Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11746 del 27/05/2011

Cassazione civile sez. VI, 27/05/2011, (ud. 14/04/2011, dep. 27/05/2011), n.11746

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 12647/2010 proposto da:

D.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FLAMINIA 56, presso lo studio dell’avvocato FIOCCA MARA,

rappresentato e difeso dall’avvocato DI IANNI Aldo, giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.S.I. (OMISSIS), D.S.L.

(OMISSIS), D.S.R. (OMISSIS), D.S.

E. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, P.LE

DELLA GANCIA 1 INT. 8, presso lo studio dell’avvocato BAIOCCO

FRANCESCO, rappresentati e difesi dall’avvocato SCIUBA Lando, giusta

procura a margine del ricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 42/2010 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA del

22/09/09, depositata il 22/01/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/04/2 011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

è presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE.

La Corte, letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Il fatto che ha originato la controversia è il seguente:

D.C. ha proposto opposizione al precetto notificatogli dagli eredi di D.S.M. a seguito di decreto ingiuntivo portante un credito che contestava.

Con sentenza depositata in data 22 gennaio 2010 la Corte d’Appello di L’Aquila ha confermato la sentenza del Tribunale di Sulmona, che aveva rigettato l’opposizione.

2 – Il relatore propone la trattazione del ricorso in Camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c..

3. – Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 c.c., e segg.; omessa e insufficiente motivazione sul punto decisivo della controversia prospettato dal ricorrente; della inesistenza del condominio.

Il D. spiega di avere sempre sostenuto che nella specie non si è in presenza di un condominio regolato dal codice civile, ma di consorzio tra proprietari di immobili per realizzare un intervento limitato nel tempo (riparazione di danni agli immobili provocati da eventi sismici).

In violazione dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, il ricorrente non dimostra che la sentenza impugnata abbia deciso la questione di diritto in modo difforme dalla giurisprudenza della Corte Suprema. Le motivazioni addotte a sostegno della censura non contengono critiche specifiche alla motivazione della sentenza impugnata, nè dimostrano i denunciati vizi motivazionali, ma si risolvono della riproposizione della tesi da questa disattesa. Inoltre la censura fa riferimento al contratto 5 luglio 1991, che sarebbe necessario esaminare ai fini della decisione, senza rispettare il disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 6. Infatti è orientamento costante (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez. 3^ n. 22302 del 2008) che, in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., comma 6, oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimità. In altri termini, il ricorrente per cassazione, ove intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile. Il secondo motivo rappresenta violazione e falsa applicazione dell’art. 474 c.p.c.; omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo prospettato dall’odierno appellante; inesistenza del titolo esecutivo. La censura è stata prospettata solo in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, mentre non è stata denunciata omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. Con essa il ricorrente si limita a riproporre parte di una censura sollevata avanti alla Corte territoriale e dichiarata assorbita.

Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1123 c.c.; omessa e insufficiente motivazione sul punto decisivo della controversia prospettato dal ricorrente o rilevabile d’ufficio;

della inesistenza della solidarietà della obbligazione riportata nel titolo esecutivo.

Assume di avere sostenuto per tutto il giudizio che il titolo esecutivo di natura giudiziale per l’adempimento del quale gli era stato precettato il pagamento della somma dovuta dal condominio al creditore istante era inesistente nei suoi confronti.

La censura non attacca specificamente la statuizione concernente il rapporto tra originario proprietario e acquirente dell’immobile e si basa su una questione (il pagamento dell’intero debito condominiale) che implica una verifica di fatto.

In ogni caso il ricorrente non spiega l’interesse processuale a sollevare la questione nei confronti non del condominio e degli altri condomini, ma della precedente proprietaria del proprio immobile.

4.- La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti;

Non sono state presentate conclusioni scritte nè memorie nè alcuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in Camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio;

il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorali, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 14 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA