Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11755 del 14/05/2010

Cassazione civile sez. I, 14/05/2010, (ud. 17/03/2010, dep. 14/05/2010), n.11755

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21398/2009 proposto da:

P.I. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIALE G.B. BARDANZELLU 121, presso l’avvocato EMANUELA

RUSSO, rappresentata e difesa dall’avvocato PISANO Paola, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.G., PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA

CORTE DI APPELLO DI FIRENZE, P.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 859/2009 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 01/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

17/03/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale per i minorenni di Firenze con sentenza del 13 gennaio 2009 dichiarava lo stato di adottabilità del minore P.G., nato a (OMISSIS) da P.I., già affidato in via provvisoria con ordinanza del (OMISSIS) ai Servizi sociali di (OMISSIS), collocandolo presso la Casa famiglia (OMISSIS). L’impugnazione di P.I. e della sorella E. è stata respinta dalla Corte di appello di Firenze, con sentenza dell’1 luglio 2009, in quanto: a) dalle relazioni della pedagogista inviata dai Servizi sociali e della Casa famiglia risultava l’assoluta inidoneità della P. ad accudire al minore anche per i problemi personali di quest’ultima, peraltro non transitori; e ciò perfino con l’ausilio degli operatori della struttura pubblica; b) non era neppure possibile l’inserimento del bambino presso il nucleo familiare della zia P.E., già affetto da gravissimi problemi tra cui quello dell’accudimento di un fratello portatore di un grave handicap; e neppure l’affidamento etero-familiare in quanto nel caso la mancanza di ambiente familiare idoneo non poteva considerarsi superabile, e neppure temporanea.

Per la cassazione della sentenza P.I. ha proposto ricorso per due motivi. Il curatore speciale del minore non ha spiegato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La P. con il ricorso che si articola in due motivi addebita alla sentenza impugnata: a)di non aver dichiarato la nullità del procedimento malgrado il minore fosse privo di difesa tecnica, come invece richiesto dalla L. n. 184 del 1983, art. 8: essendo stato difeso dallo stesso curatore speciale avv. R.B. che aveva nominato sè stessa; b) di non aver considerato che il minore aveva diritto di vivere nella famiglia di origine presso la quale essa madre era in grado di accudire alle sue esigenze, anche con l’aiuto degli assistenti sociali e con l’ausilio di altre figure affettive,come la zia E. e la nonna materna; e che in ogni caso ben poteva farsi ricorso all’affidamento etero-familiare o all’adozione mite.

Nessuna delle questioni prospettate a sostegno dei menzionati motivi è corredato, dai quesiti di diritto richiesti dal nuovo art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, il quale l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità,nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nell’ipotesi prevista dal n. 5 del medesimo comma, il motivo deve enunciare, in modo sintetico ma completo, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Noto essendo il fondamento di tali disposizioni di legge che è quello di rafforzare la ed. funzione nomofilattica del giudizio di cassazione nonchè di garantire l’aderenza dei motivi del ricorso (per violazione di legge o per vizi del procedimento) allo schema legale al quale tali motivi debbono essere adattati. E di realizzare l’interesse generale all’esatta osservanza ed all’uniforme interpretazione della legge (art. 65 del T.U. ordinamento giudiziario, contenuto nel R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, tuttora vigente), che viene perseguito tramite l’enunciazione da parte della Corte di Cassazione – con valenza più ampia e perciò appunto nomofilattica – del corretto principio di diritto, corrispondente all’onere che ha il ricorrente di formulare il quesito di diritto.

Poichè, pertanto, la formulazione di un esplicito quesito di diritto o la chiara indicazione del fatto controverso sono, invece, del tutto assenti nell’illustrazione di ciascuno dei motivi del ricorso (cfr.

Cass. Sez. un. 7258 e 14682/2007), l’impugnazione della P. deve essere dichiarata inammissibile.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 17 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2010

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