Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11774 del 12/05/2017


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Cassazione civile, sez. III, 12/05/2017, (ud. 21/12/2016, dep.12/05/2017),  n. 11774

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7291-2014 proposto da:

B.D., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE

FLAMINIO 76, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA FAIETA,

rappresentato e difeso dall’avvocato BRUNO GULINO giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 95,

presso lo studio dell’avvocato SERGIO PICCAROZZI, rappresentato e

difeso dall’avvocato UMBERTO BERTANI giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

REALE MUTUA ASSICURAZIONI SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 252/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 07/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/12/2016 dal Consigliere Dott. ARMANO ULIANA;

udito l’Avvocato ANTONELLA FAIETA per delega;

udito l’Avvocato SERGIO PICCAROZZI per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO che ha concluso per il rigetto.

Fatto

FATTI DEL PROCESSO

B.D., che ha subito lesioni alla persona in uno scontro con l’autovettura di C.G., assicurata con la Reale Mutua Assicurazioni, propone ricorso per cassazione con due motivi avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia,depositata il 7 febbraio 2013, che, in parziale accoglimento dell’appello da lui proposto, ha aumentato l’entità del danno patrimoniale da diminuita capacità lavorativa,riconoscendo in suo favore il diverso importo di Euro 153.369,91, e del danno morale,liquidato nel diverso importo di Euro 73.423 05, rigettando nel resto.

Resiste con controricorso C.G. illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c.. Non presenta difese la Società assicuratrice.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denunzia violazione degli artt. 115, 116 e 167 c.p.c., art. 2697 c.c., degli artt 1223, 1226, 2043, 2056 e 2059 c.c., riferiti agli artt. 2 e 3 Cost., in relazione al mancato riconoscimento e conseguente omessa liquidazione del danno non patrimoniale esistenziale.

2. Il motivo è infondato.

La Corte d’appello nella sentenza impugnata ha dato atto dell’elaborazione giurisprudenziale che nel tempo si è sviluppata in ordine alla concetto unitario di danno non patrimoniale,facendo riferimento alle sentenze Cass. Sezioni Unite del 11.11.2008 n. 269172, n. 26973, n. 26974 e n. 26975.

Il giudice di appello, nel valutare il motivo di impugnazione relativo al profilo esistenziale del danno non patrimoniale, ha ritenuto che il giudice di primo grado aveva liquidato complessivamente in misura congrua il danno non patrimoniale rispetto alle lesioni non patrimoniali complessivamente subite. La Corte ha ritenuto che l’appellante non aveva nè allegato nè provato, come era suo onere, un particolare pregiudizio alla vita di relazione o una modificazione nella qualità di vita che avesse comportato una modifica permanente in peius delle proprie abitudini di vita, tale da giustificare un appesantimento del punto liquidato.

3. La motivazione è conforme alla giurisprudenza di legittimità che ha affermato che non è ammissibile nel nostro ordinamento l’autonoma categoria del “danno esistenziale”, inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona, atteso che: ove in essa si ricomprendano i pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi della persona di rango costituzionale, ovvero derivanti da fatti reato, essi sono già risarcibili ai sensi dell’art. 2059 c.c., interpretato in modo conforme a Costituzione, con la conseguenza che la liquidazione di una ulteriore posta di danno comporterebbe una duplicazione risarcitoria; ove nel “danno esistenziale” si intendesse includere pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, tale categoria sarebbe del tutto illegittima, posto che simili pregiudizi sono irrisarcibili, in virtù del divieto di cui all’art. 2059 c.c. (Cass., 11 novembre 2008, n. 26972) Cass. Sez. 3, Sentenza n. 336 del 13/01/2016.

Nella fattispecie in esame il danno esistenziale non poteva essere liquidato come voce autonoma, essendo stato già liquidato all’attore nel risarcimento del danno non patrimoniale.

4. Il ricorrente nello sviluppo del motivo, pur denunziando nell’intestazione violazione di legge, richiede una rivalutazione dell’accertamento in fatto adeguatamente compiuto dai giudici dai giudici di merito,con una richiesta di rivalutazione delle deposizione dei testi B.D., G.F. e B.L. con l’esame delle pagelle relative agli anni 1992/1996 e delle relazioni del consulente di parte e di quello di ufficio.

5. Si ricorda che siamo nella vigenza del nuovo art. 360 c.p.c., n. 5, nella sostanza invocato dal ricorrente, essendo stata la sentenza pubblicata in data 7-2- 2013.

L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014.

6. Con il secondo motivo si denunzia violazione degli artt. 1223, 1226, 2043, 2056, 2057 e 2697 c.c. e art. 4 Cost..

Il ricorrente censura il mancato riconoscimento del danno patrimoniale per la perdita di tre anni scolastici.

7. Il motivo è infondato.

La Corte di appello ha ritenuto che il danno patrimoniale da perdita degli anni scolastici aveva già trovato ristoro nella liquidazione danno patrimoniale da lucro cessante e nel risarcimento per la diminuita capacità lavorativa.

Il ricorrente non indica quale perdita patrimoniale abbia subito ulteriore diversa da quella che già gli è stata liquidata dalla corte di merito, facendo riferimento ad un suo generico interesse all’affiancamento e poi al subentro nell’attività lavorativa paterna di imprenditore edile e della sua intenzione di seguire le orme lavorative del padre e del suo interesse per gli studi.

Non viene censurata in modo adeguato la statuizione sul punto della corte di merito e non viene indicata in che misura non sia stato considerato, ai fini del risarcimento del danno patrimoniale, il ritardo nel conseguimento del titolo di studio.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 5.200,00,di cui Euro 200,00 per esborsi,oltre accessori e spese generali come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma,m il 21 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2017

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