Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11748 del 11/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 11/05/2017, (ud. 09/02/2017, dep.11/05/2017),  n. 11748

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16925/2015 proposto da:

V.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI

CALAMATTA 16, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO LAURO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE MAGHENZANI TAVERNA;

– ricorrente –

contro

SOCOGAS SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TIBULLO N. 10, presso lo

studio dell’avvocato GUIDO FIORENTINO, rappresentata e difesa

dall’avvocato LORENZO MARCO AGNOLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 61/2015 del TRIBUNALE di PARMA, depositata il

28/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 09/02/2017 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

V.L. e la società Socogas S.p.A. avevano stipulato, in data 16 gennaio 2007, un contratto di fornitura di Gpl e un contestuale contratto di comodato per un serbatoio fuori terra, ma già in data (OMISSIS) il contraente V. aveva comunicato la propria volontà di risolvere il contratto. A causa di ciò la società Socogas, in data 17 febbraio 2009, aveva notificato atto di citazione davanti al Giudice di Pace di Parma, per sentir dichiarare la risoluzione dei contratti di fornitura e comodato per fatto imputabile alla controparte, con richiesta di condanna al pagamento della penale prevista in contratto;

il Giudice di Pace, con sentenza del 19 novembre 2009, dichiarava la risoluzione del contratto per inadempimento del V., con condanna al pagamento della penale e delle spese di rimozione del serbatoio;

avverso tale sentenza proponeva appello il soccombente e il Tribunale di Parma, con sentenza del 5 gennaio 2015, rigettava l’appello confermando la decisione impugnata;

contro tale decisione propone ricorso per cassazione V.L. sulla base di due motivi. Resiste con controricorso la società Socogas ed il ricorrente deposita memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

con il primo motivo il ricorrente ribadisce la ritualità del diritto di recesso conseguente all’illegittimità della richiesta di applicazione della penale e della clausola contrattuale prevista all’art. 2) del contratto. Non avendo la società Socogas fornito le informazioni sul diritto di recesso, ai sensi dell’art. 65 codice del consumo, nel testo vigente all’epoca, il termine di recesso va fissato in giorni 60 e non in quello di giorni 7 previsto nella clausola;

il motivo è formulato in maniera generica, senza l’indicazione alle norme violate e senza individuare ipotesi specifiche tra quelle tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., invocate. In ogni caso, la censura è inammissibile poichè consiste nella reiterazione, nella prima parte, del motivo di appello, non aggiungendo nulla a quanto già dedotto dal Tribunale e non confrontandosi con la motivazione posta a base della decisione impugnata. Risulta documentalmente, come correttamente evidenziato dal Tribunale, che la modalità con la quale deve essere resa l’informazione è per iscritto, con indicazione dei termini, delle modalità e l’individuazione del soggetto nei cui confronti esercitare il diritto di recesso. Tali elementi emergono dalla clausola n. 7 e dell’attività istruttoria espletata, così come puntualmente precisato dal giudice di appello;

lamenta, altresì, il ricorrente, che la clausola contenuta nell’art. 2) sarebbe nulla perchè lesiva dei diritti del consumatore e non comprensibile;

la seconda doglianza è inammissibile perchè si chiede di trattare una questione nuova, non sottoposta al giudice di appello, al quale l’unico profilo evidenziato è quello della decorrenza del termine per il recesso.

Considerato che:

con il secondo motivo si deduce la nullità della clausola negoziale che impone contrattualmente l’utente all’acquisto del gas per il termine di due anni;

il motivo è inammissibile perchè formulato in maniera assolutamente generica, senza individuazione delle norme violate e dei motivi specifici d’impugnazione sulla base dell’art. 360 c.p.c.. In ogni caso, è inammissibile perchè non si confronta con la decisione impugnata riproponendo le medesime doglianze oggetto di appello. Infine, difetta di specificità prospettando una questione inconferente, poichè il contratto non è stato impugnato dall’odierno ricorrente il quale si è solo limitato a eccepire (per quello che si legge nella sentenza) la nullità di tale clausola, che non è stata azionata dalla società che eroga il gas, la quale non ha lamentato la violazione, da parte dell’odierno ricorrente, di tale obbligo contrattuale. La controversia riguarda la risoluzione del contratto, per cui alcuna rilevanza assume tale onere del contraente. In sostanza, la società Socogas non ha manifestato alcuna doglianza rispetto alla mancata ottemperanza di controparte all’obbligo di acquistare gas sulla base del contratto;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17: “Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2017

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