Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11776 del 14/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 14/05/2010, (ud. 11/01/2010, dep. 14/05/2010), n.11776

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Ministero dell’Economia e delle Finanze Agenzia delle Entrate

rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, nei cui

uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, sono domiciliati;

– ricorrenti –

contro

F.P.V.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lazio, Sezione distaccata di Latina, n. 82/39/03, depositata in data

12.3.2003;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza in data

11 gennaio 2010 dal cons. Dott. Pietro Campanile;

Udito il P.M., nella persona del Sost. Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

1.1 – F.P.V. proponeva ricorso avverso l’avviso di rettifica con cui l’Ufficio IVA di Frosinone, rilevato un errore nella compilazione del quadro E COD E 13 della dichiarazione relativa all’anno 1986, provvedeva al recupero della somma corrispondente alla differenza fra l’imposta dovuta e quella versata.

1.2 – Nelle more del giudizio così instaurato il contribuente presentava istanza di definizione della lite ai sensi della L. n. 656 del 1994, in relazione alla quale la Commissione tributaria provinciale dichiarava, con ordinanza, l’estinzione del giudizio.

1.3 – Successivamente l’Ufficio IVA chiedeva la revoca di tale ordinanza, ritenendo la controversia non definibile ai sensi della menzionata normativa, trattandosi di “imposta dovuta e non accertata”.

La Commissione tributaria provinciale, con sentenza del 16 novembre 2000, dichiarava estinto il giudizio, rilevando il tardivo esercizio, per violazione del termine di cui al D.P.R. n. 591 del 1994, art. 6, comma 6, dell’azione di revoca.

1.4 – La Commissione tributaria regionale, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello proposto dall’Ufficio e quindi confermava, ribadendone la motivazione, la decisione di primo grado.

1.5 – Propone ricorso per cassazione l’Amministrazione Finanziaria, deducendo, con unico e complesso motivo, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 591 del 1994, art. 6, commi 6 e 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La parte intimata non si è costituita.

Diritto

2.1 – Il ricorso è inammissibile, per violazione del termine previsto dall’art. 327 c.p.c.. Invero, a fronte di una sentenza di secondo grado, non notificata, depositata in data 12 marzo 2003, la notifica del ricorso, effettuata il 21 luglio 2005, può intendersi tempestiva ove solo si tenga conto della sospensione dei termini prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 16.

Si tratta quindi di stabilire se detta sospensione dei termini, prevista in funzione della definizione delle liti pendenti di cui alla L. n. 289 del 2002, possa applicarsi anche alle questioni inerenti alle modalità di applicazione di precedenti condoni.

2.2 – Ritiene in proposito la Corte di condividere il principio, al quale intende dare continuità, secondo cui, in mancanza di un’esplicita disposizione legislativa, non si da condono tributario di condono tributario. Infatti, se il condono tributario è un accertamento straordinario, o eccezionale, in deroga alle norme generali o ordinarie, di un rapporto giuridico tributario, non è ammissibile l’ulteriore accertamento straordinario, derivante da una successiva legge di condono, di un rapporto già accertato in via straordinaria. In breve, non si ammette un condono di secondo grado, poichè sarebbe come ammettere un’eccezione di secondo grado (Cass., 3 ottobre 2006, n. 21328; Cass., 26 ottobre 2005, n. 20785; Cass., 20 settembre 2004, n. 19507).

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non consegue alcun provvedimento in relazione alle spese processuali, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 5^ sezione civile – tributaria, il 11 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2010

 

 

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