Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11760 del 08/06/2016

Cassazione civile sez. VI, 08/06/2016, (ud. 11/05/2016, dep. 08/06/2016), n.11760

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

V. CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati CAPANNOLO EMANUELA, PULLI

CLEMENTINA, RICCI MAURO giusta procura a margine;

– ricorrente –

e contro

B.M., quale erede della madre Y.I., rappresentata

e difesa dagli avv.ti MAGARAGGIA Giuseppe e Umberto per procura

speciale del Consolato Italiana di Casablanca, elettivamente

domiciliato presso lo studio dei predetti in ROMA ALLA PIAZZA DELLA

LIBERTA’ N. 20 – studio avv. CIUFFO Alessandra;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1172/6271/2014 della CORTE D’ APPELLO di

LECCE, depositata il 12/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FERNANDES GIULIO;

udito l’Avvocato RICCI MAURO difensore del ricorrente che riporta

agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio dell’11 maggio 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 12 maggio 2014, la Corte di Appello di Lecce confermava la decisione del Tribunale in sede che aveva accolto la domanda proposta da B.M. – quale erede della madre Y. I. – di riconoscimento del diritto alla pensione di invalidità in favore della genitrice con decorrenza dall’1 maggio 1996 e fino al 24 maggio 1997, data del decesso dell’assicurata.

La Corte territoriale, sull’appello dell’istituto in cui si evidenziava che il requisito contributivo sussisteva solo a decorrere dal maggio 1997 (con conseguente diritto alla prestazione richiesta solo per il mese di maggio 1997), rilevava che l’INPS aveva contestato la ricorrenza del requisito contributivo solo in appello –

introducendo, così, una questione del tutto nuova, quindi, non esaminabile – e, peraltro, anche confliggente con la situazione pregressa di riconoscimento amministrativo dell’assegno ordinario di invalidità in favore della Y. sin dal maggio 1996.

Per la cassazione della decisione propone ricorso l’INPS sulla base di un unico motivo.

La B. resiste con controricorso.

Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e della L. 12 giugno 1984, n. 222, art. 4, R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, art. 9, n. 2, convertito nella L. 6 luglio 1939, n. 1272, come sostituito dalla L. 4 aprile 1952, n. 218, art. 2 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3).

Si assume che la Corte territoriale non avrebbe verificato la sussistenza del requisito contributivo, eccepita dall’istituto nell’appello (ma da accertare anche d’ufficio integrando un fatto costitutivo del diritto), pur non essendo stato il possesso dei contributi mai allegato nel ricorso introduttivo del giudizio. Si evidenzia, inoltre: che dall’estratto contributivo prodotto unitamente all’appello si evinceva che il requisito contributivo era sussistente solo a decorrere dal maggio 1997; che il procuratore dell’appellata, a sua volta, aveva prodotto innanzi alla Corte di Appello una missiva dell’INPS, datata 11 giugno 1996, nella quale, a suo dire, l’istituto aveva attestato la sussistenza del requisito contributivo per l’assegno di invalidità ma dal cui contenuto, a ben vedere, si evinceva che l’istituto ammetteva solo la ricorrenza del requisito sanitario richiesto per l’assegno di invalidità e si riservava di accertare la ricorrenza del requisito contributivo.

Il motivo è infondato.

Si rileva, infatti: che nel ricorso introduttivo del giudizio la ricorrente nella qualità – aveva evidenziato che alla Y. era stato riconosciuto il diritto all’assegno ordinario di invalidità dal parte della sede INPS di Lecce, come da comunicazione dell’11 giugno 1996; che l’istituto nel costituirsi innanzi al giudice di primo grado, non solo non aveva contestato tale circostanza, ma aveva anche chiesto la cessazione della materia del contendere in quanto la prestazione richiesta era stata liquidata; che il Tribunale, accertata all’esito dell’espletamento di un CTU, la sussistenza del requisito sanitario, aveva accolto al domanda; che l’INPS, nell’impugnare tale decisione, solo in appello aveva contestato per la prima volta la ricorrenza del requisito contributivo (coincidente tanto per il conseguimento dell’assegno di invalidità che per la pensione di invalidità) e produceva l’estratto conto previdenziale relativo alla Y., tardivamente, trattandosi di documento già in suo possesso sin dall’inizio del giudizio.

In siffatta situazione, la motivazione, sopra riportata, della Corte di Appello è corretta essendo evidente che l’INPS, in primo grado, nell’ammettere l’avvenuto riconoscimento dell’assegno di invalidità – aveva ammesso l’esistenza, in riferimento a tale prestazione, anche del requisito contributivo (come detto coincidente con quello richiesto dalla legge per la pensione di inabilità) e, tale circostanza, doveva ritenersi, ormai, non contestata.

Deve, infatti, rilevarsi che nel rito del lavoro, qualora il ricorrente abbia specificamente ed esaustivamente dedotto un requisito del diritto che fa valere in giudizio nell’atto introduttivo, la mancata contestazione ad opera della controparte rende inutile la prova del fatto stesso, in quanto incontroverso.

Inoltre, l’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza della domanda dell’attore, come pure delle eccezioni e delle difese del convenuto, anche al fine di rilevare la mancata contestazione del dato costitutivo del diritto azionato, integra un tipico accertamento in fatto, sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo del vizio di motivazione. (cfr. al riguardo, Cass. n. 4995 del 01/03/2011; Cass. 16.12.05 n. 27833; Cass. Sezioni unite 17.6.04 n. 11353).

La contestazione della sussistenza del requisito contributivo, dedotta solo in appello, era ormai tardiva e, quindi, inammissibile e del pari inammissibile perchè tardiva era la produzione dell’estratto conto, documento ben avrebbe dovuto essere prodotto unitamente alla memoria di costituzione innanzi al primo giudice perchè già in possesso della parte.

Per tutto quanto sopra considerato, si propone il rigetto del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5.”.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Il Collegio condivide pienamente il contenuto della riportata relazione e, quindi, rigetta il ricorso.

Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico dell’INPS e vengono liquidate come da dispositivo con attribuzione agli avv.ti Magaraggia Giuseppe e Umberto per dichiarato anticipo fattone.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (legge di stabilità 2013).

Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla spese del presente giudizio liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15% con attribuzione agli avv.ti Magaraggia Giuseppe e Umberto.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2016

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