Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11759 del 14/05/2010

Cassazione civile sez. I, 14/05/2010, (ud. 07/04/2010, dep. 14/05/2010), n.11759

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7293/2009 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA ((OMISSIS)), in persona del Ministro

pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

L.M. (c.f. (OMISSIS)), nella qualità di erede di

L.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ATTILIO

REGOLO 12-D, presso l’avvocato CASTALDI ITALO, rappresentata e difesa

dagli avvocati SANDOMENICO Carmelo, PIZZILLO DOMENICO, giusta procura

a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

11/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

07/04/2010 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 10.06.2006, L.M. adiva la Corte di appello di Roma chiedendo che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrisponderle l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848.

Con decreto dell’11.06.2007-11.02.2008, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, condannava il Ministero della Giustizia a pagare all’istante la somma di Euro 10.000,00 con interessi legali, a titolo di equo indennizzo del danno non patrimoniale, nonchè le spese processuali, distratte in favore dei suoi due difensori antistatari.

La Corte osservava e riteneva, tra l’altro:

– che la L., erede di L.D., aveva chiesto l’equa riparazione del danno subito per effetto dell’irragionevole durata del processo in tema di riduzione in pristino e risarcimento dei danni, introdotto il 5.04.1990 nei confronti del suo dante causa, processo ancora pendente e nel quale la ricorrente si era costituita in prosecuzione il 30.06.2005;

– che dovevano essere disattese le eccezioni sollevate dall’Amministrazione resistente, d’inammissibilità del ricorso per relativa genericità e di prescrizione del diritto azionato;

– che in particolare l’eccezione di prescrizione era infondata in quanto:

– il diritto all’equa riparazione è soggetto a normativa speciale, che, con la L. n. 89 del 2001, art. 4, nel prevedere che la domanda possa essere proposta durante la pendenza del procedimento, nel cui ambito la violazione si assume verificata, ovvero, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione, che conclude il medesimo procedimento, è divenuta definitiva, risponde alla ratio di consentire alla parte di esercitare il diritto all’equa riparazione in qualsiasi momento essa ritenga superato il limite di ragionevole durata del processo, senza che possa decorrere, prima di tale concreta percezione, alcun termine di prescrizione del diritto nè dall’inizio del processo, nè dalla data di ratifica della Convenzione, nè dall’entrata in vigore della L. n. 89 del 2001 – con l’esplicita previsione per la proponibilità della domanda del termine di decadenza di sei mesi dalla definitività della decisione, il legislatore, avvalendosi delle sue prerogative, ha voluto sottrarre il relativo diritto al regime della prescrizione;

– che il processo presupposto avrebbe dovuto essere definito in primo grado nel tempo ragionevole di 3 anni;

– che il periodo di ritardo indennizzabile doveva essere determinato in anni 11, detratti anche i periodi imputabili a negligenza delle parti.

Avverso questo decreto il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso per Cassazione, notificato il 20.03.2009. La L. ha resistito con controricorso notificato il 28.04.2009.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il ricorso l’Amministrazione della Giustizia denunzia:

1. “Violazione e/o falsa applicazione artt. 2934 e 2946 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con conclusiva formulazione dei seguenti quesiti di diritto:

a – “Dica la Corte se, in considerazione della struttura non unitaria (ovvero – di fattispecie a formazione progressiva) del diritto all’indennità per eccessiva durata di processo presupposto, lo stesso non maturi – in termini obiettivi – con il cumularsi di periodi di eccessiva durata”;

“e – pertanto – se stante il maturarsi del diritto all’equa riparazione nella pendenza del processo presupposto il suddetto diritto non sia soggetto a prescrizione estintiva decennale ex art. 2934 e 2946 c.c.”.

2. “Violazione e/o falsa applicazione L. n. 89 del 2001, art. 4 – nonchè art. 2934 c.c., comma 2 – art. 2935 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, con conclusiva formulazione dei seguenti quesiti di diritto:

a. “Dica la Corte se la previsione di un termine decadenziale per la proposizione della domanda di equa riparazione L. n. 89 del 2001, ex art. 4, in nulla incida sul decorso della prescrizione del diritto all’equa riparazione in pendenza del processo presupposto”;

b. “Dica la Corte se il decorso del termine prescrizionale del diritto all’equa riparazione in pendenza del processo presupposto non sia impedito – ex art. 2935 c.c., dalla condizione soggettiva del titolare il quale è ben conscio del fattore lesivo e dell’entità dello stesso in relazione a parametri predeterminati con riferimento a casi analoghi elaborati in sede giurisprudenziale”;

3. “Violazione e/o falsa applicazione art. 2934 c.c. – L. n. 89 del 2001, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” con conclusiva formulazione dei seguenti quesiti di diritto:

a. “Dica la Corte se il diritto all’equa riparazione di cui alla L. n. 89 del 2001, non costituisca norma speciale (per diversità di disciplina e di presupposti) rispetto all’art. 6 CEDU – unica e/o identica essendo (sotto il profilo sostanziale) la posizione di diritto soggettivo fatta valere, salva la diversità della sede giurisdizionale in cui viene esercitata la relativa tutela interna in un caso – internazionale nell’altro caso”.

b. “Quanto sopra stante il rilievo processuale della normativa di cui alla L. n. 89 del 2001 rispetto alla disciplina dell’art. 6 CEDU”.

4. “Violazione e/o falsa applicazione art. 11 preleggi, comma 1 e art. 12 preleggi, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” con conclusiva formulazione dei seguenti quesiti di diritto:

a. “Dica la Corte se, stante il rilievo processuale della L. n. 89 del 2001, la stessa non trovi applicazione ai processi in corso alla data di entrata in vigore della normativa suddetta con relativa (sul piano sostanziale) applicabilità della disciplina interna in materia di prescrizione estintiva (essendo comunque per il periodo pregresso la medesima situazione soggettiva – avente struttura di fattispecie a formazione progressiva, ma perfezionatasi in data successiva alla nuova legge, tutelata nella competente sede internazionale con relativo immediato riconoscimento ai fini dell’ordinamento interno)”.

Sottolinea anche che essendo stato introdotto il presente processo il 7.02.2007, l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione (quantomeno) decennale – dall’Amministrazione sollevata nella comparsa di costituzione- avrebbe consentito di limitare la pretesa al periodo successivo al 7.02.1997, anzichè ricomprendervi anche il periodo decorso dal 5.04.1990.

5. “Violazione e/o falsa applicazione L. n. 89 del 2001, art. 4 – nonchè art. 2934 c.c., comma 2 – art. 2935 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” con conclusiva formulazione dei seguenti quesiti di diritto:

“Dica la Corte se nel caso in cui sia proposta azione di equa riparazione dall’erede nella esclusiva qualità di erede, il termine decadenziale semestrale ex L. n. 89 del 2001, art. 4 – a fronte di decesso del dante causa intervenuto in pendenza del processo presupposto non decorra – stante altresì la mancata interruzione del processo – dalla data di decesso del de cuius anzichè dalla data di acquisita definitività della decisione che ha definito il giudizio presupposto” In via alternativa e subordinata:

6. “Motivazione omessa su un fatto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, con conclusiva indicazione del fatto controverso, in ossequio al disposto dell’art. 366 bis c.p.c..

In sintesi, con i primi cinque motivi del ricorso, che; connessi, consentono esame unitario, l’Amministrazione della Giustizia si duole per varie, esplicitate ragioni, del rigetto dell’eccezione da lei proposta, di prescrizione estintiva – quinquennale/decennale – del diritto azionato dalla L. iure ereditario nonchè, con riferimento alla data del decesso del dante causa della medesima L., della mancata declaratoria d’inammissibilità del ricorso per equa riparazione, in quanto tardivo rispetto al termine semestrale di decadenza, contemplato dalla L. n. 89 del 2001, art. 4.

Sostiene, inoltre, che la L. aveva chiesto l’indennizzo solo iure ereditario e non anche in proprio, ragione per cui erroneamente è stato incluso nel periodo di ritardo indennizzabile, il tempo successivo alla sua costituzione nel giudizio presupposto, affetto da irragionevole durata.

Con il sesto motivo si duole che non sia stato defalcato il periodo decorso dalla morte del dante causa alla costituzione in giudizio della L., quale sua erede.

I motivi non hanno pregio.

In primo luogo deve rilevarsi che l’Amministrazione ricorrente si limita ad affermare genericamente ed apoditticamente che la L. aveva agito per conseguire l’equa riparazione solo in veste di erede e non anche in proprio. Questa affermazione è smentita dal tenore dell’impugnato decreto, da cui emerge pure che l’istante aveva anche specificato la data della sua costituzione in prosecuzione e gli accadimenti successivi e che non evidenzia alcun dato limitativo della legittimazione dell’istante, ragione per cui deve ritenersi che i giudici di merito, nell’ambito del loro potere dovere di qualificazione della domanda, abbiano ritenuto che ella avesse agito nella sua duplice suddetta veste, con valutazione che non è stata impugnata, sia pure per violazione dell’art. 112 c.p.c., e che, pertanto, non è suscettibile di essere in questa sede ridiscussa.

Infondate si rivelano, inoltre, le dedotte censure con le quali, anche in rapporto alla normativa sovranazionale ed alla decadenza prevista dalla L. n. 89 del 2001, art. 4, si contesta il rigetto dell’eccezione di prescrizione estintiva del credito indennitaria azionato dalla L.. Su tale tema questa Corte si è di recente già espressa (tra le altre, cfr. Cass. 200927719) con argomentazioni cui si rinvia, riassunte nel condiviso principio di diritto, al quale va dato seguito, secondo il quale “In tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, nella parte in cui prevede la facoltà di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonchè il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, in caso di ritardo ultradecennale nella definizione del processo”.

Ineccepibilmente, pertanto, i giudici di merito in rapporto al processo presupposto ancora pendente al momento della domanda di equa riparazione, hanno sia ritenuto tale domanda proponibile della citata L. n. 89 del 2001, ex art. 4, anche in riferimento al periodo anteriore al decesso del dante causa, non essendo ancora intervenuta la decisione definitiva, e sia concluso per l’inoperatività della prescrizione dell’azionato credito indennitario.

Deve, infine, essere dichiarato inammissibile per genericità e non decisività, il sesto motivo di ricorso, inerente alla mancata espunzione dal periodo di ritardo indennizzabile del tempo intercorso tra la morte del dante causa e la costituzione della L. quale sua erede, attuata il 30.06.2005, in prosecuzione del giudizio presupposto, non interrotto, dal momento che non è stata specificata la data del decesso del de cuius, così precludendo di apprezzare l’esistenza dell’asserito divario temporale.

Conclusivamente il ricorso proposto dal Ministero della Giustizia deve essere respinto, con conseguente condanna dell’amministrazione soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo e distratte in favore dei difensori anticipatari.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il Ministero della Giustizia, a rimborsare alla L. le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.100,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, spese da distrarsi in favore degli Avv.ti Angelo e Roberto Centola antistatari.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2010

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