Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11775 del 14/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 14/05/2010, (ud. 11/01/2010, dep. 14/05/2010), n.11775

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

O.G. elettivamente dom.to in Roma, Via F. Massimo, n.

45, nello studio dell’Avv. Matteo Luigi, che lo rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero Econ. e delle Fin. e Agenzia delle Entrate rappresentati e

difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, nei cui uffici in Roma,

via dei Portoghesi, 12, sono domiciliati;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia, Sezione distaccata di Brescia, n. 54/67/03, depositata in

data 27.6.2003;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza in data

11 gennaio 2010 dal cons. Dott. Pietro Campanile;

Udito il P.M., nella persona del Sost. Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

1.1 O.G. impugnava gli avvisi di rettifica emessi dall’Ufficio IVA di Brescia relativi agli anni 1992 e 1993 con cui, sulla scorta del verbale della Guardia di Finanza di Chiari, nonchè degli esiti di indagini bancarie, veniva contestato di aver svolto, senza adempiere ai relativi oneri fiscali, l’attività di imprenditore edile. Veniva eccepita l’illegittimità degli atti per difetto di motivazione, rilevandosi che l’accertamento non era fondato su elementi certi, essendo per altro viziato dall’utilizzazione di dati acquisiti nel corso di procedimento penale, senza la prescritta autorizzazione.

1.2 – La Commissione tributaria provinciale di Brescia, riuniti i ricorsi, li rigettava con sentenza del 22 febbraio 2000.

1.4 – Proponeva appello, con ricorso depositato in data 8 marzo 2001, l’ O., ribadendo le proprie difese ed avanzando – per la prima volta – rilievi in merito al riconoscimento dei costi sostenuti.

1.5 – La Commissione tributaria regionale della Lombardia, Sezione distaccata di Brescia, con la decisione meglio indicata in epigrafe confermava la sentenza di primo grado, ritenendo infondate le censure attinenti al merito delle rettifiche ed inammissibile la nuova eccezione relativa ai costi sostenuti.

1.6 Con atto notificato in data 30 maggio 2005 l’ O. proponeva ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, esclusivamente nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

1.7 Si costituivano con controricorso notificato in data 8 luglio 2005 il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, contestando la fondatezza dell’impugnazione.

Diritto

2.1. Deve rilevarsi, in via pregiudiziale, che il ricorso è stato proposto unicamente nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che non rappresenta (Cass., 20 ottobre 2006 n. 22587) nè l’Agenzia delle Entrate, nè, di conseguenza, un ufficio periferico della stessa, e che non risulta aver partecipato al giudizio di appello perchè questo si è celebrato, per intero, dopo il primo gennaio 2001, giorno di inizio dell’operatività delle Agenzie Fiscali.

2.2. A tale proposito va rimarcato che il titolo quinto, capo secondo, del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, ha operato un trasferimento di funzioni e di rapporti inerenti alle entrate tributarie dal Ministero dell’Economia e delle Finanze alle Agenzie Fiscali (tra cui, l’Agenzia delle Entrate), le quali sono divenute operative a partire dal primo gennaio 2001, in base al D.M. 28 dicembre 2000, art. 1: tale trasferimento, in campo processuale, ha determinato (Cass., un., 29 aprile 2003 n. 6633; id., trib., 8 agosto 2003 n. 11979; id., trib., 2 aprile 2007 n. 8166) una successione fra enti, nel diritto controverso, a titolo particolare ai sensi dell’art. 111 c.p.c, di tal che la sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Regionale in un procedimento iniziato prima dell’indicato giorno di operatività delle agenzie fiscali, può essere impugnata nei confronti tanto del Ministero dell’Economia quanto dell’Agenzia subentrata, sempre che e finchè (Cass., Sez. un., 14 febbraio 2006 n. 3118, cit.) non si sia verificata la estromissione, anche tacita, del Ministero.

2.3 Dalla sentenza impugnata risulta che l’appello è stato presentato nei confronti dall'”Agenzia Entrate Ufficio Brescia (OMISSIS)” in data 8 marzo 2001, ragion per cui il processo di appello si è svolto esclusivamente tra il contribuente e detto Ufficio dell’Agenzia delle Entrate.

Deve pertanto ritenersi verificata (Cass., 8 luglio 2008 n. 18640; 2 aprile 2007 nn. 8167-8169; 30 ottobre 2006 n. 23347; 23 dicembre 2005 n. 28759; 30 dicembre 2004 n. 24245), sia pure per implicito, l’estromissione dal giudizio del dante causa Ministero delle Finanze, di tal che l’unico soggetto passivamente legittimato a controdedurre all’impugnazione del contribuente è la suindicata Agenzia.

2.3. L’impugnazione proposta nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze deve, per le esposte ragioni, essere dichiarata inammissibile. Ricorrono giusti motivi per la compensazione, in parte qua, delle spese processuali, in considerazione sia del rilievo ufficioso dell’inammissibilità, sia dell’assenza di un significativo aggravio difensivo per la parte costituita.

2.4 – Deve altresì darsi atto della spontanea costituzione dell’Agenzia delle Entrate, vale a dire della parte legittimata, tale da sanare il vizio testè rilevato. Deve, invero, richiamarsi il principio, condiviso deal Collegio, secondo cui la nullità del ricorso proposto nei confronti di soggetto privo di legittimazione “ad causarci” è sanabile, con effetto “ex tunc”, dal momento della costituzione in giudizio del soggetto passivamente legittimato, impedendo detta costituzione sempre e comunque l’inammissibilità per tardività del gravame, anche se il controricorso risulti notificato oltre il termine di cui all’art. 370 cod. proc. civ., non avendo tale termine iniziato il suo decorso a causa della nullità della notifica del ricorso (Cass., 19 novembre 2008, n. 27452; Cass., 18 gennaio 2005, n. 908).

2.5 – Con i primi due motivi di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati, si deduce violazione dei principi in materia di ripartizione dell’onere probatorio (D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 2697 e ss. c.c. e 42), nonchè, anche sotto il profilo motivazionale, dei canoni di valutazione delle prove, in relazione, evidentemente, all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5.

Nella sentenza impugnata si da atto che l’accertamento impugnato deriva da “una verifica fiscale effettuata nei confronti di alcune società del settore edilizio … dalla quale emergeva, attraverso accertamenti bancari, che avevano emesso assegni per importi rilevanti, posti all’incasso dall’attuale ricorrente negli anni di imposta 1992 e 1993”. Vengono altresì evidenziati significativi elementi dai quali viene dedotta l’attività imprenditoriale, nel settore edile, dell’ O., quali la copertura di cariche sociali in società edilizie, la proprietà di un furgone idoneo al trasporto di nove persone, la qualifica di “imprenditore edile” risultante dalla carta di identità. Viene, infine, rimarcata, l’assenza di qualsiasi valida giustificazione in merito all’incasso degli assegni circolari, per rilevanti somme, posti alla base degli avvisi di accertamento. I motivi in questione sono infondati.

Deve rilevarsi, invero, come la Commissione tributaria regionale, fornendo adeguata motivazione circa l’attività effettivamente svolta dall’ O. e in merito alla natura inverosimile e, comunque, non dimostrata, della versione dallo stesso fornita, abbia correttamente applicato il principio secondo cui, in relazione all’accertamento dell’IVA, la presunzione, stabilita dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2, in forza della quale i singoli dati ed elementi risultanti dai conti bancari, sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dal successivo art. 54 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni, imponibili, ha un contenuto complesso, consentendo di riferire i movimenti bancari all’attività svolta in regime i.v.a. e di qualificare gli accrediti come ricavi e gli addebiti come corrispettivi degli acquisti: presunzione che può essere vinta dal contribuente solo allorchè offra la prova liberatoria che dei movimenti egli ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che questi non si riferiscono ad operazioni imponibili (Cass., 11 maggio 2009, n. 10684; Cass., 12 gennaio 2009, n. 374; Cass., 30 ottobre 2007, n. 22917).

2.6 – Con il terzo motivo si denuncia, in termini assolutamente generici, “violazione delle normative tributaria, civile e amministrativa, per omessa indicazione, nell’avviso di accertamento, di prove documentali, circostanziale e obiettive ed unicamente riferibili al soggetto, come sostenuto da costante giurisprudenza e dottrina”.

Il motivo è in parte inammissibile, ed in parte infondato. A tacere della carenza di specificità, mette conto di precisare che il riferimento ai requisiti della gravità, della precisione e della concordanza, in esso contenuto, risente di una certa confusione fra presunzioni semplici e presunzione legale, quale quella inerente alle risultanze degli accertamenti bancari (Cass., 23 giugno 2006, n. 14675), che nella sentenza impugnata assumono valore fondante, mentre del tutto generiche sono le censure inerenti alla ricostruzione del reddito effettivo.

2.7 – Perimenti inammissibile è l’ultimo motivo di ricorso, con il quale si deduce “violazione della legge per non aver la sentenza rilevato l’omissione da parte dell’Ufficio Accertatore dell’attività di valutazione degli elementi istruttori e della conseguente attività decisoria da intendersi e valutarsi come indefettibile dovere dell’Ufficio titolare del potere di accertamento”. A prescindere dall’inconsistenza dei rilievi in relazione ai requisiti delle presunzioni semplici, per i quali valgano le superiori considerazioni, il motivo scrutinato deve ritenersi inammissibile, in quanto affetto da errore percettivo nell’individuazione delle ragioni poste alla base della decisione impugnata (per un caso analogo, cfr.

Cass., 19 febbraio 2005, n. 2736), fondata, vale bene ribadirlo, sul valore probatorio delle risultanze degli accertamenti bancari.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna dell’ O. al pagamento delle spese processuali nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, compensando le relative spese processuali. Rigetta il ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e condanna il ricorrente al pagamento in favore della stessa delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.600,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 5^ sezione civile – tributaria, il 11 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2010

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