Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11770 del 08/06/2016

Cassazione civile sez. VI, 08/06/2016, (ud. 09/05/2016, dep. 08/06/2016), n.11770

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8441-2014 proposto da:

C.S.N., elettivamente domiciliata in ROMA, C.SO

TRIESTE 85, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE AJELLO, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato TIZIANA AJELLO

giusta procura in calce del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.G.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 5358/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/05/2016 dal Consigliere relatore Dott. MARIA ACIERNO;

udito l’Avvocato Ajello Salvatore difensore della ricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che è stato depositata la seguente relazione in ordine al procedimento civile iscritto al R.G. 8441/2014:

“La ricorrente proponeva appello avverso la sentenza di separazione personale del Tribunale di Civitavecchia al fine di ottenere l’aumento del contributo per ciascun figlio ed il riconoscimento di un assegno di mantenimento a proprio favore.

La Corte di Appello di Roma dichiarava improcedibile l’appello per omessa notificazione del ricorso nel termine assegnato nel decreto di fissazione dell’udienza, alla luce delle seguenti argomentazioni:

– “pur trattandosi di termine ordinatorio ex art. 154 c.p.c., comporta la decadenza dell’attività processuale cui finalizzato, in mancanza distanza di proroga prima della scadenza” (Cass. 27086/2011);

– mancano i presupposti per concedere un nuovo termine alla parte appellante per notificare, atteso che non si versa nell’ipotesi di omessa notifica per causa ad essa non imputabile;

– la circostanza che dal controllo telematico non sia emerso il termine per notificare non esime l’appellante dal prendere visione del provvedimento di fissazione di udienza, posto che non vi è alcun obbligo normativo di comunicazione in capo al Giudice, essendo viceversa il ricorrente tenuto ad attivarsi per prendere cognizione, in cancelleria, dell’esito del proprio ricorso (Cass. 19514/2005);

– i principi di diritto cui si richiama l’appellante – obbligo della cancelleria di comunicare il decreto e il carattere non perentorio del termine ex art. 435 c.p.c. per la notifica a controparte –

riguardano i procedimenti cui si applica il rito del lavoro e non sono estensibili a quello in esame.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma proponeva ricorso per cassazione C.S.N., affidandosi ad un unico articolato motivo di ricorso.

1. Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 737 e 739 c.p.c. Violazione dell’art. 184 bis c.p.c. in relazione al disposto dell’art. 24 Cost. Violazione degli artt. 154, 156 e 435 c.p.c..

Censura la ricorrente l’assunto del Collegio secondo il quale i principi di diritto relativi al rito del lavoro non possono estendersi al caso in esame ovverosia al rito camerale. Tale affermazione si porrebbe in contrasto con un ormai costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, consolidatosi a partire dalla sentenza n. 15 del 1977 della Corte costituzionale (illegittimità costituzionale dell’art. 435 c.p.c., comma 2).

Richiama, in particolare, la pronuncia n. 5493 del 2012 con la quale questa Corte, in un caso simile, aveva escluso l’improcedibilità per omessa notifica nei termini, dal momento che non vi era stata comunicazione del decreto presidenziale contenente il termine per la notifica.

Orbene, nel caso di specie la cancelleria non ha provveduto a comunicare il decreto nè via pec nè tramite fax. Ne deriverebbe, pertanto, la lesione del diritto di difesa dell’appellante che si è vista dichiarare improcedibile il proprio gravame, ancor più ove si consideri che la violazione formale relativa all’originario termine per la notifica si sarebbe dovuta comunque ritenere superata in base al disposto dell’art. 156 c.p.c., u.c..

Sottolinea, inoltre, che la decisione n. 27086 del 2011 posta a fondamento della sentenza impugnata ritiene assimilabile il rito camerale a quello del lavoro e che in questo tipo di controversie dalla notifica oltre il termine, senza preventiva presentazione dell’istanza di proroga (o come nella specie con richiesta di proroga quando il termine indicato dal Presidente nell’originario decreto sia già scaduto), non deriva alcun effetto preclusivo.

Ritiene, peraltro, incoerente l’applicazione del principio di diritto enunciato nella citata sentenza stante la piena realizzazione del contraddittorio nel caso in esame, atteso che il ricorso in appello con il decreto di fissazione d’udienza è stato notificato comunque entro i termini di comparizione e che l’appellato si è ritualmente costituito ed ha a sua volta proposto appello incidentale.

Ripropone, da ultimo, la ricorrente la questione di carenza di giurisdizione del Giudice italiano sollevata nei precedenti gradi di giudizio.

Si richiama, in via preliminare e assorbente, l’orientamento di questa Corte secondo cui “in tema di procedimento d’impugnazione con rito camerate, poichè il termine per la notifica del ricorso e del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza ha la mera funzione di instaurare il contraddittorio, la sua inosservanza, senza preventiva presentazione dell’istanza di proroga, non ha alcun effetto preclusivo, implicando soltanto la necessità di fissarne uno nuovo ove la controparte non si sia costituita, mentre l’avvenuta costituzione di quest’ultima ha efficacia sanante “ex tunc” di tale vizio” (Cass. 25211/2013).

Le stesse Sezioni Unite della Suprema Corte con sentenza n. 5700 del 2014, relativa al procedimento L. n. 89 del 2001, ex artt. 3 e 4, hanno affermato che il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione d’udienza alla controparte, nei procedimenti camerati, non è perentorio e a tale principio di diritto si conforma la giurisprudenza di legittimità successiva (v. Cass. n. 8421/2014, 16677/2014, 21669/2014).

Si tende, per questa via, ad evitare interpretazioni formalistiche delle norme processuali che limitino l’accesso delle parti alla tutela giurisdizionale. Si ritiene, pertanto, applicabile in via analogica al rito camerale quanto disposto dall’art. 291 c.p.c., per quanto riguarda la concessione di un nuovo termine alla parte per la rinotifica, e dall’art. 156 c.p.c., comma 2, relativamente all’efficacia sanante “ex tunc” del vizio di omessa notifica nei termini in caso di tempestiva costituzione della controparte.

Alla luce delle suesposte considerazioni, si propone l’accoglimento del ricorso. Resta assorbito l’ulteriore profilo relativo alla carenza di giurisdizione.

Il collegio condivide senza rilievi la relazione e, per l’effetto accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione. I omettano le generalità in caso di diffusione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2016

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