Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11756 del 14/05/2010

Cassazione civile sez. I, 14/05/2010, (ud. 17/03/2010, dep. 14/05/2010), n.11756

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16899/2009 proposto da:

M.L. (C.F. (OMISSIS)), Z.S. (C.F.

(OMISSIS)), nella qualità di genitori della minore

M.V., Z.A. (C.F. (OMISSIS)),

G.S. (C.F. (OMISSIS)), nella qualità di

nonni materni della minore M.V., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso l’avvocato

MANCINI ANDREA, rappresentati e difesi dall’avvocato SCALZO Nicolina,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

SERVIZIO SOCIO-EDUCATIVO ED ASSISTENZIALE DI BASE DEL COMUNE DI

MODENA, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA,

COMUNE DI MODENA;

– intimati –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA depositato il

30/1/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

17/03/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato MANCINI ANDREA (preliminarmente

deposita avviso di ricevimento), per delega, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per l’inammissibilità

o rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale per i minorenni di Bologna, in accoglimento del ricorso con cui il P.M. aveva chiesto ex art. 330 cod. civ., la pronuncia di provvedimento a favore della minore M.V., nata a (OMISSIS), figlia di M.L. e di Z.S., con decreto provvisorio del (OMISSIS) affidava la minore al Servizio sociale educativo assistenziale del comune di (OMISSIS); e con decreto del 3 ottobre 2008 disponeva detto affidamento in via definitiva, con l’incarico di mantenerla presso la famiglia in cui la minore era stata temporaneamente collocata.

Il reclamo proposto dai genitori, nonchè dai nonni materni Z. A. e G.S. è stato respinto dalla Corte di appello di Bologna con decreto del 30 gennaio 2009, in quanto: a) il procedimento era stato iniziato dallo stesso P.M. che dunque non doveva esprimere alcun ulteriore parere; b) la madre era affetta da gravi disturbi mentali, manifestatisi anche durante il collocamento in comunità (con la figlia) ove aveva tenuto anche comportamenti aggressivi e minacciosi nei confronti di operatori ed altri soggetti e mostrato assoluta indifferenza per la minore; c) nè il padre nè i nonni si erano mostrati in grado di rimediare a tale situazione nè di tranquillizzare la bambina, ostile agli incontri con la madre ed invece socievole e serena allorchè accudita dalla famiglia affidataria; d) tale situazione non era mutata nel periodo successivo in cui non era cessato il disagio della minore nei rapporti con la famiglia di origine. Per la cassazione della sentenza i coniugi M., nonchè Z.A. e la G. hanno proposto ricorso per 4 motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il P.G. ha eccepito l’inammissibilità del ricorso contro i provvedimenti emessi in seguito a reclamo dalla Corte di appello ai sensi dell’art. 330 cod. civ., e segg..

L’eccezione è fondata.

La giurisprudenza di legittimità è assolutamente pacifica nel ritenere che i provvedimenti camerali, in tema di tutela dei minori, diretti a limitare o ad escludere la potestà dei genitori naturali, ai sensi dell’art. 317 bis c.c., o ad ovviare ad una condotta pregiudizievole ai figli ai sensi dell’art. 333 c.c., o che dispongano, come nella specie, l’affidamento contemplato dalla L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 4, comma 2 (che richiama l’art. 330 c.c.), ancorchè resi dal giudice di secondo grado in esito a reclamo, non sono impugnabili con ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., essendo privi dei requisiti della decisorietà (intesa come risoluzione di una controversia su diritti soggettivi, e status), e della definitività (intesa come mancanza di rimedi diversi e attitudine del provvedimento a pregiudicare con efficacia propria del giudicato, quel diritti o quegli status), perchè revocabili in ogni tempo per motivi originari o sopravvenuti. Ed avendo la funzione di controllare e governare gli interessi dei minori, non di decidere una lite tra due soggetti con l’attribuzione ad uno di essi di un bene della vita (Cass. 14091/2009; 13823/2004; 14380/2002).

Si è rilevato altresì che detto ricorso non è ammissibile neppure se il ricorrente lamenti la lesione di situazioni aventi rilievo processuale, quali espressione del diritto di azione, come quelle prospettate con i primi due motivi del ricorso (mancanza di parere del P.M., audizione dei genitori): in quanto la pronunzia sull’osservanza delle norme che regolano il processo, disciplinando i presupposti, i modi e i tempi con i quali la domanda può essere portata all’esame del giudice, ha necessariamente la medesima natura dell’atto giurisdizionale cui il processo è preordinato; e, pertanto, non può avere autonoma valenza di provvedimento decisorio e definitivo, se di tali caratteri quell’atto sia privo, stante la natura strumentale della problematica processuale e la sua idoneità a costituire oggetto di dibattito soltanto nella sede, e nei limiti, in cui sia aperta o possa essere riaperta la discussione sul merito.

Vero è che recenti decisioni di questa Corte (sent. 23032 e 23411/2009) hanno dichiarato ammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., contro i provvedimenti emessi dalla Corte d’appello, sezione per i minorenni, in sede di reclamo avverso i provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 317 bis c.c., relativamente all’affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio ed alle conseguenti statuizioni economiche, ivi compresa l’assegnazione della casa familiare; ma queste pronunce hanno posto in evidenza che la L. n. 54 del 2006, dichiarando applicabili ai relativi procedimenti le regole da essa introdotte per quelli in materia di separazione e divorzio, esprime, per tale aspetto, un’evidente assimilazione della posizione dei figli di genitori non coniugati a quella dei figli nati nel matrimonio, in tal modo conferendo una definitiva autonomia al procedimento di cui all’art. 317 bis cod. civ., rispetto a quelli di cui agli artt. 330, 333 e 336 cod. civ., dai quali è stato nettamente distinto; ed avvicinandolo, invece, a quelli in materia di separazione e divorzio con figli minori, senza che assuma alcun rilievo la forma del rito camerale, previsto, anche in relazione a controversie oggettivamente contenziose, per ragioni di celerità e snellezza.

Nessuna pronuncia va emessa sulle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte,dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 17 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2010

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