Ufficio in fase di appello fondata sull’assenza di specifica delibera assembleare al fine di fruire della deducibilità dei compensi corrisposti agli amministratori, disattendendo la censura sotto il profilo che la società era a ristretta base sociale e che la delibera assembleare di approvazione del bilancio avrebbe potuto contenere anche argomenti non inseriti all’ordine del giorno.

Ciò consente di escludere l’assenza di motivazione in ordine alla doglianza proposta dall’ufficio che ha invece trovato risposta nella motivazione, sia pur sintetica e non palesemente illogica o incomprensibile, del giudice di appello.

Il secondo motivo di ricorso è invece manifestamente fondato.

Questa Corte è ferma nel ritenere che qualora la determinazione della misura del compenso degli amministratori di società di capitali, ai sensi dell’art. 2389 c.c., comma 1, non sia stabilita nell’atto costitutivo, è necessaria un’esplicita delibera assembleare, che non può, considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, posto che: a)la natura imperativa e inderogabile della previsione normativa, discendente dall’essere la disciplina del funzionamento delle società dettata, anche, nell’interesse pubblico al regolare svolgimento dell’attività economica, oltre che dalla previsione come delitto della percezione di compensi non previamente deliberati dall’assemblea (art. 2630 c.c., comma 2, abrogato dal D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61, art. 1); b) la distinta previsione della delibera di approvazione del bilancio e di quella di determinazione dei compensi (art. 2364 c.c., nn. 1 e 3);

c) la mancata liberazione degli amministratori dalla responsabilità di gestione, nel caso di approvazione del bilancio (art. 2434 cod. civ.); d) il diretto contrasto delle delibere tacite ed implicite con le regole di formazione della volontà della società (art. 2393 c.c., comma 2). Conseguentemente, l’approvazione in sè del bilancio, pur se contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori, non è idonea ai predetti fini, salvo che un’assemblea convocata solo per l’approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori – cfr. Cass. n. 20265/2013; Cass. n. 22761/2014; Cass.n. 17673/2013-.;Cass. sez. un., 29 agosto 2008, n. 21933; Cass.n.28243/2005-.

Tali principi, ribaditi di recente da Cass. n. 5349/2014, che ha pure sottolineato come la necessità della preventiva delibera assembleare è funzionale alla certezza del costo, sono stati ulteriormente confermati da questa Corte con la sentenza n. 21953/2015, esaminando incidentalmente, con motivazioni che devono intendersi qui integralmente richiamate, la questione circa l’applicabilità della disciplina codicistica (art. 2389 c.c.) in tema di compensi degli amministratori di società di capitali agli amministratori di s.r.l.

anche in seguito alla riforma del diritto societario conseguente al D.Lgs. n. 6 del 2003 che non pare potersi escludere anche in assenza di esplicito richiamo alla disciplina in tema di spa, risultando peraltro dallo stesso statuto societario (p. 19) la competenza assembleare a decidere i compensi all’amministratore, per come rilevato dai verificatori e non contraddetto dalla società contribuente nel controricorso – v.pag.9 ricorso per cassazione-.

A tali principi non si è dunque uniformata la CTR, che ha riconosciuto quali costi deducibili della società i compensi corrisposti gli amministratori ammettendo che gli stessi potevano essere genericamente inseriti all’interno della delibera di approvazione del bilancio senza tuttavia verificare non solo che la questione fosse stata esaminata in sede di approvazione del bilancio, ma anche l’esistenza di un’approvazione specifica della proposta di determinazione dei compensi agli amministratori. Tanto è sufficiente per superare i rilievi difensivi esposti dalla parte controricorrente anche in memoria, al cui interno vengono peraltro inseriti tardivamente e inammissibilmente degli elementi fattuali che questa Corte non può esaminare.

In accoglimento del secondo motivo di ricorso, disatteso il primo, la sentenza impugnava va pertanto cassata con rinvio ad altra sezione della CTR della Lombardia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Accoglie il secondo motivo di ricorso, disatteso il primo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, ad altra sezione della CTR Lombardia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile, il 27 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2016

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