Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11771 del 12/05/2017


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Cassazione civile, sez. III, 12/05/2017, (ud. 21/12/2016, dep.12/05/2017),  n. 11771

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22910-2013 proposto da:

L.V., (OMISSIS), M.P. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA P MASCAGNI 64 INT 2, presso

lo studio dell’avvocato FRANCESCO LA ROSA, rappresentati e difesi

dall’avvocato SALVATORE LA ROSA giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

L.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BRUNO BUOZZI

99, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO D’ALESSIO, rappresentata

e difesa dall’avvocato MICHELANGELO RANDAZZO giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1196/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 11/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/12/2016 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;

udito l’Avvocato ANTONIO D’ALESSIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

FATTI DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Catania, con sentenza pubblicata l’11 giugno 2013, a modifica della decisione di primo grado ed in accoglimento parziale dell’appello proposto da L.S., ha condannato M.P. e L.V. a rilasciare un immobile sito in (OMISSIS), accertando che questo era di proprietà di L.S. e che era stato concesso in comodato a L.V. ed a suo marito M.P., comodato cessato a seguito di richiesta da parte di L.S. di restituzione dell’immobile. Avverso questa decisione propongono ricorso M.P. e L.V. con quattro motivi.

Resiste con controricorso L.S..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo di ricorso si denunzia violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. in relazione all’art. 1158 c.c. ed in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3. Sostengono i ricorrenti che il rapporto di comodato accertato dalla Corte d’appello non era nè provato nè tantomeno desumibile dai fatti accertati in giudizio.

2. Con il secondo motivo si denunzia violazione degli artt. 1158, 1140, 1141 e 1144 c.c. nonchè degli artt. 1803, 1804 e 1810 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Secondo i ricorrenti la Corte ha formulato delle affermazioni assolutamente illogiche con riferimento proprio alle circostanze che costituiscono prova della manifestazione di un possesso valido ad usucapire e che, ove si potesse parlare di originaria esistenza di un comodato, certamente tali circostanze costituirebbero prova della maturata inversione del possesso.

3. I due motivi si esaminano congiuntamente per la stretta connessione logico giuridica che li lega e sono inammissibili.

Infatti la Corte d’appello ha accertato che l’immobile in oggetto era stato concesso in origine in comodato da G.M., madre delle due sorelle S. e L.V., alla figlia L.V. perchè vi andasse ad abitare con il suo nuovo nucleo familiare.

Di conseguenza il titolo in virtù del quale L.V. potè godere della casa consisteva certamente in un rapporto di comodato, che rimase tale anche quando G.M. vendette la casa nell’anno (OMISSIS) alla figlia L.S. e quando la madre e la figlia lasciarono il piano terreno dell’immobile recandosi a vivere a (OMISSIS); che, applicando i principi esistenti in tema di locazione, non poteva ritenersi che il titolo del godimento del bene in capo al marito di L.V., M.P., fosse diverso rispetto a quello della moglie.

Di conseguenza, intervenuta l’estinzione del rapporto di comodato, nessun diritto alla detenzione dell’immobile potevano vantare i familiari del comodatario.

I ricorrenti, pur denunziando astrattamente vizio di violazione di legge, nella sostanza contestano un vizio di motivazione in relazione all’accertamento in fatto operato della dalla Corte d’appello sull’esistenza di un rapporto di comodato.

La rivalutazione del fatto, come accertato dal giudice di merito,è inammissibile in sede di legittimità ricordando che nella vigenza della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile ratione temporis, in considerazione della data di pubblicazione della sentenza, la denunzia di vizio di motivazione deve seguire un diverso modello legale che i ricorrenti non hanno rispettato.

4. Con il terzo motivo, subordinato all’eventuale rigetto dei primi due, si denunzia violazione degli artt. 1808, 1150, 1592, 1593 e 2041 c.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Sostengono i ricorrenti che la Corte d’appello, nel rigettare l’appello incidentale subordinato in ordine alla domanda per i miglioramenti, le addizioni e la manutenzione straordinaria eseguite nell’immobile dal M., aveva argomentato in modo assolutamente contraddittorio ed incongruo.

5. Il motivo è infondato.

Infatti la Corte d’appello ha applicato principi consolidati in materia di comodato affermando che al comodatario non sono rimborsabili le spese straordinarie non necessarie ed urgenti, anche se comportino miglioramenti, tenendo conto della non invocabilità da parte del comodatario stesso, che non è nè possessore nel terzo, dei principi di cui agli artt. 1150 e 936 c.c.

Inoltre la Corte ha ritenuto che non vi era la prova che l’ampliamento della fabbricato,avvenuto con il consenso della originaria proprietaria G.M., fosse avvenuto a spese del M. e che le ulteriori opere eseguite da quest’ultimo andavano ricondotte alla manutenzione ordinaria del bene spettante al comodatario che non ne poteva pretendere il rimborso.

Il ricorrente M. non censura il principio di diritto applicato della Corte, ma nella sostanza contesta anche in quest’occasione gli accertamenti in fatto lo con riferimento ad una diversa lettura delle deposizioni testimoniali e della c.t.u.

6. Il quarto motivo, con cui si richiede la riforma dell’attribuzione delle spese processuali in caso di accoglimento dei primi tre motivi di ricorso, è assorbito dal rigetto degli stessi.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso a condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi. oltre accessori e spese generali come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13., comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2017

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