Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11759 del 05/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 05/05/2021, (ud. 12/11/2020, dep. 05/05/2021), n.11759

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18402/2015 proposto da:

B.E., + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente domiciliati in ROMA,

SALITA DI SAN NICOLA DA TOLENTINO 1/B, presso lo studio

dell’avvocato DOMENICO NASO, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9096/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/02/2015 R.G.N. 7608/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/11/2020 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza n. 9096/2014, pubblicata in data 3 febbraio 2015, la Corte d’appello di Roma, in riforma della decisione resa dal locale Tribunale, rigettava la domanda proposta da B.E. e dagli altri 20 istanti nei confronti del Ministero degli Affari Esteri, avente ad oggetto il pagamento dell’indennità integrativa speciale non corrisposta dall’Amministrazione datrice sullo stipendio dai medesimi percepito durante il periodo di servizio svolto all’estero, stante la pretesa non cumulabilità, a decorrere dal 10 gennaio 2004, di quell’indennità con l’indennità di servizio all’estero loro erogata D.Lgs. n. 62 del 1988, ex art. 5;

2. riteneva la Corte territoriale che la materia risultasse definita in modo chiaro ed univoco in favore dell’Amministrazione con l’entrata in vigore del D.L. n. 138 del 2011, art. 1 bis, conv. nella L. n. 148 del 2011, in base al quale del D.P.R. n. 18 del 1967, art. 170, che sancisce la spettanza al personale impiegato all’estero dell’indennità di servizio all’estero, si interpreta nel senso che il trattamento economico complessivamente spettante al personale dell’Amministrazione degli affari esteri nel periodo di servizio all’estero, anche con riferimento a “stipendio” e “assegni di carattere fisso e continuativo previsti per l’interno” non include nè l’indennità di amministrazione nè l’indennità integrativa speciale di modo che durante il periodo di servizio all’estero possono essere attribuite soltanto le indennità previste dal medesimo D.P.R. n. 18 del 1967, stante la natura di norma di interpretazione autentica attribuibile alla disposizione in questione;

riteneva che la norma di interpretazione autentica assegnasse a quella interpretata, in connessione con le disposizioni pattizie correlate, un significato plausibilmente rientrante tra quelli che ex ante essa aveva la potenzialità di esprimere;

evidenziava come ciò comportasse non tanto un’efficacia retroattiva della norma di interpretazione autentica, quanto la conferma della legittimità del comportamento costante dell’amministrazione datrice di lavoro nel non erogare il cumulo di IIS e ISE nei periodi di servizio dei dipendenti all’estero;

escludeva profili di illegittimità costituzione della norma predetta costituendo l’interpretazione autentica una funzione legislativa garantita dall’art. 70 Cost.;

3. per la cassazione di tale decisione hanno proposto ricorrono i dipendenti indicati in epigrafe affidando l’impugnazione a sei motivi, cui ha resistito, con controricorso, il Ministero degli Affari Esteri;

4. i ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 138 del 2011, art. 1 bis, conv. nella L. n. 148 del 2011 e D.P.R. n. 18 del 1967, art. 170;

lamentano che la Corte territoriale non abbia tenuto conto che la norma interpretativa, intervenuta successivamente alla proposizione del ricorso di primo grado, non poteva impedire il riconoscimento delle pretese avanzate e ciò: a) perchè costituisce la modifica di una vecchia legge (rectius del D.P.R. n. 18 del 1967, art. 170, che disciplinava solo l’indennità di servizio estero e non anche gli stipendi di cui l’indennità integrativa speciale è parte integrante; b) perchè l’indennità integrativa speciale non esiste più come elemento autonomo della retribuzione essendo divenuta (anche per effetto dell’art. 20, comma 3, c.c.n.l. 2003), parte integrante di quest’ultima, laddove l’indennità di servizio estero non ha natura retributiva;

2. con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione del D.L. n. 138 del 2011, art. 1 bis, conv. nella L. n. 148 del 2011;

censurano la sentenza impugnata per aver attribuito efficacia retroattiva alla norma indicata laddove, in ossequio al principio del giusto processo dinanzi ad un tribunale indipendente ed imparziale, il legislatore nazionale non dovrebbe interferire su una singola causa o su determinate categorie di controversie attraverso norme interpretative che assegnino alla disposizione interpretata un significato vantaggioso per lo Stato parte del procedimento, sale “ragioni imperative di interesse generale”;

3. con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 6 par. 1 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo (diritto ad un equo processo) in relazione all’art. 10 Cost., comma 1 e art. 117 Cost., comma 1;

rilevano che la disposizione sopravvenuta di cui al D.L. n. 138 del 2011, art. 1 bis, conv. nella L. n. 148 del 2011, andava interpretata tenendo conto delle norme costituzionali che impongono la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti da obblighi internazionali;

4. con il quarto motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo in relazione all’art. 10 Cost., comma 1 e art. 117 Cost., comma 1;

rilevano che la sentenza impugnata ha disatteso l’obbligo posto a carico del giudice nazionale di verificare che l’applicazione e l’interpretazione della norma sia conforme ai principi elaborati dalla giurisprudenza della CEDU;

5. con il quinto motivo i ricorrenti ripropongono in questa sede la questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 138 del 2011, art. 1 bis, conv. nella L. n. 148 del 2011, sollevata con riferimento agli artt. 101,102 e 104 nonchè artt. 3 e 36 Cost.;

rilevano che con la suddetta norma di interpretazione autentica si sarebbe violato il principio di divisione dei poteri, l’affidamento legittimo dei soggetti nella coerenza e nella certezza dell’ordinamento giuridico oltre che il principio di uguaglianza e quello del diritto fondamentale del lavoratore ad una giusta retribuzione;

6. con il sesto motivo i ricorrenti ribadiscono la diversità di natura e funzione dell’indennità di servizio estero e dell’indennità integrativa speciale già evidenziata con il primo motivo di ricorso;

7. tutti gli esposti motivi che, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, devono ritenersi non meritevoli di accoglimento;

8. ritiene questa Corte di conformarsi al recente precedente costituito da Cass. 17 dicembre 2019, n. 33395 reso in relazione a fattispecie del tutto sovrapponibile;

9. in detto precedente si è innanzitutto evidenziato che non giovano alla tesi dei ricorrenti le pronunce di questo giudice di legittimità n. 17134 del 10 luglio 2013 e n. 23058 del 30/10/2014, che, intervenute con riferimento a ricorsi proposti da dipendenti appartenenti ai ruoli del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, posti a disposizione del Ministero degli Affari Esteri, pur avendo ad oggetto la medesima questione della spettanza dell’indennità integrativa speciale al personale in servizio all’estero, hanno avuto quale riferimento la disciplina posta dai contratti collettivi stipulati in successione nell’ambito del diverso comparto Scuola;

a tale vicenda, dunque, sono rimasti del tutto estranei sia del D.P.R. n. 18 del 1967, art. 170, sia la disposizione sopravvenuta di cui al D.L. n. 138 del 2011, art. 1 bis, conv. nella L. n. 148 del 2011, trattandosi di norme espressamente riferite al personale dipendente dal Ministero degli Affari Esteri e dunque inapplicabili ad una fattispecie che, per quanto simile, comunque non riguardava il personale di quella Amministrazione ma di altra;

viceversa è stato ritenuto risolutivo l’intervenuto del D.L. n. 138 del 2011, art. 1 bis, convertito in L. n. 148 del 2011, secondo cui del D.P.R. n. 18 del 1967, art. 170, si interpreta nel senso che: “a) il trattamento economico complessivamente spettante al personale dell’Amministrazione degli affari esteri nel periodo di servizio all’estero, anche con riferimento a “stipendio” e “assegni di carattere fisso e continuativo previsti per l’interno, non include nè l’indennità di amministrazione nè l’indennità integrativa speciale; b) durante il periodo di servizio all’estero al suddetto personale possono essere attribuite soltanto le indennità previste dal D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18”;

10. nè appaiono fondati i rilievi dei ricorrenti secondo cui detta normativa, oltre che costituzionalmente illegittima, sarebbe inapplicabile per il carattere innovativo della stessa;

l’emolumento rispetto al quale questa Corte si è confrontata nella citata Cass. n. 33395/2019, l’indennità integrativa speciale, era già noto all’epoca di entrata in vigore del D.P.R. n. 18 del 1967 (in quanto istituito dalla L. n. 324 del 1959) e riguardo ad esso il dubbio interpretativo era sorto, a distanza di vari decenni, da due fatti storici sopravvenuti: – il conglobamento della indennità integrativa speciale nella voce “stipendio” disposto dal c.c.n.l. Ministeri del 12 giugno 2003, che contemplava una disciplina specifica per il personale in servizio all’estero; – la mancanza di una analoga disciplina specifica nella contrattazione del comparto successiva a quel contratto;

tale dubbio aveva determinato, come si evince dalla stessa relazione di accompagnamento alla legge interpretativa, un nutrito contenzioso nei confronti del Ministero degli Affari Esteri per iniziativa di suoi dipendenti (“dal quale si prevede possano derivare ingenti oneri per la finanza pubblica”);

ed allora, la disposizione ha chiarito, per quanto rileva nel presente giudizio, che il trattamento economico complessivamente spettante al personale dell’Amministrazione degli affari esteri nel periodo di servizio all’estero, anche con riferimento a “stipendio” e “assegni di carattere fisso e continuativo previsti per l’interno”, non include l’indennità integrativa speciale;

il carattere interpretativo della disposizione censurata ha comportato, dunque, che essa si è saldata sulla precedente intervenendo sul significato normativo di questa, dunque lasciandone intatto il dato estuale ed imponendo una delle possibili opzioni ermeneutiche già ricomprese nell’ambito semantico della legge interpretata così da non evidenziare alcun profilo di illegittimità costituzionale (v. tra le molte, Corte Cost. n. 425 del 2000; n. 397 del 1994); in sostanza, il suo sopravvenire non ha fatto venire meno le norme interpretate, in quanto le disposizioni si sono congiunte, dando luogo ad un precetto unitario (v. Corte Cost. n. 311 del 1995; n. 94 del 1995; n. 397 del 1994);

siffatta configurazione conduce ad escludere che il citato art. 1 bis sia sostanzialmente innovativo, con effetti retroattivi, ed assume importanza sotto il profilo del controllo di ragionevolezza, in relazione al quale rileva la funzione di interpretazione autentica che una disposizione sia in ipotesi chiamata a svolgere, in deroga al principio per cui la legge non dispone che per l’avvenire (v. Corte Cost. n. 234 del 2007; n. 374 del 2002);

11. d’altra parte, il legislatore può adottare norme di interpretazione autentica, non soltanto in presenza di incertezze sull’applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche “quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, con ciò vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore” (v., ex plurimis Corte Cost. n. 274 del 2015; n. 227 del 2014, n. 209 del 2010, n. 24 del 2009, n. 170 del 2008 e n. 234 del 2007; per questioni di legittimità costituzionale per certi versi analoghe, con riferimento a norme interpretative con efficacia retroattiva concernenti la materia previdenziale, v. Corte Cost. n. 15 del 2012 e n. 257 del 2011);

la circostanza che la norma censurata, in quanto interpretativa, si è limitata ad assegnare alla disposizione interpretata un significato in esse già contenuto (come confermato dalla giurisprudenza amministrativa, la quale, anche dopo il parziale conglobamento della i.i.s. nello stipendio tabellare, aveva sempre escluso il cumulo della quota conglobata con le somme spettanti a titolo di i.s.e.), riconoscibile come una delle loro possibili varianti di senso;

12. si consideri, infatti, che del richiamato D.P.R. n. 18 del 1967, art. 170, prevede che: “il personale dell’Amministrazione degli affari esteri, oltre allo stipendio e agli assegni di carattere fisso e continuativo previsti per l’interno, compresa l’eventuale indennità o retribuzione di posizione nella misura minima prevista dalle disposizioni applicabili, tranne che per tali assegni sia diversamente disposto, percepisce, quando è in servizio presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari di prima categoria, l’indennità di servizio all’estero, stabilita per il posto di organico che occupa, nonchè le altre competenze eventualmente spettanti in base alle disposizioni del presente decreto. Nessun’altra indennità ordinaria e straordinaria può essere concessa, a qualsiasi titolo, al personale suddetto in relazione al servizio prestato all’estero in aggiunta al trattamento previsto dal presente decreto”;

il successivo art. 171, nel disciplinare le modalità di calcolo dell’i.s.e., al comma 5, significativamente aggiunge che: “le indennità base di cui al comma 2 possono essere periodicamente aggiornate con decreto del Ministro degli affari esteri, d’intesa con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, per tener conto della variazione percentuale del valore medio dell’indice dei prezzi rilevato dall’ISTAT. La variazione dell’indennità base non potrà comunque comportare un aumento automatico dell’ammontare in valuta delle indennità di servizio all’estero corrisposte. Qualora la base contributiva, determinata ai sensi delle disposizioni vigenti, dovesse risultare inferiore all’indennità integrativa speciale prevista per l’interno, il calcolo dei contributi previdenziali verrà effettuato sulla base di tale indennità”;

a sua volta la già citata L. n. 324 del 1959, istitutiva della indennità integrativa speciale e la cui vigenza è stata ribadita dal legislatore con il D.Lgs. n. 179 del 2009 (n. 1628 dell’allegato 1), all’art. 1, dopo aver indicato le modalità di calcolo della i.i.s., alla lettera d) del comma 2 ha stabilito che detta indennità “non è dovuta al personale civile e militare in servizio all’estero fornito dell’assegno di sede previsto dalla L. 4 gennaio 1951 n. 13 o da disposizioni analoghe”;

la incompatibilità fra i.i.s. e i.s.e., affermata con chiarezza dal legislatore, trova giustificazione nel fatto che la determinazione dei coefficienti di sede tiene conto delle variazioni del costo della vita, del corso dei cambi, dei disagi eventuali della sede, nonchè dei costi per gli alloggi e per il personale domestico, indici tutti equivalenti all’indice del costo della vita, posto a base dell’aggiornamento annuale dell’indennità integrativa speciale, sicchè la giurisprudenza amministrativa ha sempre evidenziato la identità di funzione delle due indennità (v. Cons. Stato 25 maggio 2012, n. 3088; Consiglio di Stato 24 febbraio 2011, n. 1223);

13. è, poi, significativo osservare che il divieto di cumulo è stato ribadito dal legislatore con la L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 37 (“Per il personale destinato a prestare servizio all’estero ai sensi del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, della L. 27 dicembre 1973, n. 838, del D.P.R. 23 gennaio 1967, n. 215, della L. 22 dicembre 1990, n. 401, e del testo unico approvato con D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, la quota di indennità integrativa speciale pari a Lire 1.081.000 annue lorde, conglobata ai sensi delle vigenti disposizioni nello stipendio iniziale di ciascun livello a decorrere dal 30 giugno 1988, e per il personale dirigente dal 1 gennaio 1989, si intende portata in diminuzione dalle indennità di servizio all’estero e dagli assegni di sede con le medesime decorrenze”) con il quale è stato escluso ogni effetto sulla determinazione dell’assegno di sede del parziale conglobamento nello stipendio tabellare della quota della indennità integrativa speciale indicata dal D.P.R. n. 494 del 1987, art. 15;

14. il c.c.n.l. per il quadriennio normativo 2002-2005 e per il biennio economico 2002-2003, dopo aver previsto all’art. 20, comma 3, il conglobamento della indennità integrativa speciale nella voce stipendio tabellare, aggiunge che: “Detto conglobamento non ha effetti diretti o indiretti sul trattamento economico complessivo fruito dal personale in servizio all’estero in base alle vigenti disposizioni” ed all’art. 21, comma 3, prevede che il conglobamento medesimo “non modifica le modalità di determinazione della base di calcolo in atto del trattamento pensionistico anche con riferimento alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 10”;

per il personale in servizio all’estero la nota a verbale stabilisce le modalità di quantificazione dello stipendio mensile, stabilendo che: “Con riferimento all’ultimo periodo dell’art. 20, comma 3, si precisa che al personale in servizio all’estero destinatario del presente contratto, cui non spetta 1715, verrà applicata una ritenuta sullo stipendio metropolitano corrispondente alla misura dell’indennità integrativa speciale percepita al 31 dicembre 2002, che continua ad essere considerata per il calcolo delle trattenute previdenziali secondo la normativa vigente. Si conferma, altresì, che per il suddetto personale il conglobamento dell’indennità integrativa speciale sullo stipendio tabellare è utile ai fini dell’indennità di buonuscita”;

si tratta, all’evidenza, della medesima tecnica già seguita dal legislatore con il richiamato della L. n. 549 del 1995, art. 1, con la quale la quantificazione del trattamento economico del personale in servizio all’estero venne resa insensibile al parziale conglobamento della i.i.s. nel trattamento stipendiale di base;

15. i successivi contratti collettivi per il personale del comparto ministeri 7 dicembre 2005, per il biennio economico 2004-2005, 14 settembre 2007, per il biennio economico 2006-2007, e 23 gennaio 2009, per il biennio economico 2008-2009, non contengono alcuna disposizione relativa agli effetti del conglobamento sul trattamento economico fruito dal personale in servizio all’estero;

ciò, però, non significa che non è più consentito scorporare dallo stipendio tabellare la quota di i.i.s. conglobata alla data del 31 dicembre 2002;

gli stessi contratti collettivi, infatti, per le materie non diversamente disciplinate e non espressamente disapplicate, rinviano alla precedente contrattazione (art. 1, comma 3, c.c.n.l. 2004-2005; art. 38 c.c.n.l. 2006-2007 che indica le disapplicazioni fra le quali non è incluso 3 dell’art. 20, comma 3; art. 1, comma 3 c.c.n.l. 2008-2009);

si aggiunga che gli artt. 3, 30 e 5, rispettivamente dei c.c.n.l. 2004-2005, 2006-2007, 2008-2009, con i quali le parti collettive hanno precisato gli effetti dei nuovi stipendi, prevedendone l’incidenza sulle mensilità aggiuntive, sul trattamento ordinario di quiescenza normale privilegiato, sull’indennità di buonuscita, sull’equo indennizzo, sulle ritenute assistenziali e previdenziali, nulla dispongono con riferimento al trattamento economico del personale in servizio all’estero, sicchè deve ritenersi che per detto personale i contraenti non abbiano in alcun modo inteso derogare alla disciplina, già convenuta, degli effetti del conglobamento;

per il personale in questione, infatti, la perdurante vigenza della L. n. 324 del 1959, art. 1 e del D.P.R. n. 18 del 1967, art. 171, comma 5, entrambi incentrati sulla distinzione fra stipendio tabellare e i.i.s., avrebbe richiesto una inequivoca manifestazione della asserita volontà, contraria a quella manifestata in occasione della sottoscrizione del c.c.n.l. 2004-2005, di privare di ogni rilevanza la distinzione fra le voci confluite nello stipendio tabellare (distinzione che tra l’altro è stata conservata e ribadita in relazione al trattamento di quiescenza);

in definitiva, l’interpretazione dei contratti collettivi di comparto, se condotta tenendo conto delle disposizioni contrattuali succedutesi nel tempo e del quadro normativo di riferimento, già conduceva a ritenere infondata la pretesa degli attuali ricorrenti e ad escludere la asserita inoperatività dell’art. 20, comma 3 del c.c.n.l. 2002-2003 a decorrere dal 1 gennaio 2004;

16. le suddette considerazioni escludono che possa essere messo in dubbio il profilo della ragionevolezza della disposizione interpretativa di cui si discute (v. Corte Cost. n. 234 del 2007; n. 274 del 2006; n. 135 del 2006; n. 409 del 2005; n. 291 del 2003), ovvero quello della lesione dell’affidamento dei destinatari considerato che già il testo interpretato rendeva plausibile una lettura diversa da quella che i destinatari stessi avevano ritenuto di privilegiare (v. Corte Cost. n. 229 del 1999; si veda anche sentenza n. 26 del 2003);

17. la norma, dunque, avendo natura interpretativa, ha operato sul piano delle fonti, senza toccare la potestà di giudicare, poichè si è limitata a precisare la regola astratta ed il modello di decisione cui l’esercizio di tale potestà deve attenersi (v. ex plurimis, Corte Cost. n. 274 del 2006; n. 282 del 2005; n. 15 del 2005; n. 240 del 2007), definendo e delimitando la fattispecie normativa proprio al fine di assicurare la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico (v. Corte Cost. n. 209 del 2010), così da non vulnerare le attribuzioni del potere giudiziario e non incorrere in alcuna violazione dell’art. 117 Cost., comma 1, nella parte in cui impone al legislatore di conformarsi ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali e così a quello inerente al principio di preminenza del diritto ed a quello del processo equo, consacrati nell’art. 6 della CEDU, mentre, anche in considerazione delle interpretazioni rese plausibili dalla norma interpretata, difetta ogni elemento per potere desumere che sia stata diretta ad incidere sui giudizi in corso, per determinarne gli esiti (Corte Cost. n. 15 del 1995; n. 397 del 1994);

18. va, quindi, ritenuto che, essendosi la norma limitata ad enucleare una delle possibili opzioni ermeneutiche dell’originario testo normativo, alla quale si sarebbe comunque pervenuti per le ragioni evidenziate ai punti da 12 a 15, che precedono, non può dubitarsi della finalità dell’intervento normativo di rimuovere una situazione di oggettiva incertezza, contribuendo così a realizzare principi d’indubbio interesse generale e di rilievo costituzionale, quali sono la certezza del diritto e l’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge;

19. da ultimo va evidenziato che non rileva, ai fini della presente decisione, che questa Corte, con ordinanza interlocutoria n. 27174/2020, abbia ritenuto rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all’art. 3 Cost., art. 24 Cost., comma 1, art. 39 Cost., comma 1, artt. 101,102,104 Cost., art. 111 Cost., art. 117 Cost., comma 1 – in relazione all’art. 6 della CEDU la questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 138 del 2011, medesimo art. 1 bis, convertito, con modificazioni, nella L. n. 148 del 2011, e conseguentemente disposto la trasmissione degli atti alla Corte costituzione, in quanto in tale ordinanza i profili di illegittimità costituzionale sono stati rilevati in relazione alla (differente) indennità di amministrazione, sottolineandosi, anzi, ai punti 19, 20 e 21 la diversità della situazione concernente l’indennità integrativa speciale;

20. sulla scorta delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto con conseguente condanna ex art. 91 c.p.c., dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo;

21. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve darsi atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass., Sez. Un., n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del Miur, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2021

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