Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11765 del 08/06/2016

Cassazione civile sez. VI, 08/06/2016, (ud. 11/04/2016, dep. 08/06/2016), n.11765

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

G.L. DITTA INDIVIDUALE, in persona del proprio Legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

Cavour presso la Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato ACQUAROLI ROBERTO, che lo rappresenta e difende,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

B.R., T.G., F.C. elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA TACITO 90, presso lo studio dell’avvocato

PIANA ALESSANDRA, rappresentati e difesi dall’avvocato TROIANI

LUCA, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 851/2014 della CORTE D’APPELLO di ANCONA del

15/10/2014, depositata il 13/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/04/2016 dal Consigliere relatore Dott. CRISTIANO MAGDA;

udito l’Avvocato DEL LIA Andrea come da delega allegata al verbale

dell’Avvocato ACQUAROLI Roberto difensore del ricorrente, che si

riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

E’ stata depositata la seguente relazione:

1) La Corte d’appello di Ancona, con sentenza del 13.11.2014, ha respinto il reclamo proposto da G.L., titolare dell’omonima ditta individuale, contro la sentenza dichiarativa del suo fallimento, emessa ad istanza di tre dei suoi dipendenti.

La corte territoriale ha ritenuto sussistente lo stato di insolvenza rilevando: 1) che, in base alle sole prospettazioni del reclamante, l’impresa da lui condotta era gravata da un debito verso Federitalia di oltre 67.000 Euro, da uno verso la Banca Monte dei Paschi di Siena di circa 275.000 e da uno di circa 22.000 Euro verso Italfondiario; 2) che a carico del G. pendevano inoltre procedure esecutive promosse da Equitalia e dall’INPS, i cui crediti erano solo in parte contestati; 3) che al fine di escludere l’insolvenza, non poteva tenersi conto di poste attive future ed incerte, rappresentate dai crediti da ripetizione di indebito ancora sub iudice azionati dall’imprenditore nei confronti di una serie di istituti bancari, che avrebbero potuto realizzarsi solo a seguito del passaggio in giudicato delle eventuali sentenze di accoglimento delle domande; 4) che il mancato pagamento dei crediti di lavoro, riguardanti mensilità risalenti all’agosto del 2011, appariva particolarmente significativo dell’incapacità del G. di far fronte con mezzi normali alle proprie obbligazioni; 5) che, infine, allo stato passivo erano stati ammessi crediti, in massima parte privilegiati, per oltre un milione di Euro.

2) La sentenza è stata impugnata da G.L. con ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui il creditore istante B. R. ha resistito con controricorso.

Il curatore del Fallimento e gli altri due creditori istanti non hanno svolto attività difensiva.

2.1) Con il primo motivo di ricorso il G., deducendo vizio di motivazione della sentenza impugnata, sostiene: a) che la corte del merito avrebbe erroneamente affermato che egli aveva riconosciuto l’esistenza del credito del MPS, in quanto l’elaborato da lui prodotto (in cui si dava atto che, detratti i ristorni, il suo debito verso la banca si sarebbe ridotto ad Euro 275.237) concerneva un conteggio meramente provvisorio, relativo alle proiezioni di tre dei quattro conti correnti accesi presso l’istituto e riferite ad un campione di solo quattro anni; b) che altrettanto errata sarebbe l’affermazione del riconoscimento di un credito di Federitalia, in realtà inesistente; c) che risulterebbe incomprensibile il rilievo della solo parziale contestazione dei crediti azionati in via esecutiva, atteso che al fine di escludere lo stato di insolvenza l’imprenditore non è tenuto a provare di non essere gravato da alcun debito; d) che egli avrebbe, comunque, fornito prova documentale della fondatezza delle contestazioni; e) che la sentenza non avrebbe fatto menzione della denuncia-querela da lui sporta contro i creditori istanti; e) che lo stato passivo era stato reso esecutivo il 7.10.2014 e non, come affermato in sentenza, il 23.9.014, e che, peraltro, sono state proposte opposizioni contro la maggior parte dei crediti ammessi.

2.2) Col secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione della L. Fall., art. 5, assume che dal complesso degli elementi istruttori da lui allegati il giudice avrebbe dovuto trarre il convincimento della ricorrenza di un mero stato di temporanea illiquidità dell’impresa da lui condotta.

3) Entrambi i motivi appaiono inammissibili.

3.1.) Il primo, infatti, lungi dall’indicare, così come richiesto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quale sia il fatto storico decisivo, oggetto di contraddittorio fra le parti, che la corte del merito avrebbe omesso di esaminare, si limita a dolersi di imprecisioni e/o di pretesi errori commessi dal giudice in ordine all’effettiva portata di alcune delle circostanze istruttorie considerate, senza però chiarirne la rilevanza al fine di un diverso esito del giudizio.

3.2) Il secondo difetta invece totalmente dei requisiti di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6 e richiede a questa Corte, in via meramente assiomatica, una valutazione del complesso delle risultanze probatorie difforme da quella operata dal giudice del merito.

Si dovrebbe pertanto concludere per l’inammissibilità del ricorso, con decisione che potrebbe essere assunta in camera di consiglio, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Il collegio ha esaminato gli atti, ha letto la relazione e ne condivide le conclusioni, peraltro non contrastate dal ricorrente, che non ha depositato memoria.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 3.100, di cui Euro 100 per esborsi, oltre rimborso forfetario e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2016

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