Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11756 del 27/05/2011

Cassazione civile sez. VI, 27/05/2011, (ud. 14/04/2011, dep. 27/05/2011), n.11756

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 15898/2010 proposto da:

S.W. (OMISSIS), S.G.

(OMISSIS), C.L. (OMISSIS), C.M.

(OMISSIS), C.E. (OMISSIS), S.

G. (OMISSIS), tutti elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA NICOTERA 29, presso lo studio dell’avvocato SALERNO

Gaspare, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ABBAMONTE ANTONIO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

UGF ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS) (già Aurora Assicurazioni SpA –

già Meieaurora Assicurazioni SpA) in persona del suo procuratore ad

negotia, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 84,

presso lo studio dell’avvocato GALLI’ CLAUDIO, rappresentata e difesa

dall’avvocato CARCANO Angelo Maria, giusta procura speciale a margine

del controricorso ;

– controricorrente –

e contro

Z.F., Z.P., COMPAGNIA DI ASSICURAZIONE ITAS

MUTUA SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 98/2010 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA del

17.11.09, depositata il 2/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/04/2 011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO

PATRONE.

La Corte, letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Il fatto che ha originato la controversia è il seguente: è stato chiesto il risarcimento dei danni per la morte, avvenuta a seguito di sinistro stradale, dei coniugi C.A. e Se.Ge..

Con sentenza depositata in data 2 febbraio 2010 la Corte d’Appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Reggio Emilia, ha dichiarato inammissibile l’intervento in giudizio effettuato in primo grado da C.L., C.M. ed C.E., ha elevato al 50% il concorso di colpa di C. A., ha ridotto l’entità del danno morale liquidato in favore di S.W., Se.Gi. e S.G. ed ha disposto la restituzione di quanto versato in esecuzione della sentenza di primo grado.

Alla Corte di Cassazione sono state devolute le seguenti questioni di diritto: se fosse inammissibile l’azione civile dei C. a seguito della costituzione nel giudizio penale conclusosi con sentenza di assoluzione perchè il fatto non costituisce reato e se sia stato correttamente applicato l’art. 2054 c.c..

2 – Il relatore propone la trattazione del ricorso in Camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c..

3. Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 652 c.p.p.. Si assume che la improponibilità o improcedibilità dell’azione civile opera solo in caso di sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto o perchè il fatto non sussiste, ma non allorchè, come nella specie, sia intervenuta sentenza di assoluzione perchè il fatto non costituisce reato.

La censura è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, per la assolutamente inadeguata esposizione dei fatti di causa necessari al fine della comprensibilità della censura. La conseguenza di tale omissione è che i ricorrenti non colgono la ratio decidendi della sentenza impugnata.

Infatti questa ha posto in rilievo una situazione ben diversa da quella evincibile dalla troppo scarna e inadeguata formulazione del motivo in esame e da questo non censurata. I C. avevano optato per l’esercizio dell’azione civile in sede penale, tanto che la loro difesa non si oppose a che venisse dichiarata estinta la causa da essi promossa nei confronti di Z.F. “per essersi i medesimi costituiti parte civile rinunciando in tal modo all’azione ai sensi dell’art. 75 c.p.p.”. Pertanto il processo è stato dichiarato estinto nei loro confronti. Il giudizio penale si è concluso, in primo grado, con l’assoluzione dello Z. dall’imputazione di omicidio colposo perchè il fatto non sussiste e, in appello, perchè il fatto non costituisce reato, senza alcuna pronuncia in ordine alle richieste risarcitorie delle parti civili costituite. Queste non hanno proposto ricorso per cassazione e il loro intervento successivamente effettuato per “rientrare” nel processo civile che era stato dichiarato estinto a seguito di espressa rinuncia, non poteva essere ammesso.

Il secondo motivo lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c.. Pur formalmente prospettata sotto il profilo della violazione di legge, la censura sviluppa argomentazioni che attengono al merito, come dimostrano gli ampi riferimenti alle deposizioni testimoniali.

La Corte territoriale ha valutato gli elementi probatori a disposizione ed è pervenuta alla conclusione che entrambi i conducenti avevano tenuto una velocità non adeguata alle circostanze specifiche e che nessuno dei due aveva fatto il possibile per evitare il sinistro, quindi ha ritenuto non superata la presunzione di pari responsabilità. E’ una statuizione che si basa su apprezzamenti di fatto adeguatamente motivati e, del resto, non stigmatizzati sotto il profilo del vizio di motivazione.

Il ricorso sviluppa un terzo tema definito “in punto quantum debeatur”, che si svolge con riferimenti alla risarcibilità del danno da rottura del vincolo familiare, alle differenze rispetto al danno morale e al danno biologico, al danno esistenziale da morte del familiare, alla determinazione del danno esistenziale.

Ma detto tema, che per quanto riguarda i C. sarebbe comunque assorbito dal rigetto dei primi due motivi, è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, il quale prescrive, a pena d’inammissibilità, che il ricorso contenga i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano. Si ribadisce, in proposito, che il giudizio di cassazione, a differenza del giudizio di appello, è a critica vincolata, cioè limitata alle ipotesi specificamente previste dal precedente art. 360, per cui (confronta Cass. Sez. 3^, n. 18421 del 2009) esso richiede, da un lato, per ogni motivo di ricorso, la rubrica del motivo, con la puntuale indicazione delle ragioni per cui il motivo medesimo – tra quelli espressamente previsti dall’art. 360 c.p.c. – è proposto; dall’altro, esige l’illustrazione del singolo motivo, contenente l’esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata, e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza.

4.- La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti;

Non sono state presentate conclusioni scritte nè memorie nè alcuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in Camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 6.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 14 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2011

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