Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11748 del 05/05/2021
Cassazione civile sez. VI, 05/05/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 05/05/2021), n.11748
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Rel. Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 25260-2019 proposto da:
G.O., elettivamente domiciliato in ROMA, in VIA COLA DI
RIENZO n. 217, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA ILARI, che lo
rappresenta e difende, con procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO della (OMISSIS) s.r.l., in liquidazione, in persona del
curatore pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, in VIA
DEGLI SCIPIONI n. 267, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO DI
IULIO, che lo rappresenta e difende, con procura speciale in calce
al controricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 2527/17 del TRIBUNALE di ROMA, depositato il
24/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio non
partecipata del 19/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CAIAZZO
ROSARIO.
Fatto
RILEVATO
che:
G.O., premesso che il giudice delegato del fallimento della (OMISSIS) s.r.l. aveva rigettato la sua domanda d’insinuazione al passivo, per Euro 58.784,00 fondata sul compenso per l’attività di consulenza prestata a favore della società poi fallita, propose opposizione L. Fall. ex art. 98, allegando: di aver redatto la proposta e il piano concordatario per conto della società – poi fallita – che aveva presentato domanda d’ammissione al concordato preventivo dichiarata inammissibile; di aver depositato pre-notula del compenso per l’attività svolta con altro professionista in base alle loro specifiche competenze.
Non si costituì la parte opposta.
Con ordinanza emessa il 24.7.19, il Tribunale di Roma rigettò l’opposizione, osservando che: non era stato allegato il contratto, alla cui rilevanza aveva fatto riferimento il giudice delegato; contrariamente a quanto sostenuto dall’opponente, la determina notarile del 12.2.16 dell’organo liquidatore, con la quale era stato nominato per la redazione del piano e della proposta concordataria, non costituiva titolo legittimante il pagamento da parte della società poi fallita, poichè la delibera assembleare manifestava la volontà della società a svolgere l’attività, mentre era mancato l’atto esecutivo dell’organo amministrativo, cioè il contratto stipulato da quest’ultimo per il conferimento dell’incarico; pertanto, in mancanza di tale contratto e, in ogni caso, della sua opponibilità al fallimento, l’opponente non disponeva di alcun titolo per l’insinuazione al passivo.
G.O. ricorre in cassazione con unico motivo, illustrato con memoria.
Resiste la curatela fallimentare con controricorso.
Diritto
RITENUTO
che:
L’unico motivo deduce la violazione degli artt. 115 e 116, c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, avendo il Tribunale omesso l’esame di fatti decisivi. In particolare, il ricorrente si duole che il Tribunale, ritenuto erroneamente che la suddetta determina notarile sia atto dell’assemblea, essendo invece esso atto dell’organo amministrativo espressivo della volontà contrattuale di conferire l’incarico professionale in questione, abbia escluso l’affidamento dell’incarico e la relativa accettazione che, invece, risultavano dimostrate dall’esecuzione stessa della prestazione professionale, atteso che l’elaborato contenente la proposta e piano concordatario era stato sottoscritto dal ricorrente, munito di procura del liquidatore apposta in calce all’atto.
Il ricorrente assume altresì che la data certa anteriore al fallimento (dichiarato a luglio 2016) era desumibile dal deposito in Tribunale, avvenuto il 26.5.16, dei suddetti documenti e dalla stessa data della determina notarile.
Il motivo di ricorso è inammissibile. Invero, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, il Tribunale ha esaminato espressamente i fatti allegati (la determina notarile, i documenti depositati in Tribunale in ordine alla proposta e al piano concordatario), escludendo sia la stipula di un contratto professionale, sia l’opponibilità alla procedura, in ogni caso, di un’attività professionale autonomamente remunerabile, considerato che dagli atti emerge che la proposta e il piano concordatario erano firmati da veri professionisti.
Inoltre, non è censurabile l’interpretazione dell’atto di determina notarile dell’assemblea, esorbitando dal perimetro del controllo di legittimità.
E’, altresì, inammissibile il riferimento, ribadito nella memoria difensiva, alla procura conferita dal liquidatore della società, poi fallita, quale fonte contrattuale dell’obbligazione della società nei confronti del ricorrente, tendendo a ribaltare l’interpretazione fattuale operata dal Tribunale.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida nella somma di Euro 4100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio, il 19 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2021