Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11778 del 27/05/2011

Cassazione civile sez. lav., 27/05/2011, (ud. 07/04/2011, dep. 27/05/2011), n.11778

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21582/2007 proposto da:

C.V., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato FISCO OLDRINI Anna, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

OFFICINA MECCANICA CASSANESE DEI FRATELLI PIANA S.N.C., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio dell’avvocato VESCI

Gerardo, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 619/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 01/08/2006 R.G.N. 55/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/04/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito l’Avvocato VACCARO GIUSEPPE per delega VESCI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Milano, confermando la sentenza di primo grado, respingeva a domanda di C.V., proposta nei confronti della secreta in epigrafe, avente ad oggetto la declaratoria dell’illegittimità del termine, con tutte le relative conseguenze economiche e giuridiche, apposto al contratto di lavoro con il quale essa C., previo avviamento al lavoro dell’Ufficio di collocamento dei disabili della Provincia di Varese, era stata dalla nominata società assunta a termine in forza di convenzione stipulata della L. 12 marzo 1999, n. 68, ex art. 11, sul diritto al lavoro dei disabili.

La Corte territoriale poneva a base del decisum il rilievo fondante che la L. 12 marzo 1999, n. 68 comportava un evidente deroga alle normali condizioni di lavoro.

Avverso questa sentenza la C. ricorre in cassazione sulla base di due censure.

Resiste con controricorso la società intimata la quale impugna la sentenza di appello articolando in proposito un’unica censura.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi. vanno preliminarmente riuniti riguardando l’impugnazione della stessa sentenza.

Con il primo motivo del ricorso principale la C., deducendo violazione della L. n. 68 del 1999, di quella L. n. 62 del 1962 nonchè della L. n. 56 del 1987, art. 23, e del CCNL metalmeccanica privata piccola e media industria, pone, ex art. 366 bis c.p.c., il seguente quesito di diritto: “il datore di lavoro che proceda all’assunzione di disabili a tempo determinato mediante la convenzione della L. n. 68 del 1999, ex art. 11, deve trovarsi nelle condizioni previste dalla normativa dei contratti a tempo determinato e quindi (nella fattispecie) nelle condizioni stabilite dalla L. n. 230 del 1962, dalla L. n. 56 del 1987, art. 23, non costituendo la L. n. 68 del 1999, art. 11, deroga alla normativa dei contratti a termine”.

La censura è infondata.

Ritiene questo Collegio di dare continuità giuridica al principio affermato di recente, in una fattispecie analoga, da questa Corte (Cass. 31 maggio 2010 n. 13285) secondo il quale in tema di collocamento obbligatorio degli invalidi, la disciplina dell’assunzione si pone in rapporto di specialità rispetto a quella generale di avviamento e costituzione del rapporto di lavoro, nell’ambito della quale anche la stipula del contratto a termine costituisce ipotesi speciale, per essere l’apposizione del termine in funzione dell’individuazione delle forme assuntive più adatte al tipo di invalidità ed in un’ottica di collocamento mirato del disabile, finalizzata ad assicurare un suo proficuo inserimento lavorativo, indipendentemente dall’applicazione dei limiti generali relativi all’apposizione del termine al rapporto di lavoro. Ne consegue, in caso di assunzione con contratto a tempo determinato di un disabile psichico sulla base di specifica previsione della convenzione stipulata tra l’impresa che assume e la P.A., ai sensi della L. 12 marzo 1999, n. 68, art. 11, che non è richiesta l’indicazione nel contratto di lavoro delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che giustificano l’apposizione del termine, sicchè la mancanza di tale indicazione non comporta l’inefficacia del termine e la trasformazione del rapporto in lavoro a tempo indeterminato.

Questa Corte, infatti, nelle richiamata sentenza ha condivisibilmente affermato che non sarebbe conforme alla ratio della L. 12 marzo 1998, n. 68, ritenere applicabile all’assunzione di un disabile, che avvenga secondo la richiamata legge (art. 11) la disciplina generale delle causali giustificative del contratto a tempo determinato, che al momento dell’approvazione della L. n. 63 del 1999, era considerato come del tutto eccezionale e giustificato unicamente al verificarsi di ipotesi tipiche nella L. n. 230 del 1962) e che anche nella nuova disciplina di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001 costituisce deroga rispetto alla normale forma di contratto di lavoro e deve essere motivato e giustificata nei modi ivi indicati. La sottoposizione della possibilità dell’apposizione di un termine al contratto di lavoro stipulato sulla base della convenzione indicata ai vincoli di disciplina generale contrasterebbe, infatti, con la finalità di agevolare nell’impiego lo stesso lavoratole con particolari problemi nonchè l’impresa.

Con la seconda censura la ricorrente principale denunciando vizio di motivazione sostiene che -la Corte del merito non avrebbe affrontate l’argomento posto con l’appello e, pertanto, sarebbe inidonea a giustificare il rigetto della domanda.

L’assunto è infondato. Difatti la motivazione della Corte del merito è proprio nel senso che la L. n. 68 del 1999 è legge speciale rispetto alla disciplina generale del rapporto di lavoro la quale pertanto non trova applicazione.

Con il ricorso incidentale la società allega violazione del principio della soccombenza.

La prospettazione è infondata.

E’ ius reception nella giurisprudenza di questa Corte che in tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, ai pagamento delle spese stesse e che con riferimento al regolamento delle spese il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti, violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula de tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito a valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso con altri motivi(Cfr. per tutte Cass. 11 gennaio 2008 n. 406).

Nella specie le spese processuali non sono state poste a carico della parte vittoriosa e, quindi, non risulta violato il denunciato principio.

I ricorsi pertanto vanno rigettati.

La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riuniti i ricorsi li rigetta e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2011

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