Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11754 del 11/05/2017

Cassazione civile, sez. VI, 11/05/2017, (ud. 09/02/2017, dep.11/05/2017),  n. 11754

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12173-2016 proposto da:

P.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SISTINA 48,

presso lo studio dell’avvocato MARCO ORLANDO, rappresentato e difeso

dall’avvocato NICOLA PIGNATIELLO;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA SPA, in persona dei procuratori speciali,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C. MAES 68, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCO NAPOLITANO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1220/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/02/2017 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione P.N. evocava davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere la società Assitalia Assicurazioni per richiedere il risarcimento dei danni subiti dalla propria azienda agricola in conseguenza di un incendio verificatosi il (OMISSIS), con riferimento ad una polizza assicurativa, denominata (OMISSIS), che copriva l’ipotesi di incendio dell’azienda;

il Tribunale, con sentenza del 3 aprile 2012, accoglieva la domanda e condannava la compagnia di assicurazione Ina Assitalia, al pagamento delle somme determinate sulla base di una relazione tecnica;

avverso tale decisione la compagnia di assicurazione proponeva appello e la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 23 marzo 2016, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava improponibile la domanda azionata da P.N., attesa la operatività di una clausola compromissoria, condannandolo anche al pagamento delle spese e alla restituzione di quanto versato dalla compagnia in conseguenza dell’esecutività della sentenza di primo grado;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione P.N. sulla base di due motivi. Resiste in giudizio la S.p.A. Generali Italia con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 342 codice di rito, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La Corte d’Appello di Napoli non avrebbe preso in esame l’eccezione dell’appellato riguardo alla mancata osservanza dei nuovi requisiti di forma e di contenuto richiesti per l’atto di appello a seguito dell’entrata in vigore della L. 7 agosto 2012, n. 134;

con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 9) delle Condizioni generali della polizza assicurativa e dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Il ricorrente contesta che la clausola in oggetto possa essere qualificata come perizia contrattuale, ribadendo la propria disponibilità alla definizione bonaria della vicenda, evidenziando che la compagnia di assicurazione non aveva fornito la prova dell’interruzione della procedura stragiudiziale da parte dell’odierno ricorrente, contestando che la procedura in oggetto costituisse condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria;

i motivi possono essere trattati congiuntamente perche strettamente connessi. Gli stessi sono inammissibili per vizio di autosufficienza poichè, quanto al primo, la deduzione, peraltro generica, d’inosservanza dei requisiti di forma è priva di ogni riferimento concreto al contenuto dell’atto di appello, che non viene riportato neppure in parte e ciò impedisce di valutare la ritualità dell’atto di impugnazione. Quanto al secondo, si chiede di valutare il contenuto dell’art. 9) delle Condizioni generali di polizza che non viene trascritto, neppure in parte. In ogni caso le censure sono manifestamente infondate, poichè il ricorrente non individua alcuna argomentazione tecnica tesa a ribaltare la specifica e puntuale motivazione della Corte territoriale che, sulla base dell’orientamento costante della giurisprudenza, ha correttamente evidenziato che il citato art. 9) costituisce una clausola compromissoria, con lo scopo di agevolare le operazioni di risoluzione delle controversie relative alla determinazione del danno. Pertanto, trattandosi di contratto che prevede una perizia contrattuale, la domanda giudiziale di pagamento è improponibile sino alla definizione della liquidazione (Cass., 18 dicembre 1999 n. 14302), poichè nella pattuizione di tale clausola è insita una temporanea rinunzia alla tutela giurisdizionale dei diritti nascenti dal rapporto contrattuale (Cass. 22 maggio 2007 n. 11876);

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17: “Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2017

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