Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11765 del 11/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 11/05/2017, (ud. 07/04/2017, dep.11/05/2017),  n. 11765

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9676-2016 proposto da:

B.F., B.A., B.C., B.R.,

T.V., nella qualità di eredi di B.S., rappresentati

e difesi dall’Avvocato LUIGI FURNO’;

– ricorrenti –

contro

D.R., BA.FA. (nella qualità di erede di

BA.CA. e V.S.), S.M., S.G.,

S.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1483/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 02/10/2015;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/04/2017 dal Consigliere ALBERTO GIUSTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che con sentenza del 4 dicembre 2009, il Tribunale di Siracusa, sezione distaccata di Lentini, rigettava la domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto preliminare di compravendita di un immobile, proposta dal promissario acquirente, B.S., nei confronti dei promittenti venditori, B.C. e V.S., rilevando la nullità del contratto, perchè concluso solo verbalmente;

che – posto che i predetti convenuti erano stati autorizzati a chiamare in causa D.R. (il notaio che aveva seguito le trattative) e S.M., S.G. e S.F. (che avevano profittato della vendita) – veniva pure rigettata la domanda con cui i convenuti avevano chiesto la condanna dei predetti terzi al risarcimento del danno;

che la Corte d’appello di Catania, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 2 ottobre 2015, ha rigettato l’appello proposto dagli eredi di B.S.;

che ha premesso la Corte territoriale che con il gravame si afferma, per la prima volta, l’esistenza di una scrittura privata (peraltro mai prodotta in atti) con la quale il promittente Ba. si impegnava a restituire al promissario B. la somma di Lire 40.000.000 qualora dovessero riscontrarsi iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli sul bene, mentre, in caso di visure negative, il B. si impegnava a versare il saldo del prezzo pari a Lire 30.000.000, e si sostiene che tale scrittura privata – non considerata dal primo giudice – costituisce un contratto preliminare perchè contiene la volontà di trasferire al promissario acquirente proprio quell’immobile;

che, tanto premesso, la Corte d’appello ha giudicato il motivo inammissibile, “perchè si fonda su una prospettazione della vicenda assolutamente nuova e, comunque, non dimostrata”;

che per la cassazione della sentenza della Corte d’appello T.V. e gli altri eredi di B.S. indicati in epigrafe hanno proposto ricorso, con atto notificato il 25 ed il 30 marzo 2016, sulla base di tre motivi;

che nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva in questa sede;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata notificata alla parte ricorrente, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Considerato che il primo motivo denuncia violazione dell’art. 1362 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, lamentando che, violando le regole elementari di ermeneutica, il giudice, nell’interpretare il contratto, non abbia indagato sulle reale intenzioni delle parti, omettendo di valutare anche il comportamento successivo;

che nella specie – deducono i ricorrenti – in data (OMISSIS) le parti conclusero un preliminare di vendita per iscritto, confermato in data (OMISSIS) con il saldo del prezzo; erroneamente la Corte d’appello avrebbe sostenuto che la detta scrittura non sarebbe mai stata prodotta, quando il contrario risulta dal contesto dell’atto di citazione in primo grado e dall’indice atti del fascicolo di parte;

che il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 1367 c.c. ed error in iudicando;

che con il terzo mezzo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 115 c.p.c., sostenendo che la Corte di Catania avrebbe disatteso la prova documentale fornita dall’attore in primo grado, e cioè la scrittura privata del (OMISSIS) – (OMISSIS), regolarmente prodotta in primo grado;

che tutti e tre i motivi sono inammissibili;

che là dove denunciano la violazione delle norme in tema di ermeneutica contrattuale, i motivi non colgono la ratio decidendi della sentenza impugnata, fondata sulla inammissibilità del motivo di gravame con cui è stata prospettata una vicenda nuova e, comunque, non dimostrata;

che del pari inammissibili sono i motivi nella parte in cui denunciano l’omesso esame della scrittura privata e la violazione dell’art. 115 c.p.c.;

che infatti, la Corte d’appello attesta che la scrittura privata non risulta mai essere stata prodotta in atti: sicchè i ricorrenti, che lamentano l’errore del giudice di merito per avere ignorato un documento acquisito agli atti e menzionato dalle parti, avrebbero dovuto impugnare per revocazione la sentenza della Corte d’appello;

che va ribadito l’orientamento secondo cui il vizio di omesso esame di un documento decisivo non è deducibile in cassazione se il giudice di merito ha accertato che quel documento non è stato prodotto in giudizio, non essendo configurabile un difetto di attività del giudice circa l’efficacia determinante, ai fini della decisione della causa, di un documento non portato alla cognizione del giudice stesso; se la parte assume, invece, che il giudice abbia errato nel ritenere non prodotto in giudizio il documento decisivo, può far valere tale preteso errore soltanto in sede di revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, sempre che ne ricorrano le condizioni (Cass., Sez. 5, 1 giugno 2007, n. 12904; Cass., Sez. 3, 19 febbraio 2009, n. 4056);

che pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile;

che l’inammissibilità del ricorso assorbe l’esame della richiesta di rimessione in termini per la rinnovazione della notifica del ricorso a Ba.Fa., richiesta che il difensore dei ricorrenti ha presentato in cancelleria in data 7 aprile 2017, alle ore 10, nell’imminenza dell’adunanza in camera di consiglio;

che non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo nessuno degli intimati svolto attività difensiva in questa sede;

che ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato da parte dei ricorrenti, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 7 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2017

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